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I Tribunali italiani, anche se con qualche tentennamento, iniziano a contrastare le folli applicazioni alla lettera da parte degli Ordini professionali Sanitari delle ultime indicazioni degli Uffici legali del Ministro Speranza che rendono la vaccinazione obbligatoria anti-Covid per i sanitari reintegrati dopo la malattia addirittura a soli 90 giorni dalla diagnosi.
Proprio allo scadere dell’obbligo di Green Pass che ha “liberato” i lavoratori non vaccinati dall’obbligo di tampone o, per insegnanti e FF.d.OO. dall’obbligo di vaccino, il Ministero, interrogato dalla FNOMCEO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e Odontoiatri), aveva pensato bene di inasprire le regole dell’obbligo vaccinale anti-Covid per i Sanitari.
Fino ad allora, infatti, un sanitario sospeso che si era infettato ed era stato reintegrato come “guarito” (e quindi in possesso del Super Green Pass per sei mesi come tutti i guariti) poteva lavorare senza doversi sottoporre a vaccino per un periodo che poteva andare dai 4 ai 12 mesi in base alle varie interpretazioni date dagli Ordini professionali alla circolare del Ministero della Salute del 21.07.2021, con la quale era stato previsto che, nei soggetti guariti da SARS- COV2, la vaccinazione venisse eseguita, a partire dal 90° giorno, preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre i 12 mesi dalla guarigione. Questo aveva permesso ad alcuni sanitari di lavorare addirittura senza mai essere stati vaccinati.
Con una “nota” firmata dal Capo Gabinetto (l’ex magistrato Tiziana Coccoluto, vicina a Magistratura Democratica), l’Ufficio Legislativo del Ministero sosteneva che l’obbligo di vaccinazione per i Sanitari scattava al 90° giorno dal test diagnostico positivo.
Una laureata in legge, quindi, ha stabilito i criteri per determinare quando l’immunità naturale di un sanitario “scade” e ha deciso che questo termine è 3 mesi prima di quanto non scada per lo stesso Ministero che rilascia il Super Green Pass ai guariti (di qualunque professione, sanitari compresi) che, come noto, è della durata di sei mesi.
E, cosa ben più grave, molti Ordini professionali a partire da quello dei Medici, l’ha applicata in modo inflessibile quasi a punire i medici sospesi per aver rifiutato l’inoculazione e poi reintegrati grazie alla guarigione dalla malattia, sospendendoli di nuovo appena possibile.
DUE SENTENZE A FAVORE DEI MEDICI DAL TAR LOMBARDIA
Due sentenze del TAR della Lombardia hanno stabilito invece che, secondo la gerarchia delle fonti giuridiche, la nota di Maggio 2022 non ha il medesimo valore delle fonti di grado superiore, ovvero la circolare del Ministero della Salute del luglio 2021, che fissa in 6- 12 mesi il termine per la vaccinazione dopo la guarigione dalla malattia Covid e ha annullato ben due sospensioni in un mese.
Il primo decreto del 04/05/2022 riguarda un ricorso per l’annullamento dell’efficacia della sospensione nei confronti di un medico odontoiatria della Provincia di Pavia. Riportiamo il seguente passo:
“Considerato che il ricorrente documenta la guarigione da pregressa infezione Covid-19 ed è munito di certificazione verde con validità fino al 23 luglio 2022; considerato che la circolare del Ministero della Salute in data 23 luglio 2021 […] prevede che nei soggetti con pregressa infezione da SARS COV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione, così superando la precedente circolare del 3 marzo 2021 , ove prevedeva l’effettuazione della vaccinazione ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa” il Presidente ritiene che il provvedimento di ripristino della sospensione […] dopo 93 giorni dalla guarigione non sia coerente con la suddetta circolare ministeriale.
Il secondo caso è una ordinanza emessa il 25/05/2022 che riguarda il ricorso di un altro medico sospeso sempre dall’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Pavia: lo annulla e
“stabilisce la sospensione ogni altro atto e provvedimento presupposto, consequenziale e connesso, anche non conosciuto; nonché per il risarcimento dei danni conseguenti all’esecuzione dei provvedimenti impugnati”
sottolineando che
“E’ opportuno evidenziare che sul punto non pare dirimente la nota dell’Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute del 29 marzo 2022, la quale, al fine di rendere chiarezza sulla disciplina applicabile al personale sanitario in caso di intervenuta guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2, si limita a rinviare alla disciplina contenuta nella circolare ministeriale n. 8284 del 3 marzo 2021 senza spiegare le ragioni per cui non è applicabile la successiva circolare ministeriale n. 32884 del 21 luglio 2021.”
Qualche mese fa ricorderete il caso di uno studente del corso di laurea d’infermieristica presso l’Università degli Studi di Palermo che avrebbe dovuto partecipare al tirocinio formativo all’interno delle strutture sanitarie, si era visto impedito il percorso dall’Università in quanto non vaccinato contro il virus Sars-CoV-2 e per questo aveva fatto causa all’Università e il T.A.R. della Sicilia aveva respinto il suo ricorso. Lo studente aveva quindi fatto appello presso il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana che, visti gli atti, aveva dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale che dovrà essere quindi deciso dalla Corte Costituzionale.
La Corte costituzionale si è pronunciata più volte sulla materia, in particolare con la sentenza n. 5/2018, delineando i presupposti affinché l’obbligo vaccinale possa essere ritenuto compatibile con i principi dell’art. 32 della Costituzione (tutela della salute individuale).
Con questa sentenza la Corte costituzionale ha stabilito che
“la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione”:
- a) “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (cfr. sentenza 1990 n. 307);
- b) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”);
- c) se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio sia prevista comunque la corresponsione di una “equa indennità” in favore del danneggiato (cfr. sentenza 307 cit. e v. ora legge n. 210/1992)”.
Abbiamo purtroppo visto come nessuno dei vaccini anti-Covid “preservi” davvero lo stato di salute del vaccinato né degli altri (le infezioni da Covid non hanno risparmiato nemmeno i tri-vaccinati, come ben sappiamo) e come le conseguenze avverse della vaccinazione non sempre siano temporanee o di scarsa entità avendo provocato moltissimi danni collaterali e siano addirittura oltre 20 le morti riconosciute come correlabili al vaccino.
Speriamo quindi che sentenze come quelle descritte oggi si moltiplichino e spingano la Corte Costituzionale che si riunirà a fine novembre per decidere sulla costituzionalità o meno dell’obbligo vaccinale a deliberare secondo Diritto e non secondo logiche politiche a supporto del Governo Draghi e del Ministro Speranza.
FONTE – IL BLOG DI SABINO PACIOLLA
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