La BCE si arrende all’euro: non può più stare in piedi
Lo fa capire Luis de Guindos, vice presidente della Banca Centrale, nell'intervista rilasciata al quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt
Oggi, vi voglio riportare la traduzione dell’intervista che il Vice Presidente della Banca Centrale Europea, Luis de Guindos, ha rilasciato al quotidiano tedesco di economia e finanza Handelsblatt. [1]
Intanto vorrei fare i complimenti agli intervistatori (Frank Wiebe e Jan Mallien), per la loro professionalità e precisione nel porre le domande appropriate, che ci permettono di capire molto, sulle difficoltà che la BCE sta avendo nel gestire il suo mandato e nel tenere in piedi quello che è un esperimento che non trova conforto nella scienza economico-monetaria, ovvero una Moneta senza Stato.
Già alla prima domanda, il Vice della BCE ammette candidamente che le difficoltà che le economie europee stanno vivendo, non sono connesse al conflitto Russia/Ucraina, ma ad elementi problematici quali: le elevate valutazioni dei mercati finanziari e l’indebitamento pubblico e privato, che, de Guindos riconosce già essere presenti, prima dello scoppio del conflitto in corso.
Quindi, è palese ed implicito che tali disfunzioni, per l’eurozona sono strutturali. Infatti, i mercati sopravvalutati sono il frutto di governi privi di autonomia fiscale, che di fatto sono impossibilitati a gestire e regolamentare il fenomeno speculativo, spesso deleterio per l’economia reale. Mentre l’indebitamento pubblico diventa un problema quando non sei emettitore della tua moneta e non hai una banca centrale che dipende dal tuo governo. Per finire, l’elevato indebitamento privato è la logica e contabile conseguenza di una spesa pubblica del governo insufficiente. Tutti elementi che caratterizzano l’architettura dell’eurozona.
Perciò, risulta estremamente chiaro che la pandemia e la guerra, contribuiscono solo ad aggravare quello che di fatto, ripeto, è un problema strutturale.
Alla domanda sul rincaro delle materie prime, sinceramente rimango basito dalla risposta dello spagnolo, il quale si limita ad analizzare una sostanziale linearità in merito alle ulteriori garanzie richieste a copertura delle posizioni aperte sui derivati. Di fatto, come se la ricaduta sul mondo reale, fatto di aziende e lavoratori, fosse un qualcosa che non dovrebbe interessare il ruolo che ricopre.
Dopo che sembra andare tutto a gonfie vele, alla terza domanda, finalmente de Guindos comincia a prospettare quali potrebbero essere i problemi:
1) l’arrivo dell’inflazione (nel nostro caso – aggiungo io, ma poi lo dice anche l’intervistatore, trattasi di stagflazione);
2) la crescita lenta; problemi questi che si ripercuoterebbero nel mondo a lui più caro, ovvero nelle banche, tramite le insolvenze.
Alla prospettiva del vedere l’economia europea aggredita dalla stagflazione, l’intervistato la esclude coprendosi dietro ad una presunta crescita. Come ben sappiamo, l’attuale positività dei dati è dovuta ad un rimbalzo dopo il crollo dovuto alla pandemia e per di più è disomogenea tra i vari paesi membri. Quindi, per lui, stante una falsa crescita, si rimane nel campo della pura e semplice inflazione.
Il calo della quotazione dell’euro non preoccupa il vice delle BCE, in primis perché a Francoforte non si sono dati nessun obiettivo preciso; in secundis perché, a suo dire, la perdita è solo nei confronti del dollaro e non delle altre valute.
Peccato che la maggior parte dei contratti relativi a materie prime ed energia (fondamentali per ogni sistema economico), siano tutti prezzati in dollari e questo ovviamente crea ingenti costi aggiuntivi nell’approvvigionamento che si scaricheranno sui prodotti finiti. Quindi contribuiranno ad aggravare il fenomeno inflattivo (nel nostro caso stagflazione).
All’ottima replica degli intervistatori, se la BCE avesse intenzione di intervenire nel mercato dei cambi per porre rimedio al problema evidenziato, de Guindos lo ha escluso in modo categorico: “non puntiamo a nessun tasso di cambio” – in pratica per i fenomeni della BCE, gli speculatori sono liberi di portare il cambio dell’euro dove vogliono, tanto a pagare, come sempre, ci penseranno imprese e famiglie.
Gli intervistatori, giustamente non soddisfatti, insistono sul tema; e stante il caro-prezzi, chiedono se la BCE sia ancora in grado di svolgere almeno il suo mandato principale, ossia la stabilità dei prezzi.
La brevissima risposta di de Guindos racchiude la sintesi di quello che è il vero ed unico obiettivo che da sempre anima la politica economica europea, ovvero la deflazione salariale: “Ciò che conta per noi ora, è la misura in cui reagiscono i salari”.
E’ armai chiaro a tutti, che questo “tipo” di Europa, fondata sulla follia della politica del cambio fisso che unisce paesi, ognuno con politiche fiscali diverse, può reggersi solo sul presupposto della deflazione salariale infinita, che in economia e nella realtà ha come approdo sicuro, la definitiva schiavizzazione dei lavoratori ed il fallimento delle piccole e medie aziende che devono rispettare la logica concorrenziale.
Quindi in BCE con sentimenti alternanti ed in contrasto tra loro, non si auspicano l’aumento dei salari per non far salire l’inflazione, mentre fanno finta di non vederla, adducendo il fatto che siamo in crescita. Non si preoccupano affatto di come famiglie ed imprese (stante il blocco dei salari), riusciranno a coprire il maggior esborso derivante dal caro-prezzi, che certamente porterà a fallimenti, disoccupazione e sofferenze per il mondo bancario, quindi decrescita.
In pratica, a Francoforte per contrastare la falsa inflazione ci stanno portando direttamente dentro il fenomeno inflattivo peggiore, ovvero la Stagflazione.
Arriviamo ora all’annosa questione dei vari programmi di acquisto titoli che la BCE ha messo in atto, questione, come sappiamo, che crea molta apprensione in Germania, soprattutto a Karlshue.
La decisione più importante presa durante il nostro incontro è stata quella di scollegare i potenziali rialzi dei tassi di interesse dal programma di acquisto di attività
Questa risposta ci lascia tecnicamente interdetti. Su come la BCE possa contenere i tassi e non far ripartire lo spread, senza continuare i programmi di acquisto, la risposta la si può trovare solo nelle confuse teste di Francoforte. O forse, la risposta di de Guindos è solo un modo per mettere fumo negli occhi agli intervistatori tedeschi, in modo che questo fumo possa arrivare fino a Karlsruhe (ovvero alla Corte costituzionale federale tedesca).
D’ogni modo, noi sappiamo perfettamente che un significativo rialzo dei tassi sul debito dei paesi membri (Italia in primis), porterebbe immediatamente alla rottura del sistema-euro ed al ritorno alle monete nazionali.
E’ a metà intervista, che finalmente, dopo essere stato messo all’angolo, il vice della BCE si rende conto, che pure loro da soli non possono fare niente e chiede, il logico aiuto ai governi:
Anche la politica fiscale dovrebbe svolgere un ruolo qui
Ecco, finalmente siamo arrivati a quello che noi sosteniamo da sempre: le banche centrali, con la sola politica monetaria, senza l’intervento delle politiche fiscali dei governi, non sono assolutamente in grado, da sole, di gestire il fenomeno inflattivo.
Lo shock dei prezzi dell’energia e delle materie prime che stiamo attualmente vivendo sta peggiorando la situazione di molte aziende e lavoratori. La politica fiscale dovrebbe fornire un sostegno temporaneo e mirato per contribuire a ridurre l’onere. Ciò ridurrebbe anche il pericolo di una spirale salari-prezzi
Improvvisamente de Guindos, si accorge che a pagare per questa situazione saranno soprattutto aziende e lavoratori ed ammette che un sostegno è necessario seppur temporaneo ed, attenzione (follia pura), “solo per ridurre l’onere”.
Questo “solo per ridurre l’onere”, ha una sola interpretazione: continuare con la strutturale deflazione salariale.
Eh sì.. cari miei amici! Io posso anche fare in modo che tu continui a percepire il tuo attuale livello di salario, ma se in contemporanea, ti aumento il costo mensile che devi sostenere per il carburante necessario per recarti sul posto di lavoro e ti raddoppio la bolletta energetica, di fatto sono riuscito ad abbassare il tuo salario. E tolto possibilità di altro consumo.
Alla fine de Guindos, sull’inflazione alza le mani! E lascia la soluzione del problema ai mercati e a Nostro Signore: “i prezzi possono stabilizzarsi a un livello elevato, ma non aumentare più al tasso elevato attuale”.
Direi che ogni commento è superfluo e potremmo sconfinare in offese inopportune! Passiamo oltre..
A questo punto, gli ottimi intervistatori sottopongono a de Guindos, la realtà dei fatti presenti e passati, ovvero come la BCE non sia mai riuscita a gestire l’inflazione: “c’è un problema con i modelli alla base delle proiezioni?” – incalzano sarcasticamente Frank Wiebe e Jan Mallien.
De Guindos risponde senza rispondere, anche perché la risposta sta sempre nel problema strutturale del sistema-euro, che a Bruxelles e Francoforte, mai ammetteranno, ma che si porteranno fino alla fine nel “bunker”.
Gli intervistatori tedeschi, a questo punto, hanno uno scatto di patriottismo e si fanno portatori di una delle principali preoccupazioni della Germania, ossia sul fatto che la BCE non possa contenere il fenomeno inflattivo per il fardello dei debiti pubblici di Italia e Spagna.
De Guindos, subito li rassicura: ” Le nostre decisioni di politica monetaria e gli strumenti disponibili sono orientati al raggiungimento del nostro obiettivo di inflazione”.
Ma li avverte, e direi giustamente, sul fatto che una frammentazione dell’area dell’euro, con ad esempio una forte divergenza nei tassi di interesse sui mercati obbligazionari, potrebbe minare l’effetto della politica monetaria.
Cosa vuol dire questo in parole spicciole? Significa che la ripartenza dello spread porterebbe immediatamente alla rottura dell’euro. Con la BCE priva di ogni arma per evitarlo.
Eccoci arrivati all’ultima domanda e come al gioco del Monopoli abbiamo pescato la carta “torna al via”, ovvero torniamo sempre al solito punto di partenza: “Tenere unita la zona euro non è un compito per la politica fiscale?” – chiedono i due giornalisti.
La risposta di de Guindos, pur affermativa, si infila subito nelle “supercazzole” tanto care al grande Ugo Tognazzi, che evito di riportare (tanto le potete leggere sotto).
“Supercazzole”, che servono solo e soltanto a continuare a mantenere in piedi questo folle esperimento di una Moneta senza Stato, che ha come cavie i popoli europei.
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
Trascrizione intervista a Luis de Guindos, vicepresidente della BCE, condotta da Frank Wiebe e Jan Mallien il 14 marzo
Onorevole de Guindos, quanto è grande il pericolo che la guerra in Ucraina causi problemi al sistema finanziario europeo?
Alcuni rischi, come le elevate valutazioni dei mercati finanziari e l’indebitamento pubblico e privato, erano presenti già prima dell’attuale crisi. Ma la situazione oggi non è paragonabile a quella di due anni fa quando è scoppiata la pandemia di coronavirus (COVID-19). Non ci sono colli di bottiglia di liquidità. Le imprese possono ancora emettere obbligazioni, per esempio. I mercati azionari sono infatti fluttuanti, ma per il momento non stiamo assistendo a sviluppi drammatici.
- Ma non ci sono stati problemi nei mercati delle materie prime?
Sono state attivate richieste di margini su derivati su materie prime, in altre parole, sono state richieste ulteriori garanzie a copertura delle posizioni aperte. Ma secondo le nostre osservazioni, coloro che hanno dovuto affrontare queste richieste di margine sono stati finora in grado di soddisfarli.
- Qual è secondo lei il più grande pericolo per il sistema finanziario?
Il rischio macro, ovvero le possibili conseguenze per l’economia complessiva; una maggiore inflazione e una crescita più lenta sono i rischi maggiori, anche per le banche. Quel rischio macro gioca un ruolo molto più importante dei problemi nei singoli segmenti di mercato.
- Ci stiamo ora dirigendo verso la stagflazione, una situazione in cui la crescita economica è debole e l’inflazione è alta?
Non direi così. Prima dello scoppio della guerra avevamo ipotizzato un tasso di crescita del 4% rispettivamente per quest’anno e un po’ meno per il prossimo. Nelle proiezioni più recenti, anche nel nostro scenario più sfavorevole per l’anno in corso, prevediamo ancora una crescita superiore al 2%, quindi nessuna stagflazione. L’inflazione, tuttavia, dovrebbe rimanere più alta per un periodo più lungo del previsto prima della guerra.
- L’euro è stato debole di recente. Che ruolo gioca?
Non puntiamo a un tasso di cambio particolare. Siamo ovviamente consapevoli che un tasso di cambio dell’euro più debole renderà più costose alcune importazioni. D’altra parte, il movimento valutario è più visibile rispetto al dollaro USA, che è ancora richiesto come valuta rifugio. Se ci concentriamo sul paniere di valute dei nostri partner commerciali, vediamo che l’euro è rimasto abbastanza stabile.
- La BCE può intervenire sul mercato dei cambi con qualche speculazione.
Non interveniamo nel mercato dei cambi perché non puntiamo a nessun tasso di cambio.
- L’inflazione è recentemente aumentata considerevolmente. La BCE è ancora effettivamente in grado di tenere sotto controllo i prezzi?
Ciò che conta per noi ora, è la misura in cui reagiscono i salari. Perché se gli aumenti salariali sono troppo alti, possono far salire ancora di più i prezzi e contribuire a un’inflazione costantemente più alta. Non abbiamo ancora visto alcun segno in tal senso, ma dobbiamo monitorare da vicino gli sviluppi. Lo stesso vale per le aspettative di inflazione. Sulla base delle informazioni dell’indagine e dei dati di mercato, le aspettative per i prossimi tre-cinque anni sono ancorate vicino al nostro obiettivo di inflazione del 2%. Ma dobbiamo vigilare da vicino su questo.
- La scorsa settimana la BCE ha offerto la prospettiva di una fine più rapida dei suoi acquisti di obbligazioni. Cosa significa rispetto a potenziali aumenti dei tassi di interesse?
La decisione più importante presa durante il nostro incontro è stata quella di scollegare i potenziali rialzi dei tassi di interesse dal programma di acquisto di attività; i tassi di interesse non dovranno essere aumentati automaticamente dopo la fine degli acquisti netti di attività. In questo modo manteniamo aperte tutte le nostre opzioni per rispondere in modo flessibile ai dati.
- Ciò significa che il primo aumento dei tassi di interesse arriverà solo più tardi?
Tutto dipende dai dati. Stiamo monitorando molto attentamente l’andamento dell’inflazione. Saremo estremamente vigili riguardo agli effetti di secondo impatto e saremo attenti a qualsiasi sviluppo che possa indicare una spirale salari-prezzi, in cui entrambi i fattori si rafforzano a vicenda. Anche la politica fiscale dovrebbe svolgere un ruolo qui.
- Cosa intende esattamente?
Lo shock dei prezzi dell’energia e delle materie prime che stiamo attualmente vivendo sta peggiorando la situazione di molte aziende e lavoratori. La politica fiscale dovrebbe fornire un sostegno temporaneo e mirato per contribuire a ridurre l’onere. Ciò ridurrebbe anche il pericolo di una spirale salari-prezzi.
- Le decisioni della scorsa settimana equivalgono effettivamente a un inasprimento della politica monetaria?
Direi che è una normalizzazione.
- Secondo le proiezioni della BCE, l’inflazione dovrebbe tornare nuovamente al 2% nel 2024. Perché dovrebbe accadere così in fretta?
Al momento fare proiezioni è particolarmente difficile. Una delle ragioni del calo dell’inflazione potrebbe essere che il forte aumento dei prezzi dell’energia non può durare a lungo. I prezzi possono stabilizzarsi a un livello elevato, ma non aumentare più al tasso elevato attuale.
- La BCE ha ripetutamente sopravvalutato l’inflazione in passato, mentre più recentemente ha sottovalutato l’inflazione. C’è un problema con i modelli alla base delle proiezioni?
Nell’ultimo anno abbiamo sottovalutato l’inflazione, come hanno fatto anche altre istituzioni ed economisti. Le previsioni sono particolarmente difficili nei periodi di elevata incertezza. Le tendenze passate giocano un ruolo importante nei modelli. I modelli tendono a riportare i livelli di inflazione previsti alla media storica.
- Ma cosa farà la BCE se continua a sottovalutare l’inflazione?
Le nostre decisioni si basano sui dati. Se continuiamo a sottovalutare l’inflazione, risponderemo. Tutte le opzioni sono sul tavolo. I fattori decisivi saranno gli effetti di secondo impatto e un potenziale disancoraggio delle aspettative di inflazione a medio termine. Se li vediamo, allora agiremo.
- In Germania c’è grande preoccupazione che la BCE non possa tenersi lontano dall’inflazione a causa dell’elevato indebitamento di paesi come Italia e Spagna.
La nostra politica monetaria è interamente determinata dal nostro mandato di stabilità dei prezzi. Le nostre decisioni di politica monetaria e gli strumenti disponibili sono orientati al raggiungimento del nostro obiettivo di inflazione.
Una frammentazione dell’area dell’euro, con ad esempio una forte divergenza nei tassi di interesse sui mercati obbligazionari, potrebbe minare l’effetto della politica monetaria. Tuttavia, i premi di rischio sui titoli di Stato di questi paesi sono più o meno gli stessi di prima della pandemia. Rimangono nettamente al di sotto dei massimi registrati intorno al 2011 e al 2014. Inoltre, i rendimenti nominali sono ancora nel complesso molto bassi.
- Tuttavia, in passato sono emerse più volte debolezze nella costruzione dell’area dell’euro. Gli strumenti della BCE sono adeguati per tenere sotto controllo questi premi al rischio se ricominciano ad aumentare?
Abbiamo la possibilità di contrastarlo in modo mirato reinvestendo in modo flessibile gli acquisti per sostituire le obbligazioni in scadenza nell’ambito del programma di acquisto di emergenza pandemica (PEPP). Ma dobbiamo fare una chiara distinzione tra questa flessibilità e il nostro obiettivo generale di politica monetaria. Il nostro compito è la stabilità dei prezzi.
- Tenere unita la zona euro non è un compito per la politica fiscale?
Non c’è dubbio che la politica fiscale abbia un compito importante da svolgere. Deve affrontare, in modo mirato, le difficoltà derivanti dall’attuale crisi. Un approccio mirato e temporaneo è importante anche per evitare che gli importi del sostegno coinvolti facciano aumentare notevolmente il debito pubblico.
- Dove dovrebbe essere fatto, a livello nazionale o europeo?
Inizialmente a livello nazionale, ma dovrebbe essere concordato un quadro di coordinamento a livello europeo.
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NOTE
[1]
Interview with Handelsblatt (europa.eu) – 20.03.2022 – https://www.ecb.europa.eu/press/inter/date/2022/html/ecb.in220320~128511ec7c.en.html
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Introduzione e traduzione intervista a cura di Fabio Bonciani per ComeDonChisciotte.org
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