L’OMS lancia l’ennesimo allarme: pronti per una possibile pandemia di aviaria
Giorgia Audiello
Avanti.it
Dopo la pandemia di Covid-19, è già pronto l’allarme per un’altra nuova potenziale pandemia di influenza aviaria: ad annunciarlo è stata l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nel briefing quotidiano con i media, infatti, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato che «Nelle ultime settimane ci sono state diverse segnalazioni di mammiferi, tra cui visoni, lontre, volpi e leoni marini che sono stati infettati dall’influenza aviaria H5N1. Il virus ha circolato ampiamente negli uccelli selvatici e nel pollame per 25 anni, ma la recente diffusione fra i mammiferi deve essere monitorata attentamente. Per il momento, l’OMS valuta basso il rischio per l’uomo, ma dobbiamo prepararci a ogni evenienza». Non è certo la prima volta che l’OMS lancia allarmi di questo tipo. In passato, infatti, ha scatenato il panico a livello globale per ben quattro volte: prima con l’epidemia di Sars e della “mucca pazza” e successivamente con l’influenza aviaria e la suina. Con il senno di poi, quegli allarmi – che comportarono anche l’acquisto di milioni di vaccini rimasti inutilizzati dai governi – sono risultati del tutto infondati, tanto che nel 2010 l’OMS è stata invitata al Consiglio d’Europa per rispondere alla mozione “Le false pandemie: una minaccia per la salute”, il cui primo firmatario era il medico tedesco Wolfgang Wodarg. Quest’ultimo durante la seduta del Consiglio affermò che «milioni di persone sono state vaccinate inutilmente. Come è possibile che l’OMS sia arrivata a promuovere una tale costosa e pericolosa sciocchezza? Prima l’aviaria, ora la suina: per l’OMS è una tragica perdita di credibilità». Il virologo dell’OMS Klaus Stohr nel 2004 affermò, con riferimento all’aviaria, che «secondo le nostre proiezioni potrebbero morire fino a 17 milioni di persone». In realtà, solo 286 persone sono morte di aviaria e vivevano peraltro a stretto contatto con il pollame. Ciò non ha impedito comunque l’acquisto di milioni di dosi di vaccino da parte dei governi ad esclusivo vantaggio delle case farmaceutiche: proprio alcune inchieste, del resto, hanno messo in luce come molti esponenti delle case farmaceutiche siano anche membri dell’OMS in quello che si configura come un palese caso di conflitto d’interesse.
Pare, dunque, che l’OMS provi ora a ripetere lo stesso copione, sebbene sia lo stesso Ghebreyesus ad avere ammesso che «Da quando H5N1 è emerso per la prima volta nel 1996 abbiamo assistito solo a trasmissioni rare e non prolungate di H5N1 da e tra esseri umani». Oltre ad essere occasionale il passaggio del virus dai volatili ai mammiferi e molto raro quello verso gli uomini – possibile solo a diretto contatto con animali infetti – non vi è traccia di una possibile infezione da uomo a uomo, ma vi è solo una remota possibilità di rimescolamento tra virus dell’influenza umana e virus aviario in qualche animale sensibile ad entrambi, come per esempio il maiale. Per questo, lo stesso Stohr già nel 2004 aveva affermato che «il virus aviario si mescolerà con un virus umano scatenando una pandemia». Una previsione fortunatamente smentita, ma anche una possibilità che non si è mai concretizzata nei millenni di storia conosciuta: ci si chiede, dunque, perché dovrebbe accadere adesso. La risposta potrebbe risiedere nella capacità di indurre mutazioni artificiali nei patogeni attraverso, ad esempio, il cosiddetto “guadagno di funzione”: nei laboratori biologici presenti in tutto il mondo, del resto, è nota la possibilità di diffondere patogeni attraverso la migrazione degli uccelli. Proprio di recente, la Russia ha denunciato i biolaboratori e le attività che vi si svolgono all’interno con particolare riferimento a quelli presenti sul suolo ucraino sostenuti dagli Stati Uniti: interessante notare la “coincidenza” per cui alcuni documenti ottenuti dai russi conterrebbero «le descrizioni dei progetti UP-4, Flu-Flyway e P-781 per studiare la possibilità di diffondere pericolose infezioni attraverso uccelli migratori (tra cui influenza ad alta patogenicità e malattia di Newcastle) e pipistrelli (tra cui patogeni di peste, leptospirosi, brucellosi nonché coronavirus e filovirus potenzialmente infettivi per l’uomo), che possono essere considerati mezzi di trasporto». Tuttavia, dalla narrazione unanime e coordinata dei media e dei virologi “allineati”, il motivo viene attribuito, tra le altre cose, ai problemi ambientali e ad un presunto sovraffollamento del pianeta, sebbene non vi siano prove di una diretta correlazione tra questi elementi e la diffusione di determinati virus. Al riguardo, Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma, commentando l’allarme dell’OMS, ha asserito che «viviamo nell’epoca del rischio infettivo legato al contatto continuo che abbiamo con gli animali, allo stravolgimento con cui interagiamo con l’ambiente, al grande affollamento del pianeta perché siamo otto miliardi e, infine, alla rapidità dei viaggi. Sappiamo che quella Covid non è l’ultima pandemia e dobbiamo essere vigili».
Al momento i dati riguardanti la diffusione del virus a livello globale tra gli animali risultano tutt’altro che preoccupanti: secondo la World Organization for animal health (Woah), infatti, in tutto il mondo sarebbero morti finora 208 volatili. Nel Regno Unito, invece, dal 2021 ad oggi si sono segnalati nove casi tra lontre, visoni e volpi e un’epidemia pare essersi verificata tra i visoni di una fattoria in Galizia, nel nord-ovest della Spagna. Un quadro che rientra, dunque, ancora in una situazione di assoluta normalità, perfettamente controllabile. Tuttavia, l’OMS ha già messo le mani avanti sottolineando la necessità dei vaccini. Ghebreyesus, infatti, ha asserito che «L’Oms continua inoltre a collaborare con i produttori per assicurarsi che, se necessario, le forniture di vaccini e antivirali siano disponibili per l’uso globale». La questione del conflitto d’interesse tra OMS e industria farmaceutica, se fino a un decennio fa – durante la proclamata pandemia dell’influenza suina – veniva ancora sollevata da media e riviste mediche specializzate, è ora completamente scomparsa dal dibattito. Nel 2010, su Saluteinternazionale, Carla Perria scriveva che «A pandemia appena conclusa si pone la questione cruciale del conflitto di interessi attribuito all’OMS, secondo cui le decisioni assunte in occasione dell’evento pandemico sarebbero state condizionate dagli interessi economici dell’industria farmaceutica produttrice di vaccini e farmaci antivirali».
Oggi, oltre all’interesse economico derivante dalla vendita di vaccini, si è aggiunta una componente inedita che è quella dell’utilizzo di presunte pandemie come strumento di controllo sociale per imporre un nuovo metodo di governo e portare avanti quella “rivoluzione 4.0” di cui il WEF è il principale promotore: sarà per questo che i rappresentanti delle principali istituzioni politiche internazionali hanno parlato di “epoca delle pandemie” e che i noti virologi da salotto televisivo hanno già previsto con certezza la prossima emergenza sanitaria. Nonostante in Italia, ad oggi, i casi di aviaria tra i mammiferi siano pari a zero, il virologo Matteo Bassetti ha asserito che «una pandemia molto più mortale del Covid potrebbe arrivare presto», spiegando che l’aviaria «ha una mortalità di oltre il 50%». Al contempo, i media hanno cominciato a diffondere la notizia di casi di aviaria in allevamenti del Sudamerica, in Canada e USA. Gli ingredienti per dare vita all’ennesima emergenza, dunque, ci sono tutti: la diffusione del panico per mezzo dei media, le dichiarazioni degli esperti, l’allarme dell’OMS, la preparazione dei vaccini e l’adozione di misure di precauzione. Se il Covid 19 non fosse stato sufficiente per innescare il rimodellamento dei sistemi economici e sociali all’insegna della digitalizzazione e ad imporre un efficace sistema di sorveglianza di massa, la prossima pandemia potrebbe risolvere il problema, promettendo alle case farmaceutiche un altro business stratosferico.
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