Colonne corazzate e di mezzi di trsporto truppe ucraine si stanno muovendo nella regione di Odessa avvicinandosi in questi giorni al confine con la Transnistria, per cui non si può escludere l'intenzione di compiere un colpo di mano militare: invadere la regione secessionista filorussa per provocare ulteriormente la Russia ed espandere il conflitto e forzare la mano alla NATO a intervenire direttamente. In Transnistria non sono solo presenti reparti militari russi ma anche un grande deposito di armi e munizioni di epoca sovietica, tenuto sempre in funzione, che potrebbe far gola agli ucraini che sono in gravi difficoltà di approvvigionamento. I comandi militari ucraini pensano forse di ottenere una facile vittoria contro forze armate esigue, essendo la Transnistria una piccola regione di confine, ma sottovalutano quella che potrebbe essere la reazione russa e anche della stessa popolazione moldava, che in maggioranza è russofila, a differenza del suo governo che è filooccidentale. Potrebbe essere un azzardo che gli si ritorcerà contro, accelerando i tempi della sconfitta militare definitiva. Claudio
Putin ha ritirato il decreto che assicurava l’integrità territoriale alla Moldavia
22 Febbraio 2023
Il presidente russo Vladimir Putin ha revocato un decreto firmato il 7 maggio 2012 contenente le linee guida da seguire in materia di politica estera. Oltre a ribadire il rispetto dei principi fondamentali delle Nazioni Unite e una maggiore cooperazione con Unione europea e Stati Uniti, la norma sosteneva la sovranità della Moldavia nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, regione al confine con l’Ucraina amministrata da separatisti filo-russi. La decisione arriva a pochi giorni dalle dimissioni del primo ministro moldavo Natalia Gavrilita e dalle proteste contro Maia Sandu, presidente della Repubblica. Quest’ultima, in un intervento al Parlamento, ha denunciato «la possibilità di una sovversione russa nel Paese», invitando Mosca a ritirare le sue truppe stanziate in Transnistria dal 1992. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ricordando a Chisinau che «la Russia è stata ed è parte attiva negli affari della regione», ha ammesso che le relazioni tra i due Paesi sono «estremamente tese».
La revoca del decreto da parte di Putin è soltanto l’ultimo tassello di una escalation acuitasi nelle ultime settimane. Ad alimentare la tensione tra Mosca e Chisinau è stata la nascita del nuovo governo moldavo. Quest’ultimo, così come il suo predecessore, presenta una chiara connotazione filo-occidentale; caratteristica che l’avrebbe portato, secondo Maia Sandu, al centro di mire russe, con il Cremlino che vorrebbe un governo affine per esercitare pressioni sull’Ucraina dal sud e allontanare il Paese dall’orbita occidentale. La revoca del decreto può essere dunque considerata non come l’inizio di un’invasione totale bensì come l‘invio di un messaggio politico al Paese, che a giugno 2022 ha ottenuto dall’Unione europea lo status di membro candidato. In nome di tale avvicinamento, il ministro degli Esteri moldavo Nico Popescu si è recato a Bruxelles per chiedere di includere nel prossimo pacchetto di sanzioni anche gli oligarchi e i politici coinvolti nel tentativo di destabilizzare la Moldavia.
Se da un lato, con il decreto firmato nel 2012, la Russia sosteneva formalmente l’integrità territoriale della Moldavia, dall’altro ha rappresentato, a partire dall’accordo che ha congelato la guerra civile tra la Transnistria e lo Stato centrale, il garante della situazione de facto che ha visto la regione esistere con il contributo dei propri peackeeper (circa 1500 militari). Così, a seconda dell’alternanza dei governi in Moldavia, la presenza russa in Transinistria è stata più o meno tollerata. Almeno fino al 2020, quando l’ascesa al potere delle forze liberali ed europeiste e la sconfitta dell’ex presidente filo-russo Igor Dodon ha riportato Chisinau sulla posizione di ritenere sempre meno legittima la presenza russa in Transnistria.
La tensione continua a crescere nelle ultime ore. In Transnistria, si sono registrati degli attacchi al ministero della Difesa oltre che a due antenne di emittenti filo-russe. Le autorità separatiste, così come quelle centrali, hanno dunque convocato il Consiglio di sicurezza, allertando le forze militari lungo il fiume Nistro. Nella capitale moldava, si è registrata una massiccia protesta nei confronti dello Stato per la gestione della crisi economica, che ha portato l’inflazione al 30% e ridotto notevolmente il potere d’acquisto dei cittadini. Durante la manifestazione organizzata dal partito filo-russo Shor la presidente Maia Sandu è stata accusata di essere troppo filo-occidentale e vicina alla NATO. Di tutta risposta, le autorità statali hanno bollato la protesta come parte del piano di destabilizzazione russo.
[di Salvatore Toscano]
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