Confermata la notizia di Zelensky e il carico di droga in Argentina: sbugiardati nuovamente i “fact-checker”
di Cesare Sacchetti
L’ultima notizia pubblicata ieri su questo nostro blog ha suscitato dei prevedibili attacchi da parte dell’apparato disinformativo dei sedicenti “fact-checker”, espressione mutuata dal giornalismo anglosassone che sta a significare “revisori dei fatti”.
Ora questa branca del giornalismo d’Oltreoceano e d’Oltremanica è stata esplicitamente creata per approntare una massiccia macchina di propaganda volta a screditare in continuazione le varie notizie pubblicate da quei quotidiani o blog che non ricevono finanziamento alcuno né dallo Stato – in quanto i fondi pubblici vanno notoriamente a quella cerchia di quotidiani gradita all’establishment – né dai vari speculatori finanziari o istituzioni comunitarie, quali la Commissione europea, che si adoperano per far arrivare a questi siti i fondi necessari per sopravvivere.
Nella rete dei vari siti di “fact-checking” c’è anche Open che è anche il partner ufficiale di Facebook, e quindi i lettori non devono stupirsi se ogni qual volta condividono qualche notizia vera sgradita a certi ambienti, Facebook interviene per censurarla.
Una delle firme di punta, se si può usare questa espressione, è quella di David Puente, un bizzarro personaggio espatriato dal Venezuela che nei primi anni della sua “carriera” ha lavorato per Gianroberto Casaleggio, il guru del M5S già socio d’affari di Enrico Sassoon, appartenente alla famosa famiglia di commercianti askenaziti famosa per il traffico d’oppio, e poi negli anni passati consulente di Laura Boldrini durante il suo mandato da presidente della Camera.
Il curriculum parla già abbastanza chiaramente da sé. Siamo molto lontani dai lidi del giornalismo indipendente ma piuttosto siamo su quelli di un personaggio reclutato per tenere vive certe narrazioni e provare maldestramente ad affossare invece i fatti che nel mondo del mainstream mediatico e della sua rete di “revisori dei fatti” vengono chiamati “notizie false” oppure per utilizzare la odiosa, e da questi tanto amata, espressione anglosassone “fake news”.
Nulla di particolarmente sorprendente, se non che ci troviamo a dover commentare nuovamente uno degli articoli di Open come già avevamo fatto in passato per ciò che riguarda la storia della menorah a Montecitorio.
All’epoca un altro articolo del quotidiano fondato da Enrico Mentana, per l’appunto Open, aveva provato, abbastanza ridicolmente, come sempre, a smentire il fatto che il disegno sulla pavimentazione davanti a Montecitorio non fosse una menorah quando persino fonti ebraiche quali il giornalista del Tempo, Fabio Perugia, scrisse nel 2012, in tempi non sospetti, che l’architetto incaricato di eseguire il restauro della facciata, Franco Zagari, aveva disegnato espressamente una menorah ebraica.
Ciò deve aver turbato le notti dei vari “fact-checker” che si sono affannati a scrivere improbabili articoli nei quali si affermava che la menorah ebraica era in realtà una meridiana augustea e probabilmente nella redazione di Open non hanno mai visto la seconda o forse l’hanno fatto ma convenientemente preferiscono fare finta di nulla.
Stavolta ci troviamo a dover ripetere nuovamente lo stesso esercizio e smentire ancora una volta Open che ci ha chiamati in causa attraverso il citato Puente che ci accusa nel suo articolo di divulgare “falsità” quando in realtà, come nel caso della menorah davanti a Montecitorio, è abbastanza chiaro chi sia a divulgare falsità e chi no.
In questa occasione di tratta di rispondere all’articolo di Puente sulla partita di cocaina di 300 kg che sarebbe stata consegnata a Zelensky in occasione della sua visita ufficiale a Buenos Aires per assistere all’inaugurazione del presidente argentino Milei.
Puente si lancia nell’esercizio tipico del più mediocre dei sedicenti revisori dei fatti che è quello della supercazzola.
Il metodo seguito da questi siti è più o meno sempre lo stesso. Si scrive nel titolo “falso” riguardo alla notizia che si decide di smentire ma poi nel corpo dell’articolo si porta poco o nulla a sostegno della tesi, perché di questo si tratta, gridata nel titolo a caratteri cubitali.
Anche questo caso non fa eccezione. Puente prova ad alzare una spessa cortina fumogena provando ad associare ridicolmente i vari siti che hanno riportato la notizia alla Russia e poi si sofferma a presentare Marcio Forti, uno dei primi giornalisti a riportare la notizia, scrivendo tra virgolette “giornalista messicano” nell’imbarazzante tentativo di minare la credibilità di Forti.
Puente afferma che l’intercettazione è “priva di fondamento” e che si tratta del modus operandi tipico della fantomatica “propaganda russa”.
Prove a sostegno di queste affermazioni? Nessuna, se non che al “giornalista” di Open non piace l’intercettazione e la associa arbitrariamente a fantomatici ambienti russi senza nessuna seria prova a sostegno.
Un serio lavoro di conferma o di smentita di una notizia dovrebbe basarsi su altro come, ad esempio, la ricerca di altre fonti che confermino o smentiscano quanto detto da una determinata fonte.
Si chiama verifica incrociata dell’informazione, un esercizio con il quale Puente sembra avere molta poca famigliarità.
E’ quanto invece abbiamo cercato di fare noi. Puente e Open probabilmente lo ignorano ma già 4 giorni fa il giornalista argentino Sebastiàn Salgado che scrive per il sito Data Urgente aveva rivelato questo retroscena.
Salgado ha affermato che lo scambio sarebbe effettivamente avvenuto e a conferma di questo cita diverse fonti di intelligence di diversi Paesi.
Salgado appare essere un giornalista serio e ben informato sugli affari politici dell’Argentina e nelle sue dichiarazioni si sofferma anche a “scagionare” in qualche modo Milei, poiché il presidente argentino si stava appena insediando, nonostante lo stesso Salgado sia critico del capo di Stato da poco eletto in quanto troppo vicino agli interessi dell’anglosfera.
Ora è certamente più affidabile a nostro avviso quanto riferito da un giornalista serio e indipendente che si trova in Argentina e ben conosce quanto avviene nel suo Paese piuttosto che quanto riferito da sedicenti “revisori dei fatti” che dall’Italia scartano le informazioni che sono a questi, e ai loro datori di lavoro, sgradite.
E quanto rivelato da Salgado non è certo un fulmine a ciel sereno per quanto riguarda Zelensky e i suoi traffici con la droga.
I precedenti: Zelensky e la protezione ai narcotrafficanti
Qualche tempo fa dalla Bulgaria erano giunte accuse molto dure e circostanziate nei confronti del presidente ucraino.
La Bulgaria aveva messo sulla sua lista dei ricercati Evenin Banev soprannominato “Brendo” che è considerato uno dei re della cocaina a livello internazionale.
Ad interessarsi di lui erano stati anche i ROS che in una loro informativa scrivevano come Brendo avesse rapporti con la ndrangheta in Italia e come assieme a questa coordinasse la consegna di grossi quantitativi di cocaina.
Banev e i suoi spostavano in media 40 tonnellate di droga all’anno e il suo nome era in cima alla lista di diversi servizi, su tutti quelli bulgari e italiani, che avevano dato vita ad una operazione congiunta già nel 2012 per sgominare il traffico.
Il narcotrafficante era però riuscito a scappare fino a quando non è stato arrestato a Kiev nel 2021.
Le autorità ucraine però non lo consegnarono alla Bulgaria. Al contrario, decisero di dargli la cittadinanza ucraina affossando così le richieste di estradizione di Sofia.
Non sarebbe una sorpresa scoprire che Brendo abbia pagato grosse tangenti al corrotto governo di Kiev per potersi comprare la cittadinanza ucraina e sfuggire così alla giustizia bulgara.
In Bulgaria le reazioni alla decisione di Zelensky erano state indignate tanto che il leader della formazione di centrosinistra, Rumen Petkov, aveva accusato apertamente Zelensky di essere il “protettore di Banev”.
L’Ucraina ha tutte le caratteristiche, come si vede, di un enorme centro di spaccio internazionale.
A conferma di questo ci sono altri fatti ovviamente taciuti dai media mainstream.
Nel corso dell’operazione militare della Russia in Ucraina, sono stati trovati dei laboratori, come quello di Sopino, vicino Mariupol, dove la droga veniva raffinata e poi distribuita sia tra la popolazione civile che tra le forze armate.
Uno dei nazisti ucraini catturati dai russi ha rivelato che quasi tutti i soldati al fronte sono sotto l’effetto di stupefacenti per “alleggerire” il peso delle atrocità commessi da questi in battaglia e, al tempo stesso, per stordirli e mandarli al macello più facilmente quando questi sono completamente drogati.
La storia dell’Ucraina nazista di Zelensky e della sua vicinanza al narcotraffico come si vede è più antica di quanto rivelato in questi giorni da giornalisti argentini e messicani.
L’Ucraina è un Paese strategico per il narcotraffico e le prove che Zelensky protegga i vari trafficanti sono evidenti e consolidate.
Non c’è però da stupirsi che qualche “fact-checker” scriva il solito articolo falso che prova a liquidare il tutto come “fake news”.
Laddove c’è il “fact-checking” raramente c’è la verità.
Nessun commento:
Posta un commento