Da Belgrado a Damasco: la fine dell'impunità occidentale
di Fabrizio Verde
Le
tensioni hanno raggiunto livelli critici nel Medio Oriente con la
notizia di un'escalation significativa il 1° aprile, quando caccia da
combattimento dell'Israel Air Force (IAF) hanno preso di mira
l'ambasciata iraniana in Siria. L'attacco ha causato la morte di
numerosi funzionari di alto livello, tra cui Mohammed Reza Zahedi e
Mohammad Hadi Haji Rahimi, entrambi stimati comandanti della Guardia
Rivoluzionaria iraniana (IRGC).
Il proditorio bombardamento ha
scatenato onde d'urto nella regione. È considerato un attacco diretto
alla presenza sovrana dell'Iran in Siria, simile all'assassinio nel 2020
del generale Qassem Soleimani, Comandante del Corpo delle guardie della
rivoluzione islamica. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha promesso
che l'attacco "non resterà senza risposta", mentre il leader supremo
Ayatollah Ali Khamenei ha minacciato conseguenze punitive contro
Israele.
L'attacco ha suscitato condanne internazionali, con la
missione dell'Iran presso l'ONU che lo ha definito una "violazione
flagrante" delle norme diplomatiche e del diritto internazionale. Sono
stati avanzati appelli alla denuncia al Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite, mentre crescono i timori di destabilizzazione regionale.
La
Russia si è unita alla condanna. Mosca, secondo le dichiarazioni del
rappresentante permanente presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha
affermato che gli attacchi israeliani contro il territorio siriano
devono cessare. "La Federazione Russa condanna fermamente i raid in
corso sul territorio sovrano della Siria, considerandoli come flagranti
violazioni della sovranità e dell'integrità territoriale di quello
Stato. Partiamo dal fatto che tali azioni aggressive da parte di
Israele, volte a infiammare ulteriormente il conflitto, sono
assolutamente inaccettabili e devono essere fermate", ha dichiarato il
diplomatico.
Anche la Cina ha espresso riprovazione: "La
sicurezza delle istituzioni diplomatiche è inviolabile e la sovranità,
l'indipendenza e l'integrità territoriale della Siria dovrebbero essere
rispettate", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri cinese
Wang Wenbin in conferenza stampa.
È importante notare che
l'attacco arriva in un contesto segnato dal genocidio compiuto da
Israele a Gaza e dalle tensioni crescenti nella regione. Le azioni
militari di Israele, compresi i bombardamenti in Siria e in Libano,
hanno attirato critiche dagli Stati vicini e sollevato preoccupazioni di
un conflitto più ampio, ormai obiettivo ricercato apertamente da
Israele.
I critici evidenziano la presunta complicità degli Stati
Uniti nell'attacco, mettendo in luce una disparità nel trattamento
delle violazioni diplomatiche. Mentre gli Stati Uniti di solito
difendono strenuamente le istituzioni diplomatiche, la loro risposta a
questo incidente è stata notevolmente ridimensionata, sollevando
interrogativi sul loro atteggiamento verso le azioni israeliane.
Gli
analisti avvertono che l'attacco rischia di infiammare ulteriormente le
tensioni in una regione dove la temperatura è già molto alta. L'Iran,
noto per la sua pazienza di fronte alle provocazioni – “pazienza
strategica” -, potrebbe essere spinto a rispondere con forza, aggravando
ulteriormente il conflitto.
L'attacco all'ambasciata iraniana fa
eco a incidenti del passato, come il bombardamento NATO del 1999
dell'ambasciata cinese a Belgrado durante il conflitto del Kosovo.
L'attacco, considerato una violazione della sacralità diplomatica, ha
suscitato all’epoca condanne diffuse e messo a dura prova le relazioni
tra gli Stati Uniti e la Cina.
Attacco NATO alla Cina
Il
bombardamento della NATO contro l'ambasciata cinese a Belgrado nel 1999
è considerato uno degli incidenti più controversi e devastanti della
guerra del Kosovo. L'attentato è avvenuto durante l'Operazione Allied
Force, una campagna militare guidata dalla NATO contro la Jugoslavia. Il
7 maggio 1999, i caccia da combattimento della NATO presero di mira
‘per errore’ l’ambasciata cinese a Belgrado, uccidendo tre giornalisti
cinesi e ferendone molti altri.
L'attentato all'ambasciata cinese
è stato ampiamente condannato dalla comunità internazionale ed è stato
visto come una violazione del diritto internazionale. I funzionari
cinesi definirono l'attacco un "atto barbarico" esigendo scuse e
risarcimenti alla NATO. Gli Stati Uniti e la NATO inizialmente
affermarono che il bombardamento era il frutto di un errore, imputando a
mappe obsolete l'errore di mira. Tuttavia, molti misero in dubbio la
validità di questa spiegazione e credevano che l'ambasciata fosse stata
presa di mira intenzionalmente a causa delle sue critiche alle azioni
della NATO in Kosovo.
In una Cina indignata vi furono diffuse
proteste anti-NATO. Il governo cinese condannava l'attentato come un
atto deliberato di aggressione e accusava la NATO di aver preso di mira
intenzionalmente l'ambasciata. Il vero e proprio atto di guerra mise
ovviamente a dura prova le relazioni tra Cina e paesi occidentali, con
la Cina che in risposta sospendeva i rapporti militari e diplomatici con
la NATO.
Il bombardamento dell'ambasciata cinese ha sollevato
preoccupazioni circa la responsabilità e il controllo delle operazioni
militari della NATO. La NATO fu criticata per la sua mancanza di
trasparenza e per l’incapacità di condurre un’indagine approfondita
sull’incidente. Il governo cinese chiese con forza un’indagine
indipendente sull’attentato, ma la NATO rifiutò di riconoscere qualsiasi
illecito o di fornire un adeguato risarcimento alle vittime.
L’attentato
all’ambasciata cinese a Belgrado continua a incidere sulle relazioni
tra Cina e Occidente. Il bombardamento ha evidenziato i pericoli di un
intervento militare e ha sollevato dubbi sulla legittimità delle azioni
della NATO in Kosovo.
Le implicazioni geopolitiche furono
significative. La Cina ha visto l’incidente come un attacco diretto alla
sua sovranità e un tentativo deliberato da parte delle potenze
occidentali di minare la sua crescente influenza nella regione. Questa
percezione è stata ulteriormente alimentata dalla mancanza di scuse
formali da parte della NATO e degli Stati Uniti, che non hanno fatto
altro che aumentare la frustrazione e la rabbia provate dalla leadership
e dal popolo cinese.
Quanto accaduto a Belgrado nel 1999 nel
contesto di una criminale aggressione scatenata dalla NATO ha avuto
conseguenze durature sulla politica estera della Cina e sui suoi
rapporti con le potenze occidentali. Il bombardamento ha contribuito a
un atteggiamento più assertivo e difensivo da parte del governo cinese,
in particolare nei suoi rapporti con gli Stati Uniti e la NATO. La Cina
ha cercato inoltre di rafforzare le proprie capacità militari e
aumentare la propria influenza diplomatica al fine di proteggere i
propri interessi e proiettare il proprio potere sulla scena
internazionale.
Possiamo affermare che vi sono state implicazioni
a lungo termine per l'equilibrio di potere globale e la gestione delle
relazioni internazionali.
Nuovo contesto internazionale
Insomma,
quanto accaduto a Damasco presenta inquietanti analogie con il crimine
compiuto dalla NATO a Belgrado contro la Cina. Israele ha compiuto
l’attacco terroristico contro una sede diplomatica dell’Iran perché
proprio come Stati Uniti e NATO in Jugoslavia nel 1999, confida nella
sua impunità.
A essere mutato è però il quadro internazionale
rispetto a 25 anni fa. Adesso siamo entrati in una fase multipolare dove
il potere è distribuito tra più paesi anziché essere concentrato in una
o poche nazioni dominanti. Questo cambiamento segna la fine
dell’impunità occidentale, dove le nazioni occidentali hanno
storicamente goduto di una posizione di potere e influenza senza pari
sulla scena globale. Mentre potenze emergenti come Cina, Russia e India
si affermano in modo più deciso negli affari internazionali, il dominio,
un tempo incontrastato, dell’Occidente viene eroso.
Dunque
abbiamo un nuovo equilibrio di potere anche negli affari militari e di
sicurezza. Mentre gli Stati Uniti sono da tempo la potenza militare
preminente, altri paesi come Russia e Cina stanno rapidamente
modernizzando le loro capacità militari e aumentando la loro influenza a
livello globale. Questa circostanza ha creato nuove sfide per i paesi
occidentali, che non possono più fare affidamento sulla superiorità
militare per garantire i propri interessi sulla scena globale.
L’ascesa
delle potenze non occidentali ha anche messo in discussione l’autorità
morale e la legittimità dell’Occidente negli affari internazionali. I
paesi occidentali si sono a lungo presentati come paladini della
democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto, ma le loro
azioni hanno minato questa narrazione. L’invasione dell’Iraq e
dell’Afghanistan, gli attacchi con droni in paesi come il Pakistan e lo
Yemen, azioni terroristiche come il brutale assassinio del generale
iraniano Soleimani in Iraq, hanno sollevato interrogativi sull’impegno
dell’Occidente nei confronti dei propri valori tanto sbandierati.
In
risposta all’erosione del dominio occidentale, i paesi occidentali
hanno fatto sempre più ricorso all’unilateralismo e al protezionismo
nelle loro politiche estere. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno
adottato un approccio più aggressivo e conflittuale nei confronti dei
rivali, ritirandosi dagli accordi e dalle istituzioni internazionali e
cercando di imporre la propria volontà attraverso la coercizione e il
bullismo. Una situazione insostenibile che ha alimentato il risentimento
e la reazione negativa di altri paesi, minando ulteriormente
l’influenza occidentale sulla scena globale.
Allo stesso tempo,
l’emergere di nuove coalizioni e alleanze tra paesi non occidentali ha
ulteriormente messo a dura prova l’egemonia occidentale. Il gruppo
BRICS+, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e la Belt and
Road Initiative sono solo alcuni esempi delle nuove partnership che
stanno rimodellando il panorama globale. Queste alleanze stanno creando
nuovi centri di potere e spostando gli equilibri di potere lontano
dall’Occidente.
La fine dell’impunità occidentale in un mondo
multipolare ha profonde implicazioni per la governance globale e
l’ordine internazionale. Man mano che il potere diventa sempre più
disperso e contestato, i paesi occidentali dovranno adattarsi a un
ambiente più complesso e competitivo. Dovranno impegnarsi con le potenze
non occidentali in condizioni di parità, rispettare i loro interessi e
preoccupazioni e lavorare insieme per affrontare quelle che sono le
sfide comuni.
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