Di sconfitta in sconfitta
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di Andrea Zhok
Di
sconfitta in sconfitta, perdendo secondo il Corriere una brigata al
giorno, combattendo senza calzini e a colpi di vanga, esauriti da tempo
di missili, travolti ogni mese da una delle nuove Zauberwaffen della
Nato, guidati da generali alcolisti e da un presidente pazzo e malato, i
Russi ieri hanno completato la conquista della roccaforte di Bakhmut
(Artemovsk).
Esattamente ad un anno di distanza dalla conquista dell’altra roccaforte inespugnabile di “Azovstal” a Mariupol.
Ora rimane solo la terza e ultima linea difensiva.
Questo
nonostante l’Ucraina si sia giovata di armamenti e addestramento Nato
dal 2016, e nonostante dopo lo scoppio della guerra la Nato abbia
sostenuto l’esercito ucraino svuotando i propri arsenali convenzionali,
addestrando le truppe, fornendo e pagando mercenari stranieri, e
nonostante il budget ucraino sia oramai sostenuto soltanto dai
finanziamenti a perdere occidentali.
Confesso di essere
stupito, perché per quanto bassa potesse essere la stima nei confronti
della lungimiranza del blocco occidentale, di fronte ad uno sforzo
pazzesco e concorde del genere, con sanzioni economiche durissime, mi
sarei aspettato almeno qualche rovesciamento del fronte. (Prospettiva
peraltro assai preoccupante, perché sappiamo tutti che una Russia
davvero in difficoltà, che temesse per la propria esistenza,
rappresenterebbe la più pericolosa delle prospettive.)
Invece si sta
prospettando lo scenario più catastrofico tra quelli immaginabili per
l’Occidente (meglio, per l’Europa, gli USA se la caveranno come sempre).
Uno
sforzo economico-bellico del genere, con una situazione aggravata dalla
distruzione delle linee di approvvigionamento energetico russo, non
poteva che rappresentare nel medio-lungo periodo un quadro drammatico, a
meno che non si fosse realizzato uno scenario particolarissimo.
L’unico
scenario su cui l’Europa poteva scommettere, scenario fantapolitico, ma
almeno inizialmente fantasticabile, era la prospettiva di una Russia
che si scioglieva come neve al sole, dove un cambiamento di regime
avrebbe rimesso un orsetto gommoso tipo Eltsin al Kremlino, dando il via
ad un nuovo saccheggio occidentale, come quello degli anni ’90.
Oggi possiamo affermare con tutta la certezza che la storia consente, che questa non è una prospettiva realizzabile.
Ogni
altro scenario oscilla tra due opzioni, ad un estremo abbiamo
un’escalation illimitata della partecipazione Nato fino all’Olocausto
nucleare, all’estremo opposto abbiamo uno sfondamento russo che pone
fine all’esistenza dell’Ucraina arrivando ai confini Nato di Polonia e
Romania.
In mezzo tra questi estremi abbiamo vari stadi intermedi di
congelamento del fronte su linee mediane (il Dnepr?), con il perdurare
di un conflitto a bassa intensità, come guerriglia o terrorismo, capace
di andare avanti per decenni.
Dunque in tutti gli scenari disponibili l’errore di valutazione fatto dalle oligarchie europee rimarrà nei libri di storia.
Esso
apre a cascata una fase di drammatico ridimensionamento del ruolo
economico e culturale dell’Europa, ponendo fine a quella fase dominante
avviata tra XVI e XVII secolo, arrestatasi sì con le due guerre
mondiali, ma poi proseguita in alleanza con gli USA negli ultimi
settant’anni.
L’impoverimento delle popolazioni
europee, iniziato dopo la crisi subprime – anch’essa originatasi per
decisioni americane – subirà un’accelerazione progressiva dovuta alla
convergenza dell’aumento dei costi di produzione (energia e materie
prime), della riduzione dei mercati di esportazione (fine della
globalizzazione), e della necessità di un aumento stabile delle spese
militari.
Non mi illudo che a questa catastrofe
indotta da scelte politiche scellerate le popolazioni europee –
stordite, depoliticizzate, ipnotizzate in modo terminale – saranno in
grado di reagire.
Ma è certo che in altre epoche, intere dinastie regnanti hanno perso la testa per molto meno.
Fonte: Andrea Zhok
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