I reali interessi dietro ai grandi investimenti di Bill Gates nell’agricoltura
Farmer Bill. È il nomignolo che è stato affibbiato a Bill Gates dalla rivista specializzata Land Report, che, nell’edizione del 2022, ha confermato che il fondatore di Microsoft è diventato il più grande proprietario di terreni agricoli privati d’America, con 300 mila acri (circa 120 mila ettari) in 19 Stati per un valore di 700 milioni di dollari. Come noto, infatti, Gates è uno di quei celebri imprenditori che hanno guadagnato miliardi con spregiudicate strategie di business e vere e proprie speculazioni finanziarie, finendo per incrementare instabilità finanziaria, erodere i diritti dei lavoratori e consolidare le diseguaglianze economiche già esistenti a livello globale. Gates e una ristretta classe di miliardari si sono ritagliati una nuova immagine, ai limiti della santità, grazie alla “filosofia del dono”, investendo in ogni settore, dall’educazione alla salute, dalle politiche sociali fino all’agricoltura. Si tratta del filantrocapitalismo, una strategia volta a garantire a questi magnati un’aura di apparente estraneità ai giochi di potere.
Gli ex coniugi Gates hanno silenziosamente acquisito terreni agricoli attraverso il loro gestore di investimenti, Cascade Investment, controllato da Bill Gates e gestito da Michael Larson, ex gestore dei fondi obbligazionari della Putnam Investments, che venne incaricato di diversificare il 45% del patrimonio totale del co-fondatore di Microsoft. Già Melinda Gates, qualche anno fa, aveva raccontato di essere rimasta sorpresa del consiglio di investire su questo settore, salvo poi ricredersi e ritenerlo «uno dei migliori che abbia mai ricevuto».
Il trasferimento della proprietà delle aziende agricole a soggetti non agricoli e stranieri ha però implicazioni molto negative per gli agricoltori, le comunità rurali e l’ambiente. La figura del moderno filantropo non offre, infatti, una soluzione concreta alla lotta contro la povertà e all’ingiustizia sociale, al contrario, ne incarna semmai la causa, rappresentando semmai la degenerazione di quel sistema globale basato sull’accumulazione delle risorse. Inoltre, questo interesse per i terreni agricoli nasconde ben altri scopi, rispetto a quelli “politicamente corretti” sbandierati dal filantrocapitalista, che vanno dalla biopirateria all’agribusiness. La ONG britannica Global Justice Now ha accusato la fondazione di Gates di fare investimenti non a scopi caritatevoli, ma per favorire «politiche economiche neoliberiste e la globalizzazione aziendale».
Quando Bill Gates in una sessione di “Ask me something” su Reddit, come riporta Business Insider, è stato incalzato da alcune domande per chiarire quale fosse lo scopo dei suoi investimenti nell’espansione dell’industria agraria, ha spiegato di aver investito «in queste aziende agricole per renderle più produttive e creare più posti di lavoro». Si è poi affrettato a ricordare come la sua attenzione all’ambiente sia sempre vigile e che, di fronte alle sfide climatiche, «semi più produttivi possono evitare la deforestazione».
Il magnate, con i suoi ingenti investimenti, è molto attivo in Africa nel settore degli organismi geneticamente modificati (OGM), considerati “soluzioni tecniche necessarie” allo sviluppo agricolo. Si tratta di un modello di sviluppo agricolo imperniato sull’uso di nuove tecnologie di ingegneria genetica e sulla massimizzazione dei raccolti.
Nella visione della Fondazione Gates, che di fatto è una moderna forma di colonialismo mascherato, la fame in Africa (e nel mondo) è il risultato della mancata modernizzazione dell’agricoltura a cui fa spazio il cosiddetto “soluzionismo tecnocratico”. L’idea che il filantrocapitalismo intende diffondere nell’opinione pubblica è, infatti, che il benessere può solo essere elargito dall’alto, dai cosiddetti padroni del mondo.
La Fondazione Bill e Melinda Gates ha speso quasi 6 miliardi di dollari, cercando di “migliorare” l’agricoltura. GRAIN ha analizzato tutte le sovvenzioni alimentari e agricole che la fondazione ha concesso fino al 2020, scoprendo che, la stragrande maggioranza dei suoi finanziamenti andava a centri di ricerca, aziende e a gruppi che esercitano pressioni a favore dell’agricoltura industriale, saccheggiando la biodiversità agricola. Nicoletta Dentico ha mostrato come Gates, insieme alle aziende private, abbia lavorato per ridefinire tutti i livelli del sistema alimentare africano in favore della chimica, dei monopoli agroalimentari, degli OGM (come il Golden Rice) e dell’agricoltura digitale.
Sul podio dei principali beneficiari della Fondazione Gates, troviamo: al primo posto il CGIAR (Consortium Group on international Agricoltural Research), consorzio internazionale di 15 centri di ricerca per promuovere la “Rivoluzione verde” attraverso l’uso di fertilizzanti, fitofarmaci e sementi geneticamente modificate. Secondo Vandana Shiva, attraverso il finanziamento di iniziative globali come Diversity Seek, si sta cercando di registrare tutte le informazioni genetiche dei semi in deposito, in modo da sottoscrivere brevetti sulle informazioni genetiche raccolte, in un palese atto di biopirateria.
Al secondo posto c’è AGRA (Alliance for a Green Revolution in Africa), creata dalla stessa Fondazione Gates e dalla Fondazione Rockefeller con lo scopo di promuovere (dall’alto verso il basso) un modello di agricoltura basato su fertilizzanti, pesticidi e sementi geneticamente modificate. Nella classifica stilata da GRAIN al terzo posto si piazzano un insieme di realtà che comprende Banca Mondiale, il World Food Program, la FAO e Un Foundation. Gli esclusi, di fatto, sono quei contadini che si vorrebbero “aiutare”.
Vi è, inoltre, un altro business emergente che ruota attorno agli investimenti agricoli: il carbon farming. Le pratiche agricole sostenibili, che rimuovono l’anidride carbonica dall’atmosfera, sono in linea con l’obiettivo della neutralità climatica. Il concetto è che le imprese inquinanti, anziché modificare le proprie strutture produttive, possano comprare diritti di emissione e crediti di carbonio da altri imprenditori agricoli, continuando a inquinare.
Dietro la retorica di una causa umanitaria e di sviluppo come l’aumento del reddito per i piccoli agricoltori o la fornitura di soluzioni al cambiamento climatico, Bill Gates mostra la consueta mente spietata ma lungimirante del tecnocrate. Le multinazionali generano diseguaglianza economica e sociale che, paradossalmente, le fondazioni caritatevoli dovrebbero poi risolvere, alimentandole, invece, in una sorta di diabolico circolo vizioso.
[di Enrica Perucchietti]
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