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“Prof! Ma non Torna in Classe?”
di WI
Il 1° aprile, diversi docenti “tamponati” si sono recati a scuola dopo una lunga assenza forzata, pronti ad affrontare qualsiasi pesce in faccia e trattamento discriminatorio che la loro nuova definizione “inidoneo” implicasse.
Nell’indifferenza generale, davanti agli sguardi curiosi dei propri alunni, sono stati registrati nel libretto dei visitatori, messi ad aspettare in stanzette, sgabuzzini, infine sistemati alla bell’e meglio in biblioteche e aule remote, di modo da “evitare ogni contatto”.
E via sette ore (e dodici minuti) di isolamento, durante le quali, nell’incertezza sulle nuove mansioni da svolgere, qualche coraggioso si è avvicinato a parlarti, pur a distanza: “36 ore? Mah”, “Beh, almeno torni a scuola”, “Però è equo così”, “Quasi quasi faccio come te per prendere una pausa dagli alunni”…
E poi ci sono gli alunni… Solo uno di loro appare sbigottito. “La prof. di ora non mi piace, rivogliamo lei!”, “Ma perché non può entrare?”. Già, come spiegarlo? Caro alunno, siamo inidonei a insegnare per questo governo.
Prima “novax”, poi “inadempiente”, ora “inidoneo”.
Temporaneamente. E così una nota ministeriale può, di punto in bianco,
stracciare contratti, cancellare concorsi, anni di studio e dedizione,
cambiare le sorti di migliaia di docenti, rei di aver portato avanti una
decisione autonoma sul proprio corpo.
L’idoneità di un insegnante non sempre va di pari passo con la virtuosità delle proprie azioni, anzi. Si può essere ottimi insegnanti nella propria materia ma non bravi educatori. O viceversa. Si può predicare in maniera impeccabile ma al tempo stesso essere esempio di ipocrisia e mediocrità nel reale. O magari non predicare affatto e lasciare che le proprie azioni parlino.
Che si creda o no a questo “vaccino”, oggi, non ha quasi più importanza. A contare è l’impalcatura legislativa che ne è scaturita, atta a premiare uno e punire l’altro. Impalcatura che oggi, davanti tamponi, multe e demansionamenti nonostante l’emergenza finita, emerge in tutta la sua inconsistenza e miserabilità.
È certo che nessun docente che abbia esercitato una semplice libera scelta intendesse gridarla a gran voce, ma oggi si trova a difendere con unghie e denti gli articoli sacrosanti della nostra Costituzione e i contratti di lavoro. Per sé e per chi dei suoi colleghi non vorrà o non potrà più stare alle direttive del governo. Fa da apripista in pubblica piazza.
Che questa storia rimanga impressa. Che la sua presenza scomoda a scuola funga da monito o ispirazione, in tutti i sensi. Che il trattamento e l’accanimento subito da questo governo, nella tacita collaborazione di colleghi e dirigenti, costituisca un fardello da appendere al muro di quella che suole chiamarsi “scuola inclusiva”.
A ognuno la riflessione sulle proprie vergogne e sui propri meriti che hanno portato a questa situazione incresciosa e indecente. Quel che è certo è che solo pochi docenti potranno ancora permettersi il lusso di citare le parole di Voltaire: “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”.
Saranno i singoli alunni, piccoli uomini e donne, spettatori passivi di quanto accade, a trarre le proprie personali lezioni di vita.
Articolo di WI
Fonte: https://t.me/weltanschauungitaliaofficial
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