La crisi senza fine della sanità pubblica: 7 medici su 10 vogliono andarsene
Il 72% dei medici che lavorano nella Sanità pubblica vuole abbandonare il Servizio Sanitario Nazionale. È quanto emerge dai risultati dell’ultimo sondaggio dell’Anaao – il principale sindacato dei medici ospedalieri -, che offre una significativa istantanea sulle criticità inerenti il lavoro dei camici bianchi in Italia. Quasi tutti i medici di Asl e ospedali pubblici hanno infatti raccontato di essere sottoposti a carichi lavorativi estremamente pesanti – addirittura, uno su quattro si è detto sull’orlo dell’esaurimento – e di avere una vita insoddisfacente fuori dal lavoro, non potendo dedicare tempo a familiari e passatempi. In particolare, in molti sognano un’esperienza professionale all’estero o di spostarsi in centri privati, con turni e orari più leggeri e meglio pagati. Per questo motivo, infatti, sempre più spesso i laureati decidono di intraprendere un percorso di specialità che possa poi essere efficacemente spendibile nel privato.
Il 40% della platea dei rispondenti al sondaggio – oltre mille medici, con una copertura su tutto il territorio nazionale – ha dichiarato di lavorare con surplus orario annuale compreso tra le 150 e le 250 ore. Oltre il 50% afferma invece di non riuscire a utilizzare i giorni di riposo previsti, con il mancato recupero del giorno festivo non usufruito per reperibilità attiva/passiva. Quasi tutti i partecipanti, il 96,5%, hanno sostenuto di lavorare a ritmi troppo frenetici e difficilmente sostenibili. Metà di loro dice di sentirsi vicina al “burn out”, ovvero all’esaurimento sul piano fisico, mentale ed emotivo. Coloro che ritengono insoddisfacente la loro vita sono l’80% dei rispondenti; il 64,5% dei medici denuncia difficoltà nella gestione del rapporto con il proprio partner o con i propri figli, il 59,4% nel perseguire i propri hobbies. Il 43% degli intervistati ha riferito di coprire mensilmente 2/3 turni di guardia attiva nei week-end,il 17% di coprirne 4/5 (il che significa che lavora oltre due week-end interi ogni mese). Molto alto il numero di reperibilità mensili effettuate: fino a 10 per il 10% del campione, fino a 7 per il 12%. Dai risultati del sondaggio, denuncia l’Anaao, emerge che nel 6% dei casi viene violata la normativa contrattuale, dal momento che vengono attribuite oltre 10 reperibilità al mese, mentre il limite del nuovo CCNL è proprio di 10; inoltre, il 19% dei rispondenti dice di lavorare oltre 250 ore in più ogni anno, il che testimonierebbe come, in questi casi, l’Azienda violi la normativa europea sull’orario di lavoro, essendo così passibile di denuncia alla procura del lavoro. A tale spaccato si aggiunge anche il fatto che solo il 3% dei camici bianchi dichiara di riuscire a utilizzare le 3,5 ore settimanale previste da contratto per l’aggiornamento professionale: il 15% non ne usufruisce mai, il 34% lo fa raramente e il 34% in maniera saltuaria.
“Il quadro che emerge da questa Survey è allarmante, in particolare in relazione alle risposte alle domande cardine, quella che sonda l’influenza del lavoro in corsia sulla vita privata, e quella che indaga la voglia di lasciare il proprio lavoro attuale nel SSN”, scrive nelle conclusioni del report l’Anaao, che parla di “un indice molto preoccupante, che testimonia come non sia il lavoro medico in generale a non essere più attrattivo, ma come non lo sia più la vita ospedaliera, scandita da guardie e reperibilità in corsia e in sala operatoria”. Il sindacato sottolinea che “tale tendenza va di pari passo con i trend osservati nell’assegnazione delle borse specialistiche, che vede il rapido esaurimento dei posti nelle specialità più spendibili fuori dal SSN, come cardiologia, dermatologia, pediatria, oculistica, neurologia, chirurgia plastica, gastroenterologia, endocrinologia, ginecologia, a fronte del calo di appeal che si traduce in mancata assegnazione dei posti che costringono alla ‘vita ospedaliera’ in specialità che offrono, di fatto, meno possibilità e prospettive nel privato”. L’Anaao conclude il documento asserendo che “un ragionamento serio rispetto all’attribuzione di risorse maggiori per il SSN e i suoi professionisti” sia “doveroso e urgente, pena il definitivo sgretolamento di quanto faticosamente nelle corsie italiane si cerca ancora di fare per garantire la piena esigibilità del diritto alla salute dei cittadini italiani”.
[di Stefano Baudino]
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