Il terrorismo degli Stati Uniti è il peggiore di tutti
di Massimo Fini - 09/01/2024
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-terrorismo-degli-stati-uniti-e-il-peggiore-di-tutti
Fonte: Massimo Fini
I terroristi americani e israeliani hanno colpito ancora.
Naturalmente Washington e Tel Aviv si sono affrettati a dire che non
c’entrano. Excusatio non petita, accusatio manifesta. Curiosamente il
giorno dopo l’attentato è saltata fuori una rivendicazione Isis su
Telegram attribuita genericamente all’Isis e non firmata dal suo attuale
leader Abu Hafs al Husseini al Qureishi. Avrei potuto farla anch’io.
Altrettanto curiosamente i media occidentali che avevano dato
all’attentato in Iran l’esposizione minima, diciamo una “modica
quantità”, si sono spesi molto per la presunta rivendicazione Isis. Il
Corriere della Sera gli dedica due pagine.
L’attentato a Teheran è
sanguinoso, barbaro e vile. Non è immaginabile che le decine di migliaia
di persone che si erano raccolte davanti al Cimitero dei Martiri di
Kerman per onorare Qasem Soleimani, ex capo dei pasdaran, assassinato
dagli americani quattro anni fa a Baghdad (che è come uccidere un
vice-premier nelle democrazie occidentali) fossero tutti dei pasdaran.
L’attentato è stato quindi diretto e premeditato contro i civili
iraniani e le vittime non sono un ‘effetto collaterale’ di qualche colpo
sbagliato come abbiamo visto di recente in Ucraina. Del resto gli
americani non sono nuovi a queste imprese cioè mirare direttamente ai
civili. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Usa bombardarono
Dresda, Lipsia, Stoccarda col preciso intento, dichiarato dai loro
comandi politici e militari, di “fiaccare la resistenza del popolo
tedesco”. A Hiroshima e Nagasaki, col Giappone in ginocchio, non fu
preso di mira alcun obiettivo militare ma il popolo nipponico.
Le
sanzioni economiche, e non solo economiche, ma scientifiche, mediche e
militari, imposte all’Iran dagli Stati Uniti e quindi dai loro alleati
subalterni, fra cui l’Italia che con il paese degli Ayatollah aveva
ottimi rapporti d’affari, sono incomprensibili. L’Iran ha firmato il
Trattato di non proliferazione nucleare e ha sempre accettato le
ispezioni dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che
hanno accertato che l’arricchimento dell’uranio iraniano non va oltre
il 5 per cento, cioè è per uso civile e medico, per fare la Bomba
l’arricchimento deve raggiungere il 90 per cento. Israele non ha firmato
il Trattato, ma ha l’Atomica, basta fare un giretto nel deserto del
Negev per capirlo, e comunque ci tiene a farlo sapere (a buon
intenditor…). Ma nessuno si è mai sognato di sanzionare Israele.
Che
senso hanno le sanzioni all’Iran? Il modello è sempre lo stesso:
strangolare economicamente un Paese, creare il malcontento fra la
popolazione e quindi il sorgere di un’opposizione. Gli Stati Uniti, più
di recente, ci hanno provato anche col Venezuela di Chàvez e Maduro. Ma
gli è andata buca. Il “giovane e bell’ingegnere” Juan Guaidò, su cui gli
Usa avevano puntato, aveva un seguito pressoché inesistente. Il governo
venezuelano di fronte a questo tentativo di colpo di Stato non schierò
in piazza né carri armati, né militari, né polizia. I 137 morti non sono
addebitabili a Maduro (la polizia non sparò un colpo) ma agli scontri
fra le opposte fazioni fra quelli che stavano dalla parte di Maduro e
quelli che stavano con Guaidò che ebbe la peggio.
Sia stramaledetto
Hitler perché ha dato a Israele (non diciamo agli ebrei, per non essere
arrestati) una sorta di lasciapassare per compiere azioni criminali che
se commesse da qualsiasi altro Paese sarebbero state condannate e
sanzionate. Entebbe, 1976, docet. Ma restiamo nell’attualità. I
palestinesi uccisi dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre,
che causò la morte di 1300 israeliani, sono 22 mila, un rapporto di 20 a
uno. Il tribunale internazionale dell’Aia per “crimini di guerra” non
ha nulla da dire in proposito? Se questo tribunale esistesse realmente
Joe Biden, con alcuni suoi predecessori, e Bibi Netanyahu (curioso
soprannome “Bibi” per un delinquente) sarebbero oggi alla sbarra.
Sull’Iran
c’è poi da fare un discoro storico. All’epoca dello Scià, un fantoccio
degli Stati Uniti, c’era una sottilissima striscia di borghesia
ricchissima che potevi incontrare a Londra, a Parigi e in altre capitali
europee, tutto il resto era miseria. La rivoluzione khomeinista ha
lavorato bene creando una media borghesia intellettuale , i persiani,
che non vanno confusi con gli arabi, sono colti, quando ero da quelle
parti per la guerra in Iraq-Iran - e non Iran-Iraq come si dice
comunemente perché fu Saddam Hussein il primo ad aggredire - i miei
amici conoscevano non solo i nostri maggiori, da Dante in su, ma anche
Moravia e Savinio, mentre noi della cultura persiana conosciamo solo,
quando va bene, ʿUmar Khayyām. È questa borghesia colta che oggi si
ribella, almeno in parte, alla lettura stretta della Shari’a cioè a
norme etiche che risalgono a più di un millennio fa. In ogni caso l’Iran
non è l’Arabia Saudita, nostro alleato, se vai all’Università di
Teheran trovi più ragazze che ragazzi.
Le leadership americane,
soprattutto quelle democratiche, si rendono conto che stanno perdendo
l’egemonia che hanno avuto per tutto il Novecento e non vogliono
rassegnarsi. Per questo sono disposte a tutto, anche a scatenare una
terza guerra mondiale. Non ci resta che sperare nella prudenza e nella
saggezza degli Ayatollah, che per ora si sono limitati ad affermare che
la reazione dell’Iran sarà “severa”, una dichiarazione morbida. A questo
siamo ridotti.
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