Una Politica Cieca Genera Soltanto Nuovi Poveri
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L’idea di fondo alla base delle moderne democrazie si basa sul fatto che tutti i cittadini di un determinato Stato contribuiscano al benessere collettivo della loro nazione, per averne in cambio beni e servizi ritenuti essenziali dalla società stessa. In linea teorica, tutti noi dovremmo sentirci cittadini di una comunità politica e sociale che ci consente, anche con il nostro contributo, di avere accesso ad un’abitazione dignitosa, a cure mediche efficienti, a un’educazione scolastica e a mezzi di trasporto funzionanti.
Tuttavia, non passa giorno, soprattutto negli ultimi tempi, in cui il nostro diritto a vivere una vita dignitosa venga minato da manovre politiche rivolte a rendere inaccessibile tutto ciò che dovrebbe essere garantito dal semplice fatto che nasciamo cittadini e che, da cittadini, paghiamo le tasse e rispettiamo le leggi della nazione in cui viviamo. Se i rincari del carburante rappresentano ormai una piaga costante, alla quale ci troviamo quasi assuefatti, anche il diritto ad andare in pensione prima di morire di vecchiaia, la possibilità di pagare puntualmente bollette e utenze di varia natura, sono entrati nel mirino di una Politica cieca che genera in continuazione nuovi poveri accampando le più disparate scuse.
Mentre si legifera e si discute nei palazzi della Politica su quale debba essere il colore adatto da apporre sull’insegna di un bagno pubblico riservato alle persone intersessuali, asessuali o non binarie, i Poveri si trovano sempre più relegati nei metaforici quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, essendo troppo intento, per dirla con De André, a scaldare la gente d’altri paraggi.
Il fenomeno legato all’impoverimento della classe media
rappresenta ormai una costante statistica che si trova ben lungi dal
poter assistere ad un’inversione di tendenza, quantomeno in un immediato
futuro.
Fatta eccezione per qualche misura meramente cosmetica o
propagandista adottata nel corso degli ultimi anni, tutte le scelte
operate dai governi dell’ipotetica Terza Repubblica sono state
contraddistinte dal comune denominatore rappresentato dallo spreco di denaro pubblico e da un aumento costante dei prezzi che ha portato il cittadino medio a finanziare, suo malgrado, i vari capricci della Politica e di chi la manovra.
“Nella politica è come sul teatro. Vi ha gli autori che scrivono le opere
da recitarsi e non appaiono sul palco;
e gli attori che le recitano pubblicamente e non le hanno scritte.”
(Carlo Dossi, “Note azzurre”)
Le rovine viventi di queste scellerate politiche al
caviale sono rappresentate da tutti coloro che hanno visto il loro
potere d’acquisto azzerarsi nel corso degli ultimi decenni e che si
ritrovano, nelle loro cassette della posta, con bollette lievitate per
magia, come una pizza in un forno a legna.
Il fumo negli occhi di una società postmoderna,
iper tecnologica, inclusiva verso tutto e verso tutti, ha rapidamente
svelato l’incendio del quale il fumo non è che la manifestazione finale.
L’incendio dei contratti, del potere salariale, delle piccole
imprese, delle manifatture costrette alla chiusura, della lotta
all’inflazione, della valorizzazione delle risorse umane e culturali di
un Paese dove tutto viene ormai arso vivo, per garantire alla classe politica di trasformare i propri continui e infiniti fallimenti in altrettanti successi; prima di passare – forse – per le urne.
Gli ideali sono sicuramente qualcosa di nobile, in grado di elevare l’uomo dalla condizione animale verso la quale si trova costretto perennemente a tendere, ma senza la possibilità di vivere una vita dignitosa, gli stessi ideali cessano di esistere e si trasformano in rancore. Un cittadino costretto a passare notti insonni, interrogandosi su come potrà pagare l’affitto, far fronte ai rincari energetici in atto, garantire un futuro ai propri figli, è un cittadino che viene svuotato della sua stessa umanità, dei suoi sogni e dei suoi ideali. Chi fatica a comporre un pasto decente sulla propria tavola non ha altro pensiero che possa dargli conforto, se non quello legato alla sua sussistenza, perché senza poter fruire di risorse necessarie alla sopravvivenza, tutto il resto diventa un misero filosofeggiare.
“Quaggiù la povertà è vergogna che nessun merito lava;
è delitto non punito dalle leggi,
ma perseguitato più crudelmente dal mondo.”
(Ugo Foscolo – “Epistolario”)
La povertà, si sa, rappresenta l’anticamera della disperazione
e chi è disperato è disposto a tutto pur di porre rimedio alla propria
condizione, dal momento che di fronte a una tavola vuota, resta gran
poco ancora da perdere.
Crediamo di essere liberi,
ci diciamo tutti disposti a morire per la nostra libertà, senza
renderci conto che la suddetta libertà è una mera chimera e che non
esiste più da tempo, ammesso che sia mai davvero esistita.
La libertà non consta soltanto dell’assenza di vincoli fisici, ma anche, e soprattutto, in quella di vincoli morali. Il sistema di debito creato dalle moderne società turbo capitalistiche non differisce poi molto da una catena in acciaio, dato che entrambi ci impediscono di poterci autodeterminare e di pensare liberamente. Non veniamo più fisicamente ancorati ad un muro in cemento con una catena che ci stringe i polsi, ma viviamo un’intera esistenza legati ad una serie di debiti che siamo costretti a fare per poter accedere a beni e servizi di prima necessità.
Tanto il possesso di una casa, quanto quello di un’automobile, il
consumo di energia elettrica, di gas o di carburante rappresentano
elementi della nostra quotidianità dai quali non possiamo prescindere in
questo modello di società, e lievitare i prezzi di ciò che serve per
vivere è un atto barbaro e disumano, esattamente come lo schiavismo.
Sinceramente
l’idea di un autunno – trascorsa la sbornia estiva in riva al mare –
contraddistinto da nuovi aumenti e nuovi rincari mi toglie il respiro,
così come mi soffoca il pensiero di un nuovo esercito di poveri, ormai tanto disperati da essere disposti a vendersi per un tozzo di pane.
Mi soffoca l’ipocrisia di tutti coloro che ci
invitano all’ennesimo sacrificio per nobili ideali, soprattutto quando
l’invito viene fatto da un palazzo regale o dal predellino di una
Rolls-Royce.
Mi soffocano le persone che litigano tra loro su
questioni astratte, lontane dal loro vissuto, senza più preoccuparsi di
quell’immensa minoranza silenziosa che giorno dopo giorno viene resa un po’ meno umana nell’indifferenza generale.
Tragicomico
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