La Camera USA approva 95 miliardi per Ucraina, Israele e Taiwan
Alla fine, il presidente americano Joe Biden ce l’ha fatta. Dopo mesi di stallo e di intense trattative, le difese dei repubblicani sono state vinte e la Camera degli Stati Uniti ha approvato il maxi-pacchetto di aiuti da 95 miliardi di dollari che andranno a Ucraina, Israele e Taiwan. La fetta più ampia – quella su cui, negli ultimi mesi, si è sviluppato il braccio di ferro tra le forze politiche – concerne gli aiuti che verranno veicolati verso Kiev, che ammontano a ben 61 miliardi. In seguito al via libera alla Camera, dove il voto era più incerto, dal momento che i repubblicani detengono la maggioranza, il testo passerà al Senato, a maggioranza democratica. E qui l’esito sarà scontato. Subito dopo, ci sarà la firma ufficiale di Biden sul provvedimento. Il Presidente ucraino Zelensky ha ringraziato entusiasticamente gli Stati Uniti, mentre la Russia ha stigmatizzato la mossa americana, parlando di «61 miliardi di dollari insanguinati». Plauso agli alleati americani anche da Israele, per aiuti che «difendono la civiltà occidentale».
Oltre alle misure finalizzate alla difesa dell’Ucraina, il disegno di legge include finanziamenti per il conflitto in corso tra Israele e Hamas, nonché il sostegno agli alleati nell’Indo-Pacifico per il contrasto all’influenza della Cina. Per quanto concerne i finanziamenti per Israele e Taiwan, i repubblicani si sono schierati compattamente a favore. Gli aiuti sono infatti passati rispettivamente con 366 sì e 58 e con 385 sì e 34 no. Diversa la situazione riferita al voto sul sostegno a Kiev – che infine ha avuto il via libera soprattutto grazie all’attività di mediazione svolta dal repubblicano Mike Johnson, speaker della Camera -, con un partito repubblicano spaccato a metà. I finanziamenti sono passati con 311 sì e 112 no: se nei democratici non c’è stata alcuna defezione, i repubblicani che hanno votato a favore sono stati 101, mentre ben 112 si sono schierati per il no. Ciò non è comunque bastato per far scattare il semaforo rosso. Dei 61 miliardi di dollari complessivamente messi sul piatto dagli Stati Uniti per il supporto a Kiev, circa 23 miliardi verrebbero utilizzati per rifornire le armi, le scorte e le strutture americane, oltre di 11 miliardi andrebbero a finanziare le attuali operazioni militari degli USA all’interno della regione e quasi 14 miliardi di dollari sosterrebbero l’Ucraina nell’acquisto di sistemi d’arma avanzati e altre attrezzature di difesa. Le prime forniture militari – già presenti negli arsenali americani in Europa – perverranno a Kiev entro la prossima settimana. Il pacchetto da 26 miliardi di dollari di cui beneficerà Israele, invece, include 5 miliardi destinati alla difesa aerea – dall’Iron Dome al David’s Sling e all’Iron Beam – e 9 all’assistenza umanitaria per Gaza.
«Sono grato alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, a entrambi i partiti e personalmente al presidente Mike Johnson per la decisione che mantiene la storia sulla giusta strada», ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo che «il vitale disegno di legge sugli aiuti statunitense approvato i dalla Camera impedirà alla guerra di espandersi, salverà migliaia e migliaia di vite e aiuterà entrambe le nostre nazioni a diventare più forti. La pace giusta e la sicurezza possono essere raggiunte solo attraverso la forza». Dall’altro lato della barricata, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che gli aiuti statunitensi «rovineranno ulteriormente l’Ucraina, causando la morte di altri ucraini per colpa del regime di Kiev». Reagiscono con soddisfazione agli aiuti le autorità israeliane. Il ministro degli affari esteri dello Stato ebraico, Israel Katz, ha parlato di un voto che «dimostra gli stretti legami e la partnership strategica tra Israele e gli Stati Uniti e invia un forte messaggio ai nostri nemici». Ad alzare la voce è stata invece l’Autorità Nazionale Palestinese. Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente palestinese Abu Mazen, ha dichiarato che finanziamento americano «si tradurrebbe in migliaia di vittime palestinesi nella Striscia di Gaza» e in Cisgiordania, inquadrando l’intervento in una vera e propria «aggressione contro il popolo palestinese».
[di Stefano Baudino]
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