L'attentato di Kerman e la crisi degli Stati Uniti
di Maurizio Vezzosi*
L'attentato di Kerman aggrava la crisi in cui versa la proiezione
internazionale degli Stati Uniti. Questo è il dato di fatto: sia nel
caso in cui Washington sapesse dell'attentato che stava per essere
realizzato in Iran, sia nel caso in cui non sapesse. Nella seconda
possibilità si dovrebbe prendere atto di deficit sostanziali nelle
capacità conoscitive di Washington.
Nella prima, la Casa Bianca
potrebbe aver o dato il via libera all'attentato o non essere stata in
grado di sventarlo: ciò implicherebbe che la Casa Bianca non sarebbe in
grado di impedire che vengano compiuti attentati contro una potenza
nucleare - de facto - tra i principali attori del Vicino Oriente
dell'Asia centrale. Tanto più, considerando il momento ed il luogo
dell'attentato: il mausoleo del generale Solemaini, ucciso da un attacco
statunitense il 3 gennaio 2020 su ordine dell'allora inquilino della
Casa Bianca Donald Trump. Il momento, quello del quarto anniversario
dell'eliminazione del generale iraniano - peraltro all'indomani
dell'uccisione a Beirut di un capo di Hamas da parte delle forze
israeliane - sembra come voler palesare una continuità di propositi tra
l'uccisione di Solemaini e l'attentato appena compiuto. Il quadro degli
eventi di Gaza e della Cisgiordania porta a pensare che un attentato di
questo tipo difficilmente si sarebbe verificato se le forze israeliane
fossero riuscite a liquidare Hamas e la resistenza palestinese in pochi
giorni di guerra. Washington, del resto, negli ultimi mesi non è
riuscita in varie occasioni a contenere a suo piacimento le azioni
belliche israeliane. Difficilmente un attentato come quello di Kerman -
considerando la portata delle sue implicazioni – può essere messo in
atto da un qualche gruppo armato – ad esempio l'ISIS o il MEK - senza
importanti sostegni alle spalle.
Piuttosto insolito, peraltro,
il fatto che l'attentato non sia stato tempestivamente rivendicato.
L'ipotesi dell'autoattentato non regge alla prova della logica: l'Iran
non ha alcun bisogno di costruire un casus belli, né nei confronti di
Tel Aviv, né nei confronti di Washington: le motivazioni con cui Teheran
potrebbe legittimare un proprio coinvolgimento bellico eventualmente
maggiore senz'altro non mancano. Nel calcolo di chi ha concepito questo
attentato potrebbe esserci l'intento di innescare il coinvolgimento -
addirittura diretto - dell'Iran in una guerra frontale con Israele o con
gli Stati Uniti o quantomeno quello di mettere alla prova i nervi della
dirigenza iraniana. O se non altro quello di punirla per le mosse degli
Houthi nel Mar Rosso e nello stretto di Bab el Mandeb. La risposta di
Teheran sarà comunque, presto o tardi, inevitabile.
*Analisi dal suo canale Telegram
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