Italia di polizia: inchiesta su una repressione ormai fuori controllo (Monthly Report)
Cariche pressochè continue contro chi manifesta (anche i ragazzini), utilizzo record di misure cautelari, impiego indiscriminato del DASPO e di varie altre forme di provvedimenti restrittivi. Ma anche fittissima produzione di decreti legge di natura repressiva, volti a infliggere pene “esemplari” e a criminalizzare anche la protesta pacifica e la disobbedienza civile, un tasso di sovraffollamento delle carceri ai massimi storici che per la prima volta riguarda anche gli istituti minorili, il moltiplicarsi di processi contro chiunque esprima una qualche forma di opposizione politica di piazza.
Se è vero che con il governo Meloni la criminalizzazione del dissenso ha raggiunto livelli preoccupanti, va detto che questo fenomeno ha radici ben più profonde. Si tratta infatti di un processo di lunga data, ancorato agli eventi che hanno segnato la storia del nostro Paese almeno negli ultimi cinquant’anni, che trova la sua legittimazione in un sistema legislativo risalente al ventennio fascista, mai del tutto smantellato – anzi, a tratti rielaborato per attualizzarne i contenuti e adattarli ai fenomeni sociali moderni.
Nel nuovo numero del Monthly Report, il mensile de L’Indipendente dove trattiamo tematiche di particolare rilevanza che riteniamo non sufficientemente approfondite dalla comunicazione mainstream, proviamo ad analizzare le varie forme nelle quali si articola la repressione del dissenso e a mostrare come, a poco a poco, l’Italia stia assumendo sempre più il volto di uno Stato di polizia.
Il numero è disponibile in formato digitale e cartaceo per gli abbonati (qui tutte le info per abbonarsi) ed ora anche per i non abbonati (a questo link).
L’editoriale del nuovo numero: Lo Stato di polizia
Il 24 febbraio scorso, a Pisa, gli studenti delle scuole superiori
manifestano per la Palestina. Sono tanti, molti minorenni, e si muovono
in corteo per esprimere il loro dissenso. Di fronte si trovano i reparti
di polizia in assetto antisommossa, che li caricano brutalmente.
Manganellate anche alla testa, diversi finiscono all’ospedale. Sui
giornali mainstream la
vicenda deflagra come se si trattasse di un inedito, editorialisti che
paiono sbarcati da Marte scoprono che in Italia esiste un problema di
repressione del dissenso e, occupandosi di politica più che di
giornalismo, incolpano il governo Meloni, che avrebbe dato carta bianca
alla polizia. La verità è che in Italia ogni esecutivo che si è alternato negli ultimi 20 anni ha contribuito a costruire pezzo dopo pezzo un sistema che criminalizza ogni opposizione sociale
e che declina a problema di ordine pubblico ogni manifestazione di
dissenso. Scrive l’avvocata Francesca Trasatti in un saggio intitolato
Dalla repressione del conflitto alla repressione del dissenso: «Ogni
Governo, sia di destra che di sinistra, ha aggiunto un tassello alla
progressiva restrizione delle libertà individuali e collettive. Migliaia
di persone che si trovano a combattere con la mancanza di lavoro, di
un’abitazione, di un’adeguata assistenza sanitaria, con lo svilimento
dell’istruzione pubblica, la precarietà e la povertà dei salari, la
privatizzazione e la svendita dei beni comuni, la devastazione
dell’ambiente e dei territori sono oggi sottoposte a procedimenti penali
o a misure di polizia».
In Italia si è creata una morsa repressiva sempre più opprimente, dove il potere giudiziario, quello di polizia e quello politico concorrono a criminalizzare ogni forma di opposizione. Nei tribunali si susseguono procedimenti che contestano fattispecie di reato sempre più gravi verso i movimenti o piccoli gruppi che fanno opposizione sociale, si va dalle più banali contestazioni di “resistenza a pubblico ufficiale”, appioppate ormai a chiunque si trovi ad avere a che fare suo malgrado con la polizia in una manifestazione, alle accuse di “terrorismo” e “associazione a delinquere” contestate a casaccio a No TAV e militanti dei centri sociali, fino alle surreali accuse di “stampa clandestina” e “istigazione a delinquere” impugnate nei confronti di gruppi anarchici colpevoli di stampare giornali per diffondere le proprie idee. Nel mentre, il potere politico ha fornito le basi legislative a un sistema ormai del tutto orientato alla criminalizzazione di ogni conflitto sociale. I governi che si sono alternati al potere hanno da una parte approvato decine di decreti leggi volti a inventare nuove fattispecie di reato, progettate appositamente per stroncare il dissenso organizzato (dai daspo urbani ai vari “decreti sicurezza”, dai reati di blocco stradale fino al “decreto rave”), mentre dall’altra hanno contribuito a ingigantire una burocrazia della repressione dalle dimensioni ormai colossali (l’Italia spende l’1,3% del Pil per le forze di polizia, notevolmente di più rispetto ai principali Paesi europei) e a creare un clima di sostanziale impunità per gli agenti violenti, con una legislazione che prevede pene più pesanti per un manifestante che dà fuoco a un cassonetto rispetto a quelle previste per un poliziotto condannato per tortura.
Il sistema mediatico non è estraneo a questa deriva. Non solo perché ha attivamente concorso a creare un clima securitario e indirizzato alla criminalizzazione, ma perché è sui principali giornali e nei salotti televisivi che ogni giorno, specie dall’era pandemica, si è andato ad alimentare il passaggio dalla criminalizzazione del conflitto a quella di ogni dissenso, emarginando ogni ragionamento critico e distribuendo accuse di “complottismo”, “putinismo”, “antisemitismo” o, più in generale di “difesa dei violenti”, verso chiunque non abbia sposato acriticamente la linea governativa sulla gestione pandemica, sulla guerra in Ucraina o sul massacro israeliano a Gaza.
Il nuovo numero del Monthly Report, Italia di polizia, nasce quindi con l’obiettivo di andare a fondo sul tema della repressione del conflitto e del dissenso in Italia e, attraverso inchieste, dati, numeri e analisi, a restituire un quadro completo di un Paese che somiglia ogni giorno di più a uno Stato di polizia.
L’indice del nuovo numero
- L’impressionante produzione legislativa “legge e ordine” dell’Italia negli ultimi 20 anni
- Ordine e disordine
- La persecuzione della magistratura contro chi si oppone è ormai fuori controllo
- La funzione della repressione all’interno dell’ordine neoliberista
- Burocrazia ed economia della repressione: conti in tasca alle forze dell’ordine italiane
- La necessità di una riforma democratica delle forze dell’ordine
- Decreto Caivano: se anche l’educazione diventa un tema di ordine pubblico
- Ieri per gli ultrà oggi per tutta la città: il DASPO come strumento di controllo
- La criminalizzazione della disobbedienza civile: il caso di Ultima Generazione
Il mensile, in formato PDF, può essere acquistato (o direttamente scaricato dagli abbonati) a questo link: https://www.lindipendente.online/monthly-report/
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