Superville e supercazzole: non sanno più cosa inventarsi contro Putin
Francesco Santoianni
Avanti.it
Russofobia. Media alla canna del gas, oggi ridottisi (da Open, a Sky, a Repubblica, a La7…) a riciclare, presentandola come nuova, una bufala di tre anni fa. Ci riferiamo alla “Reggia di Putin sul Mar Nero” della quale Open pubblica, addirittura, dettagliate planimetrie dei tunnel sotterranei destinati a portare in salvo Putin in caso di emergenza. Sì, ma com’è che dati così segreti sono a disposizione del pubblico? «Le immagini – ci illumina il “sito antibufale” di Enrico Mentana – erano state pubblicate nel 2010, ed eliminate nel 2016, sul sito di Metro Style, di proprietà di un appaltatore russo scomparso in circostanze mai chiarite.» Secondo Repubblica, invece «Tunnel nascosti, pozzi di collegamento, muri di spesso cemento. Eccolo il bunker di Vladimir Putin nella tenuta di Gelendhzik, sul Mar Nero, che tutti ritengono sia di proprietà del presidente russo. A mostrarli al mondo sono stati i giornalisti di Business Insider, che hanno mostrato i locali fortificati sotto la residenza. Il paradosso è che, almeno in teoria, quelle mappe erano sotto gli occhi di tutti, inserite dal 2016 nel portfolio dei lavori svolti dalla società di design Metrostil, che li ha indicati come planimetrie e sezioni di una struttura alberghiera.»
Due spiegazioni davvero inverosimili, ma non paragonabili alla superbufala delle foto degli interni del palazzo: «Da lasciare senza parole: super piscina, saloni e sale da pranzo, sala da gioco con tavolo verde, teatro, cinema, palestra, molte camere da letto tra cui spicca una, la più grande, da oltre 76 metri quadrati (c’è un close-up della stanza anche dalla mappa del palazzo) con un super letto a baldacchino e le tende di tulle bianco. Colpisce anche la presenza di una sala night-club con velluti rossi alle pareti e divanetti (made in Italy) che circondano un palco con un palo da lap-dance al centro. Luogo di intrattenimento serale per ospiti di rilievo prevalentemente maschili. […] Molti gli arredi realizzati in Italia: solo di divani se ne contano almeno 47. E made in Italy sarebbe anche uno scopino per il wc da 700 euro e un porta carta igienica da mille euro.»
Ma come diavolo hanno fatto i nemici di Putin a procurarsi una documentazione così dettagliata? Secondo il Corriere della Sera, grazie al rendering e progetti pubblicati sul suddetto sito (anche se non capiamo come, da questo, avrebbero fatto a stimare il prezzo dello scopino e del porta carta igienica); secondo il sito messo su dagli scagnozzi di Navalny, invece, oltre alla collaborazione di un ebanista (nel sito, raffigurato con il volto saggiamente celato) che aveva lì lavorato, «(Ci ha aiutato) uno degli importanti imprenditori che hanno lavorato alla sistemazione del palazzo. Era così sbalordito e infuriato dal lusso della decorazione e dai prezzi folli dei mobili che ci ha inviato un piano architettonico dettagliato di questo oggetto. C’è tutto: dal disegno di motivi sul pavimento, al posizionamento dei mobili, […] persino del divano sul quale si siede Vladimir Putin, dei letti dove dorme, i tavoli ai quali mangia…»
Ma, intanto, perché mai un imprenditore edile dovrebbe essere infuriato dei “prezzi folli” spesi dal suo committente? E perché mai – come attesta il sito di Navalny – una collinetta ripresa da una foto satellitare dovrebbe celare “ovviamente” un campo di Hockey su ghiaccio”? Perché mai, come attesta Wired «Tra le prove che non si tratta di un hotel, come hanno riportato i media di stato russi, (ma della residenza di Putin) c’è il fatto che la sorveglianza del palazzo è gestita dai servizi segreti russi con dei veri checkpoint visibili anche su Maps» quando poi i «veri checkpoint visibili anche su Maps» si riducono ad una anonima baracchetta che avrebbe potuto essere gestita anche da un operaio cantoniere? Ma come si fa a dar credito a questa buffonata che ha la stessa credibilità della foto del “water d’oro” di Yanukovich?
E a fare da pendant con la “notizia” della Reggia di Putin, da anni, l’immancabile ritornello sul “tesoro personale” di Putin che, secondo, Il Riformista ammonterebbe a duecento miliardi di dollari. Un classico della guerra, come il “tesoro personale” di Gheddafi (400 miliardi di dollari). Erano, in realtà, soldi dello stato libico depositati in banche britanniche. Ucciso Gheddafi, verosimilmente, se li sono spartiti i paesi della Nato. Forse, con Putin sarà più difficile farlo.
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