I dati forniti dai vari paesi tramite i loro istituti di statistica sono quasi tutti alterati, chi più chi meno, per non allarmare la popolazione. Ad esempio negli USA l'inflazione ufficiale è attorno all'8,5% ma quella reale con cui la gente deve fare i conti è almeno il doppio. I dati sono alterati tramite il sistema di raccolta che viene di volta in volta adeguato all'inganno che si vuole ottenere, non solo tramite le voci inserite nel paniere ma anche nella modalità di raccolta e verifica. Più che un lavoro di statistica si tratta di attività di manipolazione dei dati, resi fittizi strumentalmente. Claudio
“Mangiare… ma quanto mi costi!”. Corre l’inflazione alimentare
I produttori alimentari stanno aumentando i prezzi a causa dei costi più elevati, ma l’inflazione alimentare varia considerevolmente da paese a paese.
Sempre più consumatori sono colpiti dallo stress da inflazione alimentare. Prezzi degli alimenti che continuano a crescere e frustrazione per avere poche alternative visto che si tratta di beni indispensabili per poter sopravvivere.
Per alleviare in parte questo sentimento diffuso di rabbia mista ad impotenza, è importante conoscere le ragioni per cui i prezzi del cibo stanno aumentando.
Il grosso problema dell’aumento dei costi di produzione
La domanda alimentare globale continua ad essere forte, ma è sul fronte dell’offerta che ci sono grossi problemi, provocati dagli aumenti dei costi di produzione degli agricoltori. Per esempio, secondo ING Group, in Olanda sono stati gli aumenti di energia, carburanti e fertilizzanti a mettere in croce gli agricoltori. Ma scendendo lungo la catena di approvvigionamento, scopriamo che i costi più elevati di energia, imballaggi e trasporti hanno gravato su tutti gli operatori coinvolti.
Anche se i grandi produttori di alimentari hanno strumenti per proteggersi dal rischio di oscillazione dei prezzi (hedging), nulla possono contro prezzi che continuano a viaggiare su massimi storici. Giganti del settore come Unilever, Danone, Lactalis e Nestlé stimano un aumento dei costi dei loro acquisti nel 2022 del 10-15%. Inoltre, queste aziende hanno recentemente dichiarato che continueranno ad aumentare i prezzi dei prodotti che vendono per difendere i propri margini. D’altronde, se questa strada non riuscisse a proteggere i margini operativi aziendali, l’opzione successiva sarebbe la dismissione delle attività meno performanti.
In Turchia e Argentina l’inflazione alimentare è al 60-70%
Per quanto non si tratti di una consolazione, quello a cui stiamo assistendo in Italia o in altri paesi d’Europa non è il peggio. In Turchia e Argentina, per esempio, i livelli dell’inflazione alimentare hanno raggiunto a marzo il 60-70%, leggermente al di sopra dell’inflazione generale in questi paesi. Nello stesso mese, i prezzi dei generi alimentari in paesi come Russia, Messico e Brasile sono aumentati del 10-20%.
In Europa, i paesi che se la passano peggio sono Ungheria, Polonia e Romania con un inflazione alimentare nel primo trimestre 2022 vicino al 10%. Più fortunati Belgio, Irlanda e Francia, che accusano un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari intorno al 2,5%. In mezzo a questi due estremi ci sono poi l’Italia, la Germania, la Spagna e l’Olanda, con un inflazione alimentare intorno al 5% (dati Eurostat).
L’inflazione alimentare e la disponibilità di cibo rappresentano un problema enorme per molti paesi del Medio Oriente e dell’Africa subsahariana dove le famiglie spendono una quota significativa del loro reddito in cibo. Ciò rende le popolazioni di queste regioni assai più vulnerabili agli aumenti dei prezzi dei generi alimentari.
Infine, ancora una brutta notizia. Secondo gli analisti di ING Group, l’inflazione alimentare non ha ancora raggiunto un punto di inversione.
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