La voce del padrone alla Bocconi: in Ucraina siamo forse ad una svolta?
A volte per capire l’aria che tira sulle grosse questioni internazionali è utile ignorare il berciare di servi e ascari locali e ascoltare direttamente la voce del padrone, voce che di solito si materializza in sedi preposte a questa funzione. Una di queste voci si è materializzata al Future Leader Policy Forum attualmente in corso all’Università Bocconi di Milano, il tempio neoliberale-atlantista italiano, una sede più che appropriata al caso. Il suo nome è Charles Kupchan, professore di relazioni internazionali alla George Town University, già membro dello staff del consiglio di sicurezza americano sotto Bill Clinton e poi di nuovo sotto l’amministrazione Obama, e dal 2014 al 2017 assistente speciale al presidente usa e responsabile per le relazioni con l’Europa. Insomma, un uomo ben incistato nel deep state americano. Il tema in discussione è la guerra in Ucraina.
Charles Kupchan ha aperto il suo intervento lodando la capacità di
resistenza dell’Ucraina, che ha tenuto testa alla Russia in un modo che
nemmeno lui non si sarebbe aspettato. “E tutto questo è un bene” precisa Kupchan che poi entra nel vivo del suo intervento:
“In
questo senso noi dobbiamo aiutare l’Ucraina in tutti i modi a
riprendersi tutto il territorio possibile nei prossimi mesi. Detto
questo non credo che l’Ucraina riuscirà a riprendersi indietro ogni
metro del suo territorio. Lo speriamo, ce lo auguriamo, è quello che
Zelenskj dichiara di voler fare; tuttavia, io penso che si debba essere
realisti e che dobbiamo avere un piano B nell’eventualità che al termine
di questa offensiva alcune porzioni del territorio ucraino,
probabilmente la Crimea, forse qualcosa del Donbass, non sia sotto il
controllo ucraino. Per questo penso che noi dobbiamo avere una
conversazione pacata all’interno della Nato con l’Ucraina su cosa
succederà quando arriveremo a quel punto e non credo che la risposta
sarà: avanti come prima. Penso che dobbiamo guardare in modo realistico
ai costi di questa guerra, pesarli con attenzione e confrontarli con
l’argomento che si deve seguitare con la strategia attuale fino a quando
sarà necessario.
Ci sono quattro motivi che mi fanno pensare che sia tempo di trovare una soluzione diversa.
Primo,
questa è una guerra che sta distruggendo l’Ucraina e io credo che sia
molto meglio avere un Ucraina in possesso diciamo del 89% del suo
territorio ma che sta ricostruendo il suo futuro, piuttosto che un
Ucraina che potenzialmente è diventata uno stato fallito perché
coinvolta in una guerra senza fine.
Secondo, questa è una guerra
che può degenerare. Abbiamo visto missili abbattersi sul territorio
polacco, quindi della Nato. Abbiamo visto jet da combattimento russi
costringere all’atterraggio un drone americano. Un paio di settimane fa
abbiamo visto dei droni esplodere sopra al Cremlino; questa è una guerra
che ha tutto il potenziale per diventare la terza guerra mondiale. Di
conseguenza dobbiamo finirla il prima possibile.
Terzo, questa è
una guerra che sta polarizzando il sistema internazionale. Da una parte
gli Usa con i suoi alleati europei ed asiatici, dall’altra Russia e
Cina, due blocchi contrapposti mentre la maggior parte del resto del
mondo non prende parte. Indonesia, Arabia Saudita e anche grandi
democrazie come India e Brasile dicono di non voler prendere parte a
questo. Questo è uno sviluppo pericoloso perché invece noi abbiamo
bisogno che le grandi nazioni cooperino per affrontare la questione
climatica e gestire l’intelligenza artificiale.
Infine, mi
preoccupo per noi. Per dirla diversamente temo il rischio del populismo
illiberale nei nostri paesi. Il centro politico di tutti i paesi
occidentali si è indebolito e assistiamo all’avanzata di individui con
tendenze illiberali. Per dirla in poche parole non sono assolutamente
certo che se oggi Biden dovesse presentarsi davanti al congresso
americano dicendo di aver bisogno di altri 30 miliardi per sostenere
l’Ucraina, il congresso glieli darebbe. Per cui dal mio punto di vista
Biden sarà messo meglio per la corsa alla Casa Bianca se la guerra in
Ucraina sarà finita, o sarà in via di risoluzione. In caso contrario con
la guerra ancora in corso e con altre richieste di soldi, Trump ne
approfitterebbe. Non vogliamo certo vedere l’Ucraina vincere la guerra
per poi magari il giorno dopo assistere allo sgretolamento interno delle
nostre democrazie.”
In quest’ottica l’autorizzazione a
fornire gli F 16 all’Ucraina sarebbe un passo per congelare il conflitto
attuale e allo stesso tempo preparare l’Ucraina a convivere per sempre
con il pericolo Russo. Perché, conclude Kuphchan prospettando una
soluzione di lungo termine tipo Corea, le cose ormai stanno così e anche
quando questa guerra sarà finita da quella zona proverrà una minaccia
continua per l’Ucraina.
Il discorso di Charles Kupchan ha una sua logica e per certi versi dice perfino cose condivisibili, come il potenziale da terza guerra mondiale insito in questo conflitto ad esempio. Certo, è la logica del padrone, del dominatore che analizza la situazione dal suo punto di vista ma proprio per questo è una logica fondata su una volontà sovrana, contrariamente a quella dei servi coloniali che ha come unico scopo quello di indovinare e anticipare i desiderata del padrone, e quindi va presa seriamente in considerazione. Perché il bello dei padroni è che se ne fottono di quello che le pezze da piedi ai loro ordini hanno sostenuto in loro vece fino a un secondo prima. E in effetti guardando il video (qui) non si può fare a meno di notare una certa soddisfazione, quasi una goduria, delinearsi sul volto del professor Kupchan mentre declina i quattro punti cardinali del suo intervento. Come a dire, questo imprimetevelo bene nelle vostre testoline subalterne. Possiamo stare certi che se il discorso di Kupchan dovesse essere confermato dalle azioni del governo usa, tra non molto tra i vari galeazzo musolesi del mainstream italiano ed europeo scoppierà la gara a chi sosterrà con maggior vigore atlantista che la guerra deve finire al più presto, altrimenti Trump vince le elezioni usa.
Un altro punto che emerge dal discorso di Kupchan è quello che ha tutta l’aria di essere un avviso di sfratto all’ex comico ucraino. Fino a oggi gli Usa hanno puntato sul cavallo Zelensky per vincere la corsa in Ucraina. Ma se il cavallo non riesce a vincere la gara in tempi utili, nonostante gli aiuti generosi della scuderia, allora il padrone della scuderia ha il diritto di fermare tutto e cambiare strategia. Fondamentalmente attraverso Zelensky gli Usa volevano capitalizzare sul passo falso di Putin in Ucraina, farlo sanguinare a morte e magari provocare un regime change in Russia. Ma anche senza arrivare al cambio di regime, l’isolamento economico e diplomatico avrebbe dovuto ridurre la Russia nelle stesse condizioni degli anni Novanta del secolo scorso, quando era completamente in balia delle organizzazioni governative internazionali e dei fondi di investimento, esattamente come l’Italia oggi. Zelensky ha fallito entrambi gli obbiettivi e oggi la situazione internazionale è ancora più complicata che prima della guerra e addirittura rischia di minare il potere dell’élite occidentale (il pericolo del populismo illiberale menzionato da Kupchan). Quindi, pare di capire dalle parole del professore di relazioni internazionali, meglio fare un bel reset e attrezzarsi per il lungo termine.
Certo Charles Kupchan non è l’oracolo di Delphi e nemmeno il capo supremo della Nato, ma non è neanche un Gianni Riotta qualsiasi. Il suo intervento alla Bocconi s’inserisce nella serie di interventi critici che sempre più spesso escono sulla stampa Usa, ma curiosamente non su quella europea. E qui sta una parte del problema che è tutto nostro; perché scrollarsi di dosso lo status di fondo servente sembra quasi una mission impossible.
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