La versione di Hamas: “perché abbiamo attaccato Israele e cosa è successo realmente il 7 ottobre”
22 Gennaio 2024
Sugli attacchi lanciati da Hamas e dalle altre sigle della resistenza palestinese lo scorso 7 ottobre sono stati versati litri di inchiostro, ma fino ad oggi l’organizzazione politico-militare che governa Gaza non aveva rilasciato commenti organici sulle motivazioni di fondo né sulle accuse rivolte da parte israeliana di aver fatto massacri di civili. Questa mattina, 22 gennaio, Hamas ha rotto il silenzio rilasciando un documento di 16 pagine, in arabo ed inglese, nel quale afferma di voler “chiarire al nostro popolo e ai popoli liberi del mondo la realtà di ciò che è accaduto il 7 ottobre, le motivazioni dietro, il suo contesto generale legato alla causa palestinese, così come una confutazione delle accuse israeliane e mettere i fatti in prospettiva”. Si tratta naturalmente di un documento di parte, ma riportarne i passi più interessanti è senza dubbio importante per capire a fondo quanto accaduto.
Il documento si compone di 16 pagine e si suddivide in 5 capitoli. “Perché l’operazione Al-Aqsa Flood?”, è il primo dei capitoli del documento. Qui si spiega che “la battaglia del popolo palestinese contro l’occupazione e il colonialismo non è iniziata il 7 ottobre, ma è iniziata 105 anni fa, inclusi 30 anni di colonialismo britannico e 75 anni di occupazione sionista”. L’organizzazione ricorda come “nel 1918, il popolo palestinese possedeva il 98,5% del territorio e rappresentava il 92% della popolazione sul territorio palestinese. Mentre gli ebrei, che furono portati in Palestina in campagne di immigrazione di massa in coordinamento tra le autorità coloniali britanniche e il movimento sionista, riuscirono a prendere il controllo di non più del 6% delle terre in Palestina”. Hamas accusa le bande sioniste di aver messo in atto azioni di espulsione forzata e azioni di genocidio nei confronti dei palestinesi, grazie alle quali, nel corso del tempo, la popolazione ebraica ha potuto ottenere sempre più terra. Queste politiche non sono terminate con l’istituzione dello Stato di Israele ma sono continuate anche dopo. “Nel corso di questi lunghi decenni, il popolo palestinese ha sofferto ogni forma di oppressione, ingiustizia, espropriazione dei suoi diritti fondamentali e politiche di apartheid”, è quanto si legge nel documento.
Hamas fa notare come tra il “gennaio 2000 e settembre 2023, l’occupazione israeliana ha ucciso 11.299 palestinesi e ne ha feriti altri 156.768, la grande maggioranza dei quali erano civili”, come anche confermato da vari rapporti di organizzazioni internazionali per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch. Vengono poi rivolte accuse agli Stati Uniti e alla loro politica di veto continuo presso le Nazioni Unite che impediscono una condanna e un’azione del Consiglio di Sicurezza contro Israele, nonostante le decine, centinaia di risoluzioni contro lo Stato sionista. Le accuse sono rivolte anche alla comunità internazionale nel suo insieme che non ha mai fatto alcunché affinché il processo di pace di Oslo avesse un reale seguito.
Hamas ha accusato Israele e la sua dirigenza di non volere uno Stato palestinese ma che, anzi, vorrebbe un grande Stato ebraico che comprenda Gaza e Cisgiordania. “Cosa ci si aspettava dal popolo palestinese?”, è la domanda che Hamas pone al mondo. Così Hamas giustifica l’operazione del 7 ottobre come “un passo necessario e una risposta normale per affrontare tutte le cospirazioni israeliane contro il popolo palestinese e la sua causa [..] un atto difensivo nel quadro della liberazione dall’occupazione israeliana, della rivendicazione dei diritti dei palestinesi e del cammino verso la liberazione e l’indipendenza, come hanno fatto tutti i popoli del mondo”.
Nel secondo capitolo, Hamas rivendica di aver ucciso soltanto soldati e persone armate e spiega che se alcuni civili – non armati – sono rimasti uccisi è perché è avvenuto “accidentalmente” nello scontro a fuoco contro i soldati. La distinzione tra civili armati e non armati è necessaria alla luce di quanto più avanti spiega Hamas circa la teoria della sicurezza israeliana di un “popolo armato” che ha trasformato l’entità israeliana in “un esercito con un paese annesso”. Hamas cita la stampa di Israele per sottolineare come molti civili israeliani siano stati uccisi in realtà dalle stesse forze di sicurezza israeliane, specie al rave party, tra la confusione e la volontà di fermare la presa in ostaggio da parte dei combattenti palestinesi. (Un fatto provato, del quale abbiamo parlato anche in un articolo su L’Indipendente, ndr.)
Nel terzo capitolo si fa notare come le continue richieste palestinesi di giustizia di fronte agli organismi internazionali abbiano trovato sempre la puntuale ostruzione dei Paesi occidentali che però al contempo “affermano di sostenere valori di giustizia”. Hamas dice che “queste potenze vogliono mantenere Israele come uno stato al di sopra della legge e garantire che sfugga alla responsabilità”.
Mentre nel quarto capitolo viene raccontata la storia di Hamas, nel quinto capitolo si spiega la necessità della resistenza e della lotta da parte palestinese perché “l’occupazione è occupazione”. Infatti, dice Hamas, l’occupazione “non importa come la si descriva o si chiami, rimane uno strumento per spezzare la volontà dei popoli e continuare a opprimerli. D’altro canto, le esperienze dei popoli/nazioni nel corso della storia su come staccarsi dall’occupazione e dal colonialismo confermano che la resistenza è l’approccio strategico e l’unico modo per liberarsi e porre fine all’occupazione”. Dunque, Hamas chiede: “Qualche nazione è stata liberata dall’occupazione senza lotta, resistenza o sacrificio?”. Per finire, Hamas chiede il supporto dei popoli del mondo alla causa palestinese e che venga immediatamente cessata ogni violenza israeliana contro il popolo palestinese, il quale deve avere il diritto di poter decidere del proprio futuro.
[di Michele Manfrin]
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