Valori? L'arrogante ipocrisia dell'Occidente
di Paolo Becchi - 10/01/2024
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Fonte: Paolo Becchi
Dopo il sostegno a oltranza dato all’Ucraina, l’Occidente
non ha potuto che schierarsi con Israele, vittima dei massacri e degli
attacchi terroristici compiuti da Hamas. E si è già cominciato a
parlare, in questi giorni, di un “attacco all’Occidente” stesso, di una
guerra dichiarata a tutti i Paesi occidentali da parte di quello che non
è ormai neppure più considerato come un “nemico”, ma come una banda di
“animali umani”, come li ha definiti il Ministro della difesa
israeliano: un gruppo di lupi feroci, ma anche di topi di fogna, che
vanno uccisi senza alcuno scrupolo, in quanto la loro vita – non più
nemmeno umana – non ha alcun diritto ad essere vissuta. Quando nel
nemico non riconosci più l’uomo, qualsiasi atrocità diventa possibile.
A
questo punto, però, la domanda sorge spontanea: per quale Occidente
stiamo combattendo, che “valori” occidentali stiamo difendendo? Non
quello che difende a ogni costo i “diritti umani” e la limitazione della
guerra, se ora i nostri “nemici”, civili compresi, sono diventati delle
semplici pulci da sterminare. Non quello dei “valori democratici”, se
di democrazie, in Occidente, se ne vedono sempre meno, e se,
soprattutto, certo Israele, una democrazia lo è per modo di dire. Strano
che nessuno oggi ricordi come, non più di tre mesi fa, i giornali
italiani ospitavano interventi che parlavano di Israele come di una
“dittatura”, dopo che Netanyahu aveva messo fine alla Corte Suprema e
reso ormai di fatto impossibile limitare il potere del suo governo. Non
quello che difende i “valori” delle cosiddette “radici giudaico-cr
istiane” dell’Occidente, le quali, oggi, vengono difese più dalla Russia
ortodossa di Putin che da repubbliche laiche fondate sull’ideologia
gender, il collasso della famiglia eterosessuale e la fine, ormai
secolare, del matrimonio come istituto anche religioso. Di che cosa,
dunque, stiamo parlando? Che cos’è questo Occidente che vogliamo
difendere?
La verità è che non si sa. O meglio, si sa che si combatte
per un Occidente che si auto-legittima come “democratico”, come il
“migliore dei mondi possibili”, come il garante del rispetto dei diritti
umani, senza esserlo, ormai, da tempo. Combattiamo pretendendo di
essere una “civiltà superiore” alle altre: ma questa pretesa l’abbiamo
soltanto noi stessi, e non viene (più) riconosciuta da nessuno. Non è un
caso che Israele sia, oggi come in passato, l’avamposto di questa
“arroganza” occidentale nella zo na mediorientale, e il più stretto
alleato degli americani: perché gli Stati Uniti in realtà non sono che
la versione secolarizzata del “popolo eletto”, non sono che i veri eredi
di Israele, coloro che hanno raggiunto la “terra promessa” nel mondo
nuovo. “Noi americani”, aveva scritto un giovane Melville, “siamo il
peculiare popolo eletto, l’Israele del nostro tempo; noi portiamo al
mondo l’arca della libertà”. Questa idea di “elezione” ha attraversato –
come un fiume carsico – la storia dell’Occidente, ha proceduto fianco a
fianco con l’ideale “cattolico” dell’universalismo, della verità
destinata in linea di principio a tutti, per compiersi infine
nell’Impero americano.
L’Occidente di oggi, però, è il figlio non del
cattolicesimo romano, ma dell’“Impero del bene” americano, quello che s
i è imposto definitivamente in Europa dopo la Seconda guerra mondiale.
Per questo Israele non può essere attaccato: perché esso non è altro
dagli Stati Uniti, non è altro che la terra di cui gli americani sono
gli eredi spirituali. Ma questo “destino manifesto”, che oggi
continuiamo a difendere, che tipo di società promette, ormai? Esso non è
più che lo sterile vessillo di un nichilismo sociale diffuso, dello
svuotamento di ogni valore, di una finanza distruttiva, di una tecnica
priva di ogni scopo che non l’incremento di sé stessa. Per cosa
combattiamo, dunque?
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