Washington e le sue succursali
di Andrea Zhok - 19/04/2024
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/washington-e-le-sue-succursali
Fonte: Andrea Zhok
Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di
provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che
mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno alle intenzioni di
Putin di invadere l'Europa, di arrivare a Lisbona, di abbeverare i
cavalli nelle acquasantiere di San Pietro, e con ciò anche alla relativa
reazione bellicista da parte europea.
L'articolo è a firma di un
docente dell'Henry A. Kissinger Center for Global Affairs della Johns
Hopkins School of Advanced International Studies, e di un associato del
think tank RAND, ex Senior Fellow per la Russia e l'Eurasia
all'International Institute for Strategic Studies. Praticamente la crema
dei falchi atlantisti.
Nell'articolo si ricostruisce, con
documentazione, lo sviluppo di una trattativa tra Putin e Zelensky (tra
le rispettive delegazioni) dal 28 febbraio 2022 (neanche una settimana
dopo l'invasione russa!) fino alla fine di aprile. La trattativa ha
avuto luogo in parte in Bielorussia e in parte in Turchia.
DI questa
trattativa era già stata fatta menzione più volte, tra l'altro anche
dallo stesso Putin che ne aveva mostrata una bozza ai leader delle
nazioni africane e dall'ex primo ministro israeliano Bennett.
Ovviamente
le prodi difese antidisinformazione del giornalismo nostrano non
avevano mancato, con la loro aria saputella da mantenuti, di
ridicolizzare queste notizie come "fake news".
Tra il 29 marzo e il
15 aprile si era pervenuti ad un accordo di massima, che prevedeva per
l’Ucraina di rimanere uno Stato permanentemente neutrale e non nucleare,
di rinunciare all'adesione alla Nato e in generale ad alleanze
militari, di non consentire l'insediamento di basi militari o truppe
straniere sul proprio territorio.
La questione della Crimea era menzionata proponendo una risoluzione pacifica del contenzioso nei successivi 15 anni.
La Russia accettava l'adesione dell'Ucraina all'UE.
Per
il Donbass si ristabiliva la validità degli accordi di Minsk (II), con
il riconoscimento di un'ampia autonomia alle regioni russofone,
all'interno dello stato ucraino.
Gli accordi naufragano bruscamente
nella seconda metà di aprile, quando la firma della bozza sembrava
dietro l'angolo. L'accoglienza americana ai negoziati era stata scettica
dall'inizio, ma la svolta avviene dopo la visita di Boris Johnson,
allora premier britannico in carica, che si fa latore del messaggio di
“Combattere la Russia fino all'ottenimento della vittoria”. Le
trattative si interrompono subito dopo. Che a questa svolta abbiano
contribuito il cosiddetto "massacro di Bucha" o il ritiro delle truppe
russe dalla direttrice di Kiev, preso come un segno di debolezza, è
oggetto di congetture.
E' a questo punto che in Occidente si preme
unilateralmente sull'acceleratore della fornitura di armamenti,
respingendo ogni ipotesi di accordo. Ed è evidente a tutti che senza la
piena copertura occidentale Zelensky non avrebbe mai rinunciato alle
trattative.
Eventi che segnano una svolta senza ritorno, come la
distruzione del North Stream 2, erano ancora di là da venire (26
settembre 2022).
Quando le trattative prendono l'avvio i morti sul
campo di battaglia erano ancora un numero estremamente esiguo, non
c'erano state ancora mattanze come quella di Mariupol (maggio 2022).
CIò che questo resoconto sancisce in maniera definitiva è la catena delle responsabilità di una catastrofe annunciata.
L'Ucraina è oggi un cumulo di macerie, con una popolazione ridotta del 40% dall'indipendenza nel 1991.
L'Europa
è in piena fase di deindustrializzazione, con la "locomotiva" tedesca
ferma, le industrie che si trasferiscono negli USA per rimanere
competitive con i costi dell'energia, e l'intero apparato produttivo
europeo vincolato alle forniture americane.
I pochi denari rimasti in
circolazione in Europa stanno per essere cooptati in una nuova corsa
agli armamenti che brucerà le ultime risorse nello sterile falò di una
guerra (attuale o potenziale).
E tutto questo è stato deciso da
Washington e le sue succursali, con il collaborazionismo della peggiore
classe dirigente della storia europea, e con il supporto entusiastico
dei nostri media a gettone, che dal primo giorno hanno tifato senza
pudore per la guerra, e continuano a farlo.
Se c'è un inferno, chi lo presiede dovrà promuovere presto un piano di edilizia straordinaria.
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