Divertirsi da morire…
Alla Fiera del libro di Francoforte del 1984, Neil Postman, che faceva parte della piccola schiera di critici culturali americani assieme ad Allan Bloom e a Christopher Lasch, discusse sulle visioni di Orwell e Huxley, concludendo che entrambi avessero ragione, ma che la distopia vera sarebbe stata un’altra.
In Amusing ourselves to death, pubblicato l’anno seguente, Postman spiega: “Aspettavamo tutti il 1984. Venne, ma la profezia non si avverò; gli americani più riflessivi tirarono un sospiro di sollievo, congratulandosi per lo scampato pericolo. La democrazia aveva resistito. Altrove nel mondo forse c’è stato il terrore; a noi furono risparmiati gli incubi di Orwell. Nella visione di Huxley la gente sarà felice di essere oppressa e adorerà la tecnologia che libera dalla fatica di pensare. Orwell temeva che i libri sarebbero stati banditi; Huxley, non che i libri fossero vietati, ma che non ci fosse più nessuno desideroso di leggerli. Orwell temeva coloro che ci avrebbero privato delle informazioni; Huxley, quelli che ce ne avrebbero date troppe, fino a ridurci alla passività e all’egoismo. Orwell temeva che la nostra sarebbe stata una civiltà di schiavi; Huxley, che sarebbe stata una cultura cafonesca, ricca solo di sensazioni e bambinate”.
Postman parte dall’ipotesi di Huxley per dimostrare come la nostra cultura ci abbia condotto ad una realtà molto più terribile di ogni dittatura: un mondo dove alla strategia della tensione si è sostituita quella della finzione.
“Nella profezia di Huxley”, spiega Postman, “non c’è un Grande Fratello che, per sua scelta, guarda verso di noi. Siamo noi, per nostra scelta, a guardare verso di lui. Non c’è bisogno di carcerieri, cancelli, telecamere. Quando una popolazione è distratta da banalità, quando la vita culturale è diventata un eterno circo di divertimenti, quando ogni serio discorso pubblico si trasforma in un balbettio infantile, quando un intero popolo si trasforma in spettatore e ogni pubblico affare in una commedia, allora la nazione è in pericolo: la morte della cultura è chiaramente una possibilità”.
Secondo Postman, un mondo orwelliano è molto più facile da riconoscere e da contrastare rispetto a quello huxleiano, perché “tutto nel nostro passato ci ha preparato a conoscere e resistere a una prigione, quando i cancelli iniziano a chiudersi intorno a noi. Ma che succede se non si odono grida d’angoscia? Chi è disposto a prendere le armi contro un mare di divertimenti?”.
Abbiamo scelta? No, perché amiamo la nostra stessa schiavitù.
@distopia2punto0
Nessun commento:
Posta un commento