La morte di Navalny e quella lista di oppositori di Putin tutti a libro paga dell’MI6 e di Soros
Di Cesare Sacchetti
La notizia è giunta nella tarda mattinata di ieri. Alexei Navalny, quello che i media Occidentali definiscono come un “oppositore” di Putin è morto in cella dopo una passeggiata nel carcere di Yamalo-Nenets, nel quale era in custodia negli ultimi tempi.
L’immagine che ci è stata fornita di quest’uomo da parte dei media europei e americani è quella di un valoroso attivista politico che avrebbe deciso di opporsi alla “tirannia” di Putin tanto da pagare questa sua tenacia con la persecuzione politica e poi la morte finale, in circostanze ancora non chiarite.
Il ritratto di Alexei Navalny è in realtà ben lungi da quello ancora una volta fittizio costruito da certa stampa.
Navalny era un avvocato che era già finito invischiato in varie vicende di corruzione e malaffare che lo avevano portato ad una condanna penale per una frode eseguita ai danni della casa di cosmetici francese Yves Rocher.
Il faccendiere aveva sottratto a questa società una cifra pari a più di mezzo milione di dollari ed era stato condannato per appropriazione indebita il 30 dicembre del 2014.
Le prove presentate nel corso del processo contro di lui erano a dir poco schiaccianti ma i media Occidentali hanno iniziato a costruire un personaggio facendo credere che l’avvocato russo fosse un “prigioniero politico”.
Puntuali sono arrivati i “verdetti” di condanna della sentenza giudicata come “politica” da parte della Corte europea dei diritti umani, i cui togati sono notoriamente finanziati dal finanziere americano di origini ebraiche, George Soros, tanto che questa corte fosse potrebbe più propriamente chiamarsi la Corte di Soros, vista la stretta dipendenza finanziaria che vanta con il fondatore della Open Society.
Alla CEDU hanno fatto seguito le condanne di Amnesty International, un’altra organizzazione che ha ricevuto fondi da Soros che nel corso dei decenni ha costruito una vera e propria rete della sovversione internazionale attraverso questa estesa tela di ONG che brandiscono il culto dei diritti umani contro coloro che non sono allineati alle direttive globaliste.
I predecessori di Navalny legati anch’essi all’Occidente
Navalny però non è il primo oppositore che viene costruito nel laboratorio dei servizi Occidentali e che muore in circostanze che recano vantaggio a tutti tranne che allo stesso Putin.
I lettori certamente ricorderanno la giornalista russa Anna Politkovskaya, editorialista del quotidiano russo Novaya Gazeta uccisa nel 2006 a colpi di pistola nell’ascensore del suo appartamento nel centro di Mosca.
La Politkovskaya aveva apparentemente ricevuto in passato delle minacce di morte e aveva subito un presunto tentativo di avvelenamento due anni prima mentre si trovava in volo verso l’Ossezia dopo aver bevuto un tè servitole da un assistente di volo della compagnia russa Aeroflot.
Si tenga a mente la pista dell’avvelenamento poiché essa sarà una costante in tutti i casi che riguardano gli oppositori di Putin, ed è la chiave per comprendere chi probabilmente c’è dietro tutti questi omicidi o tentati omicidi eseguiti attraverso dei veleni.
Anna Politkosvaya era però lontana dall’essere la giornalista indipendente e indomita che i media nostrani sostenevano che fosse.
Il quotidiano per il quale scriveva, la Novaya Gazeta, è stato fondato da Mikhail Gorbachev che ad oggi non è fatto azzardato definire come il sicario dell’Unione Sovietica, per la quale noi non nutriamo certo rimpianti, ma è pacifico che questa organizzazione sia stata portata alla tomba dagli stessi architetti che la concepirono molti anni addietro.
Quando Gorbachev si affaccia sulla scena politica degli anni 80, i media Occidentali esaltano sua figura di “innovatore” e iniziano a descriverlo come l’uomo che potrà finalmente avvicinare l’URSS all’Occidente liberale.
I club del potere più esclusivo come il Gruppo Bilderberg, frequentato da Henry Kissinger e dagli esponenti della famiglia Rockefeller, lo sostengono ardentemente poiché sanno che il nuovo segretario del PCUS era all’opera alacremente per chiudere la Guerra Fredda e consentire all’imperialismo della NATO di non avere più rivali.
Gorbachev non tradisce le attese. Le sue iniziative contro la “corruzione” e la sua azione di erosione dall’interno dell’URSS arrivano all’inevitabile epilogo della caduta del muro di Berlino e con la liquidazione dell’Unione Sovietica sostituita dalla Russia federale che in quegli anni era nelle mani degli oligarchi askenaziti e della CIA, prima che arrivasse l’”odiato” Putin.
La Novaya Gazeta è molto lontano dall’essere un quotidiano “indipendente”. E’ un quotidiano vicinissimo al mondo Occidentale tanto da aver ricevuto dalla fondazione di Soros ingenti finanziamenti come hanno confermato gli stessi editori del giornale russo.
Anna Politskovaya era pagata attraverso questi fondi e questo non facevano di lei una giornalista libera, ma una semplice portavoce di Soros e di quegli ambienti globalisti che volevano rovesciare Putin.
La sua morte avvenuta il 7 ottobre del 2006, giorno del compleanno di Putin, sembra essere il risultato di qualche mente deviata che negli uffici dell’MI6 – il famigerato servizio segreto britannico che è sempre presente dietro questi oppositori a noleggio – ha partorito questo rabberciato copione per far sembrare il tutto come un regalo di compleanno al presidente russo.
Soltanto un folle o qualcuno del tutto in malafede potrebbe pensare che Putin sia così idiota da liberarsi in modo così plateale di una giornalista notoriamente legata al mondo Occidentale attirando su di sé il prevedibilissimo linciaggio dei media mainstream internazionali.
Gli avvelenamenti degli oppositori di Putin puntano a Londra
Così come non ha senso nell’ottica degli interessi della Russia la morte di un altro personaggio, Alexander Litvinenko, ex agente segreto dei servizi segreti russi che ha disertato agli inizi degli anni 2000.
Litvinenko era passato al servizio della intelligence britannica in quel periodo e riceveva uno stipendio fisso dal MI6 che ogni mese gli versava 2000 sterline al mese.
Prima di essere retribuito dai servizi di Sua Maestà, Litvinenko aveva ricevuto dei pagamenti da Boris Berezovsky, uno degli oligarchi di origine ebraica che approfittò negli anni 90 del vuoto di potere creato dalla dismissione dell’URSS per comprare a prezzo di saldo le partecipazioni statali russe svendute da Boris Eltsin con l’assistenza di un professore americano, anch’egli askenazita, di economia, Jeffrey Sachs.
Berezovsky, scomparso nel 2013 in circostanze ancora non chiarite, detestava Putin poiché il presidente russo una volta salito al potere iniziò a mettere un freno allo smisurato potere che avevano accumulato gli oligarchi, e questo indusse il miliardario russo a cercare rifugio in Gran Bretagna, sempre pronta ad assistere tutti gli eversori che vogliono rovesciare il presidente russo.
Litvinenko muore avvelenato per aver assunto polonio 210, soltanto un mese dopo Anna Politskovaya a Londra quando era già passato da tempo al servizio degli inglesi.
Se c’è qualcuno che dunque andrebbe chiamato in causa, questi dovrebbe essere proprio Londra poiché era lei che ormai aveva assunto il disertore tra le proprie fila.
Ovviamente i media Occidentali puntano ancora una volta il dito su Putin, nonostante l’ex agente del KGB fosse in servizio da tempo per gli inglesi e nonostante Londra abbia una controversia storia con lo studio e utilizzo dei veleni.
E’ una storia che abbiamo raccontato in un precedente contributo ed è quella degli esperimenti illegali che si conducevano nel laboratorio di Porton Down, nella regione del Saltshire.
In questa struttura segreta sono testati dalla seconda guerra mondiale dei pericolosissimi gas nervini che sono costati anche la vita all’aviatore Ronald Maddison, la cui morte fu insabbiata da uno degli “eroi” dell’establishment liberale Occidentale, ovvero l’ex premier britannico Winston Churchill.
Londra quindi aveva e ha una storia molto particolare per ciò che riguarda l’utilizzo dei veleni come armi biologiche da utilizzare in guerra e contro gli avversari politici, ma i media internazionali si sono ben guardati dal raccontarla in quell’occasione per non far venire il sospetto all’opinione pubblica che era probabilmente lei a mettere in atto questi omicidi.
Gli omicidi degli avversari di Putin, o forse dovremmo dire degli agenti russi disertori controllati dall’anglosfera, non hanno evidentemente recato alcun beneficio al presidente russo.
Sono al contrario serviti per allestire una massiccia campagna stampa denigratoria da parte dell’Occidente nei riguardi della Russia accusata falsamente di uccidere i suoi oppositori.
E la scia degli avvelenamenti che riguarda i personaggi ostili a Putin vicini alla Gran Bretagna è proseguita anche dopo il caso di Litvinenko, con la morte di Sergei Skripal, altro disertore delle forze armate russe passato al servizio dell’MI6 e morto avvelenato nella cittadina di Salisbury.
La “coincidenza” vuole che Salisbury disti a soli 12 km di distanza dal citato laboratorio di Porton Down, e anche in questa circostanza, ovviamente, i media non hanno fatto notare questo enorme collegamento tra la morte di Skripal avvenuta con il gas nervino Novichok, sul quale si facevano sperimentazioni proprio nel labotario biochimico del governo britannico.
Navalny non sembra fare eccezione a questa regola. Nel 2020 le autorità tedesche che lo avevano in custodia affermarono che il faccendiere russo era stato avvelenato attraverso degli inibitori della colinesterasi.
Anche ammesso che questa versione sia vera, se Putin avesse voluto eliminare Navalny avrebbe potuto farlo anni prima senza fare tanto rumore.
Mosca poi sapeva perfettamente che l’ex avvocato non era altro che un fantoccio gestito dei servizi inglesi e lo aveva dichiarato anche pubblicamente.
Le prove inconfuntabili che Navalny era al servizio dell’intellingence britannica sono in un video nel quale uno dei suoi collaboratori, Vladimir Ashurkov, è ritratto assieme all’agente dell’MI6, James William Thomas Ford, al quale chiede dai 10 ai 20 milioni di dollari all’anno per dare vita ad una rivoluzione colorata per rovesciare Putin.
Il video nel quale Ashurkov chiede i finanziamenti a Ford
Sarebbe stato dunque ancora una volta folle e suicida per il Cremlino autorizzare la sua eliminazione che non avrebbe fatto altro che scatenare l’ennesima campagna stampa anti-russa.
Soprattutto c’è da far notare che il presidente russo non segue le “tecniche” dei suoi detrattori che invece non hanno scrupolo alcuno a ricorrere a omicidi e attentati che non di rado costano persino la vita a degli innocenti.
Questa lunga scia di morti per avvelenamento assomiglia molto ad una ricorrente strategia di “falsa bandiera” eseguita dai servizi britannici.
Nel mondo dell’intelligence per falsa bandiera si intendono quelle operazioni, attentati o assassini politici, eseguite da alcuni servizi che poi vengono fatte passare come opera di Paesi considerati “nemici” da queste agenzie di spionaggio.
La storia dell’intelligence Occidentale e israeliana pullula di questo tipo di attacchi e il caso più clamoroso e più recente riguarda quello del leader dell’ISIS, al-Baghdadi, nome fittizio che nasconderebbe l’identità di un agente del Mossad chiamato Simon Elliot.
In questo caso, saremmo di fronte, nuovamente, ad un nuovo capitolo della deliberata strategia di diffamazione della Russia eseguita dai servizi dell’anglosfera assistiti a loro volta dal megafono dei media Occidentali che rovesciano questi cadaveri addosso a Putin per far apparire lui come responsabile quando in realtà i veri colpevoli sembrano molto lontani da Mosca e molto vicini invece a Londra.
E’ una strategia molto consumata che non produce nulla di concreto nella percezione dell’opinione pubblica sempre più satura dell’Euro-Atlantismo, ma l’anglosfera è davvero a corto di idee e continua ad attingere dal vecchio repertorio.
E’ un altro segno di debolezza dell’Occidente liberale che non riesce ad arrestare in nessun modo il suo declino politico, e soprattutto non riesce ad accettare tutta la sua irrilevanza in una fase storica che sta vedendo il tramonto di un “ordine” che è esistito dalla seconda guerra mondiale in poi.
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