Scontro sui migranti al confine: a sfidare la legge è Biden, non il Texas
Crisi istituzionale: il Texas ha diritto di difendersi dall’invasione se Washington non intende farlo? Questione politica, più che giuridica: Biden in un vicolo cieco
Cosa succede se un governo abdica ad una delle funzioni primarie, fondamentali di uno stato, come la protezione dei confini? Succede che viene meno ad uno degli impegni fondanti del contratto politico siglato con i cittadini. Si tratta di inadempienza contrattuale. Se parliamo di una federazione di stati, come gli Stati Uniti, succede che i singoli stati fanno da sé.
Ed è quello che sta accadendo in Texas, dove di fronte al rifiuto dell’amministrazione Biden di chiudere le frontiere di fronte ad una vera e propria invasione di migranti illegali, il governatore Greg Abbott ha deciso di schierare la Guardia nazionale, erigere barriere, ricevendo il supporto di molti altri stati.
Crisi istituzionale
La crisi migratoria al confine meridionale si è trasformata nei giorni scorsi in crisi istituzionale tra il governo di Washington e il Texas – tale da indurre alcuni commentatori a paventare il rischio guerra civile – quando, con una decisione 5-4, la Corte Suprema si è (apparentemente) schierata con l’amministrazione Biden sul caso del filo spinato che la Guardia Nazionale texana ha installato come barriera tra il fiume Rio Grande e Shelby Park, un’area di 47 acri nell’Eagle Pass, annullando l’ordinanza di un tribunale di grado inferiore che vietava agli agenti federali di rimuoverlo.
Mercoledì scorso, mentre la Guardia nazionale e le forze dell’ordine continuavano a stendere il filo spinato e a impedire agli agenti federali di accedere a gran parte del parco, il governatore Abbott ha dichiarato di voler “tenere il punto”, spiegando che in Texas è in atto una “invasione” e che ha il diritto costituzionale di difendersi, dal momento che concedendo ai migranti illegali la libertà condizionale, l’amministrazione Biden di fatto rifiuta di far rispettare le attuali leggi sull’immigrazione:
Il presidente Biden ha violato il suo giuramento di applicare fedelmente le leggi sull’immigrazione emanate dal Congresso”. Invece di perseguire gli immigrati per il crimine federale di ingresso illegale, il presidente Biden ha inviato i suoi avvocati nei tribunali federali per citare in giudizio il Texas per aver preso provvedimenti per proteggere il confine.
Decine di eletti repubblicani hanno espresso il loro sostegno ad Abbott, tra cui il presidente della Camera Mike Johnson della Louisiana e il senatore Ted Cruz del Texas, così come naturalmente l’ex presidente Donald Trump. I governatori di 25 stati hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno del “diritto costituzionale all’autodifesa” del Texas. E dieci stati hanno inviato la loro Guardia nazionale come aiuto concreto, ha riferito Abbott, aggiungendo di essere “preparato” ad un conflitto con le autorità federali.
Subito infatti si sono levate le grida dei Democratici e dei media liberal: ah, il Texas “sfida” la Corte Suprema! E chiedono a Biden di assumere il controllo della Guardia nazionale del Texas.
Cosa ha deciso la Corte Suprema
Chi ha ragione? Chi sta sfidando davvero la legge? In realtà, come ha spiegato Andrew McCarthy su National Review, la Corte Suprema non ha ordinato al Texas di fare alcunché. Ha annullato un ordine del Quinto Circuito che, durante una causa in corso tra il governo di Austin e le autorità federali, vietava a queste ultime di tagliare il filo spinato. La Corte ha ritenuto che, per ora, i tribunali di grado inferiore non possono impedire ai federali di smantellare la barriera.
Ma la Corte non ha affatto vietato al Texas di intraprendere azioni per proteggere il proprio territorio. Non c’è dubbio, spiega McCarthy, che sia il governo federale che quello statale abbiano autorità in materia di immigrazione e controllo delle frontiere. Il modo in cui risolvono le loro controversie, in particolare se il Congresso non è intervenuto con una legge ordinaria per limitare le legittime misure difensive adottate dal Texas, è una questione politica. Si tratta di una separazione dei poteri verticale piuttosto che orizzontale – una disputa tra autorità federale e statale piuttosto che tra autorità presidenziale e congressuale – ma la dinamica è simile: la preferenza della legge va ai funzionari politici che rispondono alle persone le cui vite sono colpite.
McCarthy, che non condivide l’annullamento dell’ordinanza da parte della Corte di Suprema, offre però una chiave di lettura sul perché uno dei giudici conservatori, Amy Coney Barrett, si è schierata a favore.
Il controllo delle frontiere è un dovere politico, non giudiziario. Si tratta di questioni di sicurezza e diplomazia che non sono di competenza giudiziaria. Sia i governi statali che quello federale hanno l’autorità di far rispettare le frontiere. Non spetta ai giudici dire né al governo di Washington né al governo di Austin come effettuare controlli alle frontiere.
Di certo la Corte Suprema non ha detto al Texas che non può erigere ulteriori barriere e quindi il governatore Abbott è pienamente legittimato ad andare avanti e tenere il punto, non sta “sfidando” né la Corte né la Costituzione, ma casomai sta sfidando politicamente l’amministrazione Biden.
Biden in un vicolo cieco
In effetti, la posizione di Biden è politicamente insostenibile. Ecco perché è alla disperata ricerca di un accordo con i Repubblicani moderati del Senato. Un accordo folle, surreale. Come ha spiegato il governatore della Florida Ron DeSantis, “fermare l’invasione al nostro confine è una questione di volontà. Non richiede un cosiddetto accordo che codifichi per legge come illegali gli ingressi superiori a 1,8 milioni l’anno, fornendo incentivi per la futura immigrazione clandestina”.
L’accordo sarà comunque impallinato alla Camera, quindi Biden ha solo due opzioni, entrambe perdenti in vista delle presidenziali del prossimo novembre: o si arrende ai Repubblicani e difende le frontiere, astenendosi dall’interferire con le azioni del Texas, così tradendo le aspettative del suo partito e dell’elettorato di sinistra, oppure tiene il punto, ma passando per un presidente che fa causa al popolo assediato del Texas per conto di stranieri illegali – avendo già lasciato entrare nel Paese oltre 6 milioni di loro (più della popolazione di 33 stati).
Chi sta sfidando la legge
Dunque, se qualcuno sta davvero sfidando la legge, questo è Biden, non il Texas. Quando si dice che gli stati devono rispettare la legge federale, chiarisce McCarthy, si intende la legge ordinaria, non i capricci del potere esecutivo. La politica di Biden non è legge federale. La legge federale, che il presidente si rifiuta di applicare fedelmente, prevede la detenzione dei migranti, quindi sono le politiche dell’amministrazione Biden a costituire una grave violazione della legge.
Qualsiasi straniero soggetto alle procedure previste da questo articolo sarà detenuto in attesa della determinazione definitiva sul timore credibile di persecuzione e, se ritenuto non avere tale timore, fino all’allontanamento.
Questo dice la legge. Anche gli stranieri che potrebbero avere diritto all’asilo dovrebbero essere tenuti in custodia fino a quando la loro richiesta non riceverà risposta. Non devono essere rilasciati negli Stati Uniti. Si tratta di una legge del Congresso ed è preciso dovere costituzionale del presidente applicarla fedelmente.
Due uniche eccezioni: nel caso in cui lo straniero intenda ritornare nel Paese contiguo in attesa della decisione, o la libertà condizionale per motivi individuali se supportata da convincenti interessi degli Stati Uniti. L’amministrazione Biden non ha alcuna autorità per concedere una libertà condizionale di massa.
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