Voto russo e ipocrisia occidentale
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di Fabrizio Verde
La Casa Bianca ha affermato che “le elezioni presidenziali in Russia non sono ovviamente né libere né giuste”.
"Le elezioni in Russia non sono state né libere né regolari e hanno riguardato anche territori ucraini occupati illegalmente. Continuiamo a lavorare per una pace giusta che porti la Russia a terminare la guerra di aggressione all'Ucraina nel rispetto del diritto internazionale", ha scritto su X il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.
La Polonia ha bollato il voto presidenziale russo come “non legale”. In una nota il ministero degli Esteri di Varsavia ha aggiunto che le elezioni si sono svolte "in mezzo a dure repressioni e nelle zone occupate dell'Ucraina in violazione del diritto internazionale".
A urne ancora aperte Berlino aveva definito "nullo" il voto russo nelle regioni occupate dell'Ucraina. "Le pseudo elezioni in Russia non sono né libere né corrette, il risultato non sorprenderà nessuno. Il governo di Putin è autoritario, si basa su censura, repressione e violenza", afferma una nota del ministero degli Esteri della Germania.
In un post su X il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha sottolineato la "mancanza di scelta per gli elettori e l'assenza di un monitoraggio indipendente da parte dell'Osce".
Proprio il commento di Cameron ci offre l’occasione per sottolineare ipocrisia e disonestà occidentale. Da quale pulpito viene la predica? Questa è la prima reazione alle accuse contro la Russia, che poi sono le stesse rivolte contro ogni paese che non si allinea ai diktat e all’agenda occidentale. Oggi è il turno della Russia, domani lo sarà del Venezuela che va alle urne a luglio, così come in passato i totalitaristi e fanatici liberali hanno attaccato i processi elettorali in Iran, Nicaragua, Bielorussia o qualunque altro paese non allineato.
In Occidente c’è libertà di scelta?
Mentre molti paesi occidentali si vantano di essere democrazie con più partiti politici, la realtà è che spesso manca una vera competizione tra di loro. Questo fenomeno è stato soprannominato “falsa concorrenza” da alcuni commentatori politici, poiché dà l’illusione della scelta mentre in realtà soffoca la vera diversità politica.
Innanzitutto nei ‘democratici’ paesi occidentali regna il denaro, che influenza fortemente la politica. Le campagne politiche sono finanziate da ricchi donatori e gruppi di interesse particolari, che possono conferire una quantità sproporzionata di potere a determinati partiti o candidati. Una situazione che rende estremamente difficile la competizione per partiti nuovi o più piccoli, poiché non dispongono delle risorse finanziarie per condurre campagne efficaci. Di conseguenza, gli elettori hanno spesso scelte limitate quando si tratta di selezionare i propri rappresentanti e determinare reali cambiamenti politici.
Il politologo britannico Colin Crouch utilizza il termine postdemocrazia per descrivere quei sistemi politici liberali, formalmente regolati da norme democratiche che vengono, però, svuotate dalla prassi politica. “Anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato – scrive il politologo nel suo libro «Postdemocrazia» – condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’integrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici”.
Poi nei sedicenti paesi democratici spesso abbiamo sistemi bipartitici. Negli Stati Uniti, ad esempio, i partiti democratico e repubblicano sono le uniche opzioni praticabili per gli elettori. Sebbene esistano terzi partiti, essi sono spesso emarginati e devono affrontare ostacoli significativi per ottenere un reale potere politico.
Un’altra questione che ha sollevato dubbi sulla libertà elettorale in Occidente è la prevalenza del gerrymandering. Questa pratica, in cui i distretti elettorali vengono ridisegnati per favorire un particolare partito politico, può distorcere i risultati delle elezioni e minare il principio di equa rappresentanza. Il gerrymandering può anche ridurre la competizione elettorale, portando a una mancanza di scelta per gli elettori.
Inoltre, i media svolgono un ruolo significativo nel plasmare l’opinione pubblica e possono contribuire alla mancanza di alternative politiche in Occidente. I media mainstream spesso si concentrano sui partiti principali e danno loro la maggior parte della copertura, ignorando, emarginando o addirittura boicottando gli altri partiti.
La mancanza di alternative politiche in Occidente può essere attribuita anche alle strutture di potere radicate all’interno dei partiti esistenti che spesso rispondono a interessi molto distanti dalle esigenze e dalle richieste degli elettori.
Tale situazione in cui gli elettori sentono di avere solo scelte limitate alle urne, ha determinato una profonda sfiducia nei sistemi politici, confermata dai sempre più alti tassi di astensionismo alle elezioni e dalla mancanza di fiducia nei governi e nei rappresentanti eletti ormai privi di legittimità.
Insomma, mentre in Occidente si sputano sentenze dopo processi più che sommari contro il processo elettorale in Russia, crescono dubbi e preoccupazioni sulla loro reale libertà, trasparenza e mancanza di alternative politiche.
A tal proposito l’Italia rappresenta un ottimo esempio: nella cosiddetta Seconda Repubblica si sono susseguiti diversi governi, ma politiche le politiche adottate sono rimaste fondamentalmente le stesse. Neoliberismo e atlantismo due dogmi immutabili.
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