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Nei giorni scorsi la procura generale dell’Ucraina ha chiuso le indagini sui fatti di Maidan, nei giorni cruciali della protesta che portò alla fuga del presidente filo-russo Viktor Janukovich, giorni in cui morirono decine di persone (poi denominate i Cento eroi celesti della Rivoluzione della dignità), affermando che tutte le vittime erano state uccise dalla polizia ucraina (e non da agenti o cecchini russi, come qualcuno sosteneva) su ordine delle autorità ucraine, a loro volta ispirate da funzionari dei servizi segreti russi. La conclusione corrisponde alle tesi che, non solo in Ucraina ma anche in Europa, sono sempre state maggioritarie e ufficialmente sostenute: ovvero, quella di uno scontro tra una folla di dimostranti pacifici e la violenza dei reparti speciali (Berkut) della polizia ucraina, pronti a tutto pur di soffocare le proteste.
Non tutti, però, sono convinti di questa spiegazione, che ha una grossa falla: tende a dimenticare il ruolo decisivo che ebbero i militanti dell’ultra-destra di formazioni come Svoboda e Pravi Sektor nel tenere vivo l’Euromaidan ma soprattutto nell’indirizzarlo verso lo sbocco finale, il completo rovesciamento del regime. Tanto che tra i tre leader che nella giornata fatale del 21 febbraio 2014, quella successiva alla strage, andarono a trattare con Janukovich e con i mediatori inviati dalla Ue (i ministri degli Esteri Sikorski per la Polonia, Steimeier per la Germania e Fabius per la Francia), accanto a Vitaly Klitshko (ora sindaco di Kiev) e Arsenij Jatsenjuk (poi primo ministro), c’era anche Oleh Tiahnybok, leader di Svoboda e già fondatore del Partito social-nazionale d’Ucraina. In un modo o nell’altro, i leader della destra avevano stretti contatti con diversi dei più potenti oligarchi ucraini, da Kolomoiskij (che poi finanziò i primi battaglioni impegnati contro i separatisti del Donbass) ad Akhmetov, da Poroshenko alla Tymoshenko, che alle origini erano stati vicini a Janukovich ma che in quel momento avevano tutto l’interesse a sbarazzarsi del “clan presidenziale”, un potente gruppo di ladroni che faceva loro concorrenza nello spartirsi le ricchezze del Paese.
Il tema dei morti di Euromaidan, oltre che umanamente drammatico, è politicamente sensibile, perché rimanda alla lunghissima polemica tra coloro che sostengono la tesi del “colpo di Stato” (la Russia e i suoi alleati) e quelli che invece non hanno dubbi sulla natura rivoluzionaria e popolare di quegli eventi (come si diceva, ovviamente gli ucraini ma anche europei e americani). In questa contrapposizione ha cercato di districarsi uno studioso di origine ucraina, Ivan Katchanovski, docente di Scienze politiche presso l’Università canadese di Ottawa. Katchanovski ha lavorato a lungo sui materiali ufficiali dell’inchiesta condotta dalle autorità ucraine, analizzando decine di testimonianze, vedendo e rivedendo centinaia di ore di video prodotti in quei giorni fatali sia dalle televisioni di mezzo mondo sia da privati cittadini, per giungere a una conclusione che sta nel mezzo delle due tesi. Ovvero, che vi furono evidenti violenze da parte della polizia anti-sommossa ma che parte di quei morti vada attribuita proprio ai militanti dell’ultradestra, decisi a sventare a ogni costo qualunque ipotesi di soluzione negoziata della crisi. “Sulla base delle prove raccolte”, dice Katchanovski, “posso affermare che molti furono colpiti da cecchini annidati in aree controllate dai militanti dell’ultradestra o in edifici come l’Hotel Ucraina.
Non è complottismo ma l’unica conclusione possibile. Le stanze all’11° piano dell’Hotel Ucraina, per fare un esempio, già diversi giorni prima del 20 febbraio erano state occupate da Ihor Jankiv, uno dei dirigenti di Svoboda. E ci sono immagini girate dalla Cnn che mostrano i manifestanti colpiti, stesi a terra, ripresi dall’Hotel Ucraina. Il servizio non è mai andato in onda. Ma io sono ucraino, lo guardo e capisco ciò che dicono le voci sullo sfondo: dicono ai giornalisti americani di togliersi dai piedi perché hanno bisogno di un posto da cui sparare. D’altra parte, almeno 52 dei feriti del 20 febbraio hanno dichiarato agli inquirenti ucraini di essere stati colpiti alle spalle e non di fronte, dove stavano le truppe dei Berkut. Potrei andare avanti per ore, ho studiato per anni gli eventi di quei giorni, letto e riletto decine di testimonianze sia per l’accusa sia per la difesa, visionato più di 1.200 ore di filmati relativi a quelle giornate, analizzati gli esami forensi sui feriti e sui morti e le rilevazioni scientifiche sul terreno. E la conclusione è sempre la stessa: ci sono state molte morti provocate dai militanti della destra per infiammare ancor più la protesta, popolata in grandissima parte da persone pacifiche, e indirizzarla in una direzione precisa”.
Perché di tutto questo si è parlato così poco? “Euromaidan aveva vinto, chi aveva interesse a sollevare certi problemi? Nel primo Governo provvisorio dopo la Rivoluzione ebbero incarichi ministeriali diversi esponenti di Svoboda. Ma soprattutto a elementi dell’ultradestra andarono posti da cui si potevano facilmente controllare le indagini e il lavoro della magistratura: Andrij Parubij, tra i fondatori del Partito social-nazionale, divenne segretario del Consiglio di sicurezza; Makcnic’kyj procuratore generale; e Serhy Pashins’kij capo dell’amministrazione presidenziale. In sostanza, le persone che avevano organizzato parte delle violenze di quei giorni vennero incaricate di giudicarle. Come poteva finire?”.
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