Di Comidad
La locuzione “ha stato Putin” è diventata
popolare, addirittura proverbiale, e indica il vezzo occidentalista di
ritrovarsi un colpevole già pronto per l’uso, in modo da coprire le
proprie responsabilità. Sarà difficile però spiegare la quasi unanime
adesione del parlamento italiano alla missione navale “Aspides” nel Mar
Rosso con un “ha stato Biden”, cioè nascondendosi dietro la consueta
denuncia della servile fedeltà italica all’alleato americano. Una linea
politica può non essere nelle condizioni di prevalere, ma deve comunque
reggere sul piano comunicativo, cioè non smentirsi da sola. Se dico che
sono contro ogni imperialismo compreso il nostro, e quindi anche contro
le velleità dei nostri oligarchi di ritagliarsi uno spazio
sub-imperialista all’ombra della potenza dominante, allora c’è un senso.
Se invece faccio appello all’interesse nazionale, mi riferisco ad
un’astrazione fumosa che viene screditata dal fatto stesso che gli
oligarchi di un paese ritengono di avere altri interessi da seguire.
Se la critica non ha una logica, poi te la
dovrai rimangiare nella pratica. Nel dicembre scorso Giuseppe Conte
aveva accusato il governo Meloni di “turbo-atlantismo” per la decisione
di inviare una fregata nel Mar Rosso,
ed infatti ora i 5 Stelle si allineano al mantra ufficiale della
“missione difensiva”. In realtà prima di infilarci da soli in questo
conflitto, non solo non ci minacciava o filava nessuno, ma c’era anche
la possibilità di accampare ogni genere di pretesto o intoppo “tecnico”
per sottrarsi all’escalation militare. Il problema sta nell’eterno
costume dell’oligarchia dell’Italietta: si cercano sponde estere e
“vincoli esterni” da utilizzare come alibi; in tal modo la propria
avarizia e le proprie vendette sociali le si possono spacciare come
“europeismo”, mentre le proprie pulsioni colonialiste e sub-imperialiste
le si possono nobilitare come “atlantismo”; invece è tutto “cosa
nostra”.
La
nostrana cleptocrazia militare ha il suo interesse all’escalation e
quindi nessuna intenzione di sottrarsi. Il ministro della Difesa, e
lobbista di Leonardo Finmeccanica, Guido Crosetto, ci ha raccontato che
mandare la nave “Caio Duilio” a combattere i cartaginesi nel Mar Rosso
gli dà doppia soddisfazione, perché è come far guerra anche a Cina e
Russia. Il ministro arriva poi al sodo dicendo che la missione “Aspides” richiede “fondi aggiuntivi”.
Nessuno ne aveva dubitato. Pare che siano in arrivo anche fondi
europei, visto che la missione ha il crisma dell’UE, perciò l’affare
promette bene. Peccato che il governo Meloni si sia dimenticato di
distribuire una fettina della torta agli umili, cioè un’indennità di
rischio ai marinai impegnati nella missione, come era invece avvenuto in
analoghi casi precedenti. Ci saranno però sicuramente proteste dei
militari e l’ingiustizia verrà sanata, altrimenti il prossimo drone che
passa da quelle parti faranno finta di non vederlo.
Oggi
sta passando il mantra secondo cui il conflitto in Ucraina sarebbe
esclusivamente di marca USA e a danno di un’Europa inetta e servile, che
si piega agli interessi del suo padrone d’oltre Atlantico. Ma ogni
tanto è anche utile ascoltare l’altra campana. In un’intervista del 2016
Barack Obama faceva delle dichiarazioni che, anche prese con le molle,
risultano comunque interessanti sul modo in cui i governi europei
riescono a veicolare il proprio colonialismo usando l’alibi atlantico.
Obama sosteneva di aver commesso un errore lasciandosi coinvolgere nell’aggressione della NATO alla Libia del 2011.
Obama riconosceva altresì che Hillary Clinton (suo segretario di Stato
dell’epoca), era, come sempre, assetata di sangue. Ma il vero bidone
Obama lo aveva rimediato dal presidente francese Sarkozy e dal primo
ministro britannico Cameron, che gli avevano fatto credere di poter
sostenere il peso dell’impresa militare, che invece andò completamente a
carico degli USA. Dopo pochi giorni il “guerriero” Cameron era
addirittura passato ad altri impegni, facendo il parassita persino più
di Sarkozy (probabilmente avevano entrambi finito le munizioni). Per
inciso, va ricordato che, dopo le prime titubanze del Buffone di Arcore,
anche l’adesione italica alla guerra fu compatta e trasversale. L’unico
dissenziente (almeno a chiacchiere) fu l’allora sottosegretario alla
Difesa Crosetto, forse perché non coinvolto abbastanza nello
“stanziamento dei fondi”.
Obama ha il suo bravo curriculum di assassino
seriale grazie alla fama della “Kill List” da lui messa in opera;
inoltre ha acquisito un record personale come mercante d’armi,
quindi come “pacifista” non è attendibile; anche se a riguardo è ancor
meno attendibile il cialtrone Trump, visto che è stato lui, non Obama,
ad avviare il trasferimento di armi all’Ucraina. Il
senso del discorso di Obama però è abbastanza chiaro: qui negli USA non
siamo tutti guerrafondai fino all’autolesionismo; ma purtroppo i
“falchi” di casa nostra trovano sempre la sponda dei “cari alleati
europei”, che, col loro subdolo servilismo, sanno manipolarci. Lo stesso
Obama si vantava di essere riuscito a sottrarsi all’impegno di
un’aggressione diretta alla Siria del 2013, sebbene apparisse ormai
incastrato dall’asse tra Regno Unito, Francia, Qatar ed Arabia Saudita;
gli stessi paesi che nel 2011 avevano avviato la destabilizzazione della
Libia ed il conseguente conflitto. Un dettaglio interessante, e non
sottolineato nell’intervista, è che quella crisi del 2013 fu causata da
un attacco chimico attribuito ad Assad, e successivamente rivelatosi un
“false flag”.
A proposito di “false flag”, è
strano che gli Stati Uniti abbiano come mito fondatore della loro
nazione proprio un poco onorevole “false flag”, cioè il famoso episodio
del “Tea Party” del 1773,
quando nel porto di Boston dei coloni americani, travestiti da indiani
Mohawk, attaccarono una nave della Compagnia delle Indie gettandone il
carico in mare. L’iconografia successiva ha rappresentato i coloni come
travestiti da indiani della prateria, come se si trattasse di un
semplice camuffamento. In realtà i Mohawk erano originari dell’area che
attualmente va dallo Stato di New York al Canada, erano formalmente
alleati della Corona inglese, ed inoltre erano dediti al commercio di
pesce e pellicce, quindi la loro presenza nel porto di Boston era del
tutto abituale; perciò il travestimento da indiani Mohawk comportava un
preciso intento di scaricare su altri la responsabilità dell’attentato.
Ancora più strano è che in questi giochi in cui gli americani sono
storicamente così bravi, cioè lo scaricabarile ed il parassitismo, si
facciano ogni tanto battere dagli europei. Di Comidad
14.03.2024
Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=1203
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