Ex ministro libico Al-Huweej a Roma: "L'Italia era il nostro primo partner e oggi è l'ultimo passeggero dell'aereo"
di Alessandro Bianchi
La presenza di un ex ministro libico e leader del “Partito per il futuro libico” apre il vaso di Pandora delle favolette preconfezionate su quello che era il nostro principale alleato nel Mediterraneo e che vive una fase drammatica della sua storia da quando gli abbiamo voltato le spalle, permettendo l’invasione criminale della Nato nel 2011. La “più grande sconfitta in politica estera dalla seconda guerra mondiale”, l’ha correttamente definita Alberto Negri fin dall'inizio.
Partecipando ad una due giorni di lavori organizzati dall’Istituto Italia-Brics diretto dall’ex Presidente della Commissione Affari Esteri, Vito Petrocelli, con esponenti di movimenti, partiti, associazioni di categorie economiche, Abdul Hadi Al-Huweej - già ministro dell'immigrazione ai tempi di Gheddafi e ministro degli esteri in tempi più recenti - ha fatto luce sulla situazione attuale nel paese e invitato l’Italia a tornare ad assumere un ruolo da protagonista. “Dovete pensare ai vostri interessi. Quello che avviene in Libia è a un passo da qui: non potete permettere che a decidere per voi siano altri. Al momento l’Italia è l’ultimo dei passeggeri di un aereo che sta per decollare”, ha sottolineato a l’AntiDiplomatico.
Non è una crisi politica, ma di sicurezza quello che sta avvenendo nel paese. “Prima di pensare alle elezioni bisogna pensare a smantellare e disarmare le milizie che tengono in ostaggio la capitale Tripoli. Il voto è fondamentale. Ma come possiamo pensare alla democrazia se trionfano le armi? Che voto è con le pistole puntate alle tempie?”
La Comunità internazionale si è interessata di Libia con innumerevoli risoluzioni “oltre 40 delle Nazioni Unite dall’invasione Nato del 2011” e decine di conferenze “c’è stato Parigi 1 e 2, Berlino, Palermo, Ginevra, Oman, Dubai, etc. ma la crisi continua”. E la crisi continua, sottolinea l’ex ministro libico, perché non si affronta il vero motivo: la presenza di un numero di armi totalmente fuori controllo con diversi paesi che perseguono così i loro scopi neo-coloniali sulla pelle del popolo.
Solo il governo di Bengasi è oggi “un prodotto libico-libico”, mentre quello che avviene in Tripolitania è il frutto di decisioni prese dall’esterno, in particolare su impulso di Ankara e Washington, con l’Italia ultima ruota del carro.
Più nel dettaglio, dopo il benestare al crimine della Nato nel 2011, l’Italia ha supinamente accettato le decisioni imposte (dagli Usa principalmente), con l’assurdità che il governo espressione del Parlamento votato non viene riconosciuto, mentre si sostiene, finanzia ed arma uno ostaggio della Turchia, della Nato e delle milizie a Tripoli. “Il governo di Fathi Bashagha oggi a Bengasi è espressione di un compromesso politico e militare tra le forze libiche e rappresenta oggi oltre i due terzi dei libici, ma ad essere riconosciuto è letteralmente un esecutivo deciso ed imposto da potenze straniere nel cosiddetto processo di Ginevra”, ha sottolineato con amarezza l’ex ministro degli esteri.
Altro colpo alle fake news diffuse in Italia tornate oggi nelle prime pagine per la tragedia di Crotone e le parole di circostanza di Meloni e Piantedosi: il tema dell’immigrazione. “La Libia ha 2000 Km di coste”, sottolinea l’ex ministro. “Prima del 2011 ero ministro dell’immigrazione e conosco bene l’argomento: noi non vogliamo essere il poliziotto dell’Europa e chiediamo rispetto e equilibrio”. Ma delle due Libie: una, “la Cirenaica, rispetta gli accordi” e non fa partire i migranti, l’altra, “la Tripolitania no”. Se la Cirenaica si dovesse comportare come il governo che riconosce l’Italia per l’Europa sarebbe una catastrofe”. Tutti temi trattati da diversi anni da Michelangelo Severgnini e che sono diventati prima un film e poi un libro della LAD edizioni con la prefazione proprio di Al-Huweej.
E per evitare la “catastrofe”, prosegue, il comportamento del governo Meloni non va nella giusta direzione, anzi. “Quando il primo ministro italiano viene in Libia e va solo a Tripoli, non considerando chi rappresenta i due terzi del popolo libico, manda un messaggio estremamente negativo. Vogliamo bene alla nostra capitale, io sono di Tripoli. Ma era importante visitare tutta la Libia. L’Italia era il nostro partner più importante e oggi è praticamente l’ultimo passeggero dell’aereo che sta per decollare”, ripete Al-Huweej.
Perché la Libia, ci sottolinea più volte il ministro, sta per decollare nuovamente.
“La maggior parte dei libici è per il ritorno dell’unità ed è grata al generale Haftar per aver liberato il paese dai terroristi dell’Isis”, sottolinea in conclusione. “E’ una crisi di sicurezza. E la consegna delle armi deve essere il primo obiettivo di tutti, ma viene volutamente ignorato. Il punto centrale oggi è il disarmo e la mancanza di fiducia del nostro popolo verso la Comunità internazionale: a chi le consegniamo? E se poi vengono utilizzate contro di noi? Ci sono 200 miliardi di dollari di nostre riserve che sono spariti nel nulla dopo l’invasione del 2011. Di chi possiamo fidarci?” Ma proprio qui, in conclusione, c’è un assist che se l’Italia saprà cogliere potrà avere, l’ultima, possibilità per ricostruire il suo ruolo in Libia. “Italia, Unione Europea e Lega araba si devono fare garanti del disarmo. Ma il processo deve avvenire attraverso l’Unione Africana che ha la fiducia del popolo libico”. Questo potrebbe essere per l'Italia il modo migliore per tornare ad avere un ruolo positivo. “Per il suo interesse e non più come agente di qualcun altro”.
Intanto un primo, importante, passo concreto. I membri della due giorni di lavoro hanno iniziato la discussione per la fondazione di un'Associazione mista che la parte libica ha proposto di chiamare il "Forum Italia-Libia per il futuro". “Il primo obiettivo è che i processi vengano decisi esclusivamente dal popolo libico senza nessuna interferenza esterna”, ha sottolineato Al-Huweej, che curerà lo sviluppo del Forum dalla Libia.
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