Hamas non può essere sradicato e il governo di Netanyahu potrebbe cadere. Sono queste le conclusioni a cui è arrivata l’intelligence Usa, che in tal modo mette in serio dubbio sia gli obbiettivi dichiarati da Netanyahu riguardo l’operazione di Gaza che il futuro del suo stesso governo.
L’indistruttibilità di Hamas secondo l’intelligence americana
È stata pubblicata dall’intelligence Usa il “Threat assessment”, l’annuale rapporto congiunto di Cia e Fbi sulla credibilità e la gravità di potenziali minacce future (ne abbiamo scritto in precedenza in relazione alle considerazioni che i servizi di informazione e sicurezza Usa fanno riguardo le sfide future con Iran e Russia). “Israele probabilmente dovrà affrontare una persistente resistenza armata da parte di Hamas per gli anni a venire e l’esercito farà fatica a neutralizzare l’infrastruttura sotterranea di Hamas”, questo è quello che emerge dal documento.
Una tesi che, in linea con un documento dell’intelligence israeliana pubblicato il mese scorso, mette in discussione tutta l’operazione israeliana a Gaza. Se l’obiettivo della guerra è quello di sradicare Hamas, le probabilità al momento sono davvero basse, a meno che non si intenda portare avanti una lunghissima guerra di logoramento che porterebbe all’annientamento della popolazione gazawi. Le probabilità sono ancora più basse se si considera il fatto che, anche se fosse distrutta la forza militare di Hamas, sopravviverebbero le sue cellule come “gruppo terroristico”. C’è tutta la probabilità infatti che la popolazione di Gaza, stremata e traumatizzata da mesi di violenti bombardamenti e dalla disumanizzazione da cui è afflitta su tutti i livelli, possa abbracciare la causa di Hamas.
I dubbi su Netanyahu
Il rapporto annuale dell’intelligence mette anche in dubbio la capacità del governo Netanyahu di restare al potere. “La sfiducia nella capacità di Netanyahu di governare si è approfondita e ampliata in tutta l’opinione pubblica e ci aspettiamo proteste di massa per chiedere le sue dimissioni e nuove elezioni”, si legge nel rapporto. “Un governo diverso e più moderato è una possibilità”.
Il documento giunge in un momento in cui il sostegno degli Usa verso Israele si sta logorando sempre più. Non mettendo comunque in dubbio il suo appoggio a Tel Aviv, il presidente americano Joe Biden ha espresso tutte le sue perplessità sulla leadership israeliana. In un’intervista rilasciata a Msnbca, Biden ha detto che il premier israeliano “sta facendo più male che bene a Israele” scatenando così un botta e risposta con Netanyahu, che sostiene di portare avanti politiche che rispettano l’opinione della maggior parte degli israeliani.
Biden ha inoltre definito un’eventuale operazione di Tel Aviv a Rafah una “linea rossa” da non superare. “Non possiamo permettere che Hamas sopravviva. Sarebbe come se qualcuno avesse chiesto agli Alleati di non entrare a Berlino”, ha ribattuto Netanyahu in un’intervista a Fox News. Il sostegno Usa verso Israele rimane quindi immutato sul piano militare ma è cambiato sulle modalità con cui raggiungere l’eliminazione della minaccia di Hamas. Il governo israeliano è sotto pressione e gli attacchi arrivano in modo diretto da più fronti. Da una parte gli Stati Uniti con il Threat assessment, dall’altra dallo stesso Gabinetto di guerra, con Gadi Eisenkot e Benny Gantz che guidano una fronda interna sempre più evidente.
L’intervista di Gadi Eisenkot
Le valutazioni dell’Intelligence Usa sono analoghe a quanto affermato da Gadi Eisenkot, ex capo di stato maggiore israeliano e membro del Gabinetto di guerra lo scorso gennaio. In una controversa intervista rilasciata al programma televisivo israeliano “Huvdà”, Eisenkot ha dichiarato che è impossibile eliminare Hamas perché non è presente solo nella Striscia, quindi ogni sforzo concentrato su Gaza è un errore che Netanyahu continua a perseguire mentendo. Secondo Eisenkot il grande errore di Netanyahu, da cui le conseguenti menzogne, sta anche nell’assenza di una strategia post-guerra, perché continua a negare la possibilità di uno Stato per i palestinesi e non ha alcuna intenzione di accettare un dialogo con loro.
Eisenkot ha poi continuato criticando direttamente il premier israeliano definendolo l’unico responsabile dell’attacco del 7 ottobre e del rapimento di centinaia di ostaggi e ha sollecitato, come tanti altri, una commissione d’inchiesta sull’attacco.
Le parole di Eisenkot, al tempo, interpellarono l’intero Paese, anche considerando la sua personale tragedia nell’aver perso un figlio nell’attuale conflitto. Il dolore avrebbe potuto piegarlo alla vendetta e invece lo ha portato a riconoscere tutti i limiti della guerra attuale.
Il rapporto dell’intelligence Usa, confermando le dichiarazioni di Eisenkot di allora, portano la brutale operazione israeliana a Gaza e la sua illegittimità a un altro stadio. La dialettica interna nella leadership israeliana potrebbe riservare sorprese tanto che il rapporto dell’intelligence Usa prospetta un successivo governo “moderato”, mentre si sta logorando il supporto degli Stati Uniti a un’operazione militare sempre più insostenibile, che ha fatto più di 30mila morti in soli cinque mesi. “Dà le vertigini. Il numero di bambini uccisi in soli quattro mesi a Gaza è superiore al numero di bambini uccisi in quattro anni in tutti i conflitti del mondo”, ha scritto il commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini su X, denunciando la “guerra contro i bambini”.
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