Biden ha mentito sui documenti classificati. Salvo per declino mentale
Al Congresso l’ex procuratore speciale Robert Hur conferma: il suo rapporto non esonera affatto il presidente. Documenti conservati intenzionalmente
Declino mentale
Rispondendo alle domande dei deputati, l’ex procuratore speciale ha praticamente ammesso che c’erano tutte le basi e i requisiti necessari per una incriminazione penale di Biden, ma avendo riscontrato nel presidente un declino cognitivo, non era sicuro di poter provare l’intenzionalità oltre ogni ragionevole dubbio davanti ad una giuria e per questo non lo ha incriminato. “La mia valutazione nel rapporto sull’importanza della memoria del presidente è stata necessaria, accurata ed equa”, ha spiegato.
Ma durante l’audizione, durata quasi cinque ore, Hur ha tenuto più volte a precisare che il suo rapporto non esonera affatto il presidente Biden per la gestione illegale di informazioni riservate.
Le bugie
Quando il deputato Jerry Nadler ha chiesto a Hur se avesse “qualche motivo per credere che il presidente Biden vi abbia mentito”, la sua risposta è stata: “Una risposta che il presidente ha dato ad una domanda che gli avevamo posto ci è sembrata non credibile“.
Il presidente Biden ha mentito quando in conferenza stampa ha garantito di non aver condiviso informazioni classificate con il suo ghostwriter. “Ciò è in contrasto con i risultati della nostra indagine”, ha confermato Hur. A smentirlo una registrazione audio, nella quale dice al ghostwriter di aver tirato fuori “roba riservata” per lui dal seminterrato.
E “cosa ha fatto il ghostwriter con le registrazioni audio delle sue conversazioni con Biden dopo che è stato nominato un procuratore speciale?”, ha chiesto il presidente della Commissione, Jim Jordan. “Ha fatto scivolare quei file nel cestino del suo computer”, ha risposto Hur. “Ha cercato di distruggere le prove, vero?”. “Esatto”.
Ma Biden ha mentito anche quando ha assicurato che tutti i documenti riservati erano stati custoditi “in schedari con serratura”. Non era vero. “Ciò è in contrasto con i risultati della nostra indagine”, ha ripetuto Hur.
Documenti ovunque
È emerso dalle risposte dell’ex procuratore speciale alle domande dei deputati che documenti classificati sono stati ritrovati non solo nel garage della casa di Wilmington, Delaware, ma in almeno sette location nella disponibilità dell’ex vicepresidente, tra cui gli uffici alla Penn University, all’Università del Delaware, al Biden Institute, il suo studio seminterrato e quello al terzo piano.
Talmente tanti ritrovamenti, che il presidente della Commissione Jordan ha esclamato: “Il presidente Biden aveva queste informazioni classificate ovunque… nove posti diversi”. E Hur: “Ho perso il conto, signore”. In confronto, ha osservato Jordan, i documenti riservati sequestrati al presidente Trump “erano a casa sua, sotto la protezione dei servizi segreti”. E, aggiungiamo noi, Trump era stato comunque presidente, non vice.
Tra i documenti conservati da Biden alcuni riguardavano anche la difesa nazionale ed “è in corso una valutazione dei danni” da parte delle agenzie di intelligence, ha rivelato Hur, per stabilire se le decennali violazioni da parte di Biden di “documenti top secret sulla difesa nazionale” hanno esposto “fonti e metodi” e causato “gravi danni alla sicurezza nazionale”.
La mano della Casa Bianca
Infine, i tentativi della Casa Bianca di insabbiare e manipolare parti del rapporto. Hur ha contraddetto le affermazioni dei Democratici secondo cui Biden e la Casa Bianca non avrebbero cercato di modificare il suo rapporto e rimuovere alcune parti. E ha confermato invece che la Casa Bianca ha presentato numerose obiezioni al procuratore generale Garland e inviato una lettera chiedendo modifiche.
“È molto chiaro che per un periodo di tempo molto lungo Joe Biden ha infranto la legge e che regolarmente prendeva documenti segreti”, ha commentato l’ex Speaker della Camera Newt Gingrich.
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