Il colpo di Stato a Kiev. La manina di Biden incendiò la guerra
di Jeffrey D. Sachs - 28/05/2023
Fonte: Il Fatto Quotidiano
L’allora vicepresidente Usa pianificò nel 2013 il governo
che sostituì quello neutrale del leader poi cacciato nel 2014. E così la
Nato poté guardare sempre più provocatoriamente a Est
“Chi
controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente
controlla il passato”, scriveva George Orwell in 1984. I governi cercano
continuamente di distorcere la percezione pubblica del passato.
Per
quanto riguarda la guerra in Ucraina, l’amministrazione Biden ha
ripetutamente e falsamente affermato che il conflitto è iniziato con
l’invasione ingiustificata del Paese da parte della Russia, il 24
febbraio 2022. In realtà, la guerra è stata provocata dagli Usa e i
principali diplomatici statunitensi lo avevano previsto almeno da dieci
anni. Ciò significa che il conflitto si sarebbe potuto evitare e che ora
dovrebbe essere fermato attraverso i negoziati.
Riconoscere che la
guerra è stata la risposta a una provocazione non è un modo per
giustificare l’invasione russa, ma un modo per capire come fermare la
carneficina. Per la Russia, una strada di gran lunga migliore sarebbe
stato di intensificare la diplomazia con l’Europa e con il mondo non
occidentale per contrastare il militarismo e l’unilateralismo
statunitense. La spinta verso l’espansione della Nato, così fortemente
voluta dagli Usa, è molto malvista dal resto del mondo e Mosca avrebbe
ottenuto probabilmente molto più successo dispiegando i suoi diplomatici
invece di scatenare un conflitto militare.
Il presidente americano e
il suo entourage descrivono continuamente questa guerra con il termine
“unprovoked” (ingiustificata, non provocata, ndt). Basti leggere, e sono
solo i casi più recenti, il discorso di Biden nel primo anniversario
dell’invasione, il comunicato stampa della Nato del 4 aprile 2023 dopo
la visita di Zelensky e la dichiarazione finale del G7 di Hiroshima.
(…)
Le provocazioni degli Usa sono state essenzialmente due. La prima è
stata la volontà di includere Ucraina e Georgia nell’Alleanza atlantica,
per circondare la Russia nella regione del Mar Nero con Paesi Nato
(andando in senso antiorario: Ucraina, Romania, Bulgaria, Turchia e
Georgia). La seconda è stata l’instaurazione di un regime russofobico in
Ucraina dopo il rovesciamento violento del presidente filorusso Viktor
Yanukovych, nel febbraio 2014. La guerra in Ucraina è iniziata con il
rovesciamento di Yanukovych nove anni fa, non nel febbraio 2022 come
vorrebbero farci credere il governo statunitense, la Nato e i leader del
G7.
Biden e i suoi consiglieri di politica estera si rifiutano di
discutere queste radici della guerra, perché riconoscerle minerebbe
l’amministrazione democratica su almeno tre fronti. In primo luogo,
rivelerebbe che la guerra avrebbe potuto essere evitata o comunque
fermata in tempo, risparmiando all’Ucraina le devastazioni attuali e
agli Stati Uniti oltre 100 miliardi di dollari di spese in aiuti
militari e non. In secondo luogo, rivelerebbe il coinvolgimento
personale di Biden nel conflitto, in qualità di corresponsabile del
rovesciamento di Yanukovych e, prima ancora, di convinto sostenitore del
complesso militare-industriale americano e dell’espansione della Nato.
In terzo luogo, costringerebbe Biden al tavolo dei negoziati, mettendo
in discussione proprio la politica dell’allargamento dell’alleanza.
Gli
archivi storici mostrano in modo inconfutabile che Washington e Berlino
avevano promesso ripetutamente al presidente sovietico Mikhail
Gorbaciov che la Nato non si sarebbe mossa “di un centimetro verso est”
dopo che l’Urss avesse sciolto l’alleanza militare del Patto di
Varsavia. Invece gli Usa cominciarono a pianificare l’espansione della
Nato a est già all’inizio degli anni 90, ossia molto prima che Putin
arrivasse al potere in Russia.
I diplomatici statunitensi e i leader
ucraini erano ben consci che l’allargamento dell’Alleanza avrebbe potuto
portare alla guerra. Lo statista americano George Kennan sul New York
Times definì il progetto di Washington un “fatale errore”: “Ci si può
aspettare che una tale decisione infiammi le tendenze nazionalistiche,
anti-occidentali e militaristiche dell’opinione pubblica russa e che
ripristini un’atmosfera da guerra fredda nelle relazioni tra Est e Ovest
e che spinga la politica estera russa in direzioni decisamente sgradite
per noi”.
Il Segretario alla Difesa del presidente Bill Clinton,
William Perry, arrivò quasi al punto di dimettersi per protesta.
Ricordando quel passaggio cruciale, in un’intervista del 2016, Perry ha
detto: “Il primo atto che ci ha portato davvero su una cattiva strada è
stato iniziare a espandere la Nato coinvolgendo nazioni dell’Europa
orientale, alcune confinanti con la Russia. A quel tempo stavamo
lavorando a stretto contatto con Mosca. I russi stavano cominciando ad
abituarsi all’idea che la Nato non fosse più un nemico, ma erano molto a
disagio all’idea di avere l’Alleanza fin sotto i loro confini e ci
avevano caldamente invitato a non proseguire oltre”.
Nel 2008,
l’allora ambasciatore americano in Russia William Burns, oggi direttore
della Cia, inviò un cablo a Washington in cui descriveva nei dettagli i
gravi rischi dell’allargamento della Nato: “Le aspirazioni dell’Ucraina e
della Georgia a entrare nella Nato non solo toccano un nervo scoperto
in Russia, ma suscitano serie preoccupazioni per le conseguenze sulla
stabilità della regione. La Russia non solo percepisce questa mossa come
un accerchiamento e un tentativo di ridurre la sua influenza nell’area,
ma teme anche conseguenze imprevedibili e incontrollate che potrebbero
compromettere seriamente gli interessi della sua sicurezza nazionale.
Gli esperti ci dicono che la Russia è particolarmente preoccupata che le
forti divisioni presenti in Ucraina sull’adesione alla Nato, con gran
parte della comunità etnica russa contraria al progetto, possano
provocare una grande spaccatura con violenze e, nel peggiore dei casi,
lo scoppio di una guerra civile. In questa eventualità, la Russia
dovrebbe scegliere se intervenire, decisione di fronte alla quale
preferirebbe non trovarsi”.
I leader ucraini, dal canto loro,
sapevano perfettamente che fare pressione per l’allargamento della Nato
all’Ucraina avrebbe significato la guerra. Del resto, l’ex consigliere
di Zelensky Oleksiy Arestovych ha dichiarato in un’intervista del 2019:
“Il nostro prezzo per entrare nella Nato è una grande guerra con la
Russia”.
Nel periodo tra il 2010 e il 2013 Yanukovych aveva sostenuto
la neutralità del suo Paese, in linea con l’opinione pubblica
maggioritaria. Ma gli Stati Uniti hanno lavorato segretamente per
rovesciarlo, come si evince dalla registrazione di una telefonata tra
l’allora vicesegretario di Stato americano Victoria Nuland e
l’ambasciatore statunitense Geoffrey Pyatt in cui pianificavano il
governo post-Yanukovych settimane prima del colpo di stato. Nella
telefonata, Nuland riferisce di agire in stretto coordinamento con
l’allora vicepresidente Biden e il consigliere per la sicurezza
nazionale Jake Sullivan. Il trio Biden-Nuland-Sullivan oggi è nei posti
di comando per decidere della politica statunitense sull’Ucraina.
Dopo
il rovesciamento di Yanukovych è scoppiata la guerra in Donbass e la
Russia ha rivendicato la Crimea. Il nuovo governo ucraino ha chiesto
l’adesione alla Nato e gli Usa hanno armato e aiutato a ristrutturare
l’esercito ucraino per renderlo interoperabile con quelli dell’Alleanza.
Nel 2021 ancora la Nato e l’amministrazione Biden si sono fortemente
impegnati garantire a Kiev un futuro nella Nato.
(…) Riconoscere che
al centro del conflitto c’è la questione dell’allargamento Nato
significa capire che le armi americane non metteranno fine alla guerra.
La Russia è pronta anche all’escalation, pur di impedire l’ingresso
dell’Ucraina nella Nato. Perciò la chiave per la pace in Ucraina è
rilanciare un negoziato basato sulla neutralità del Paese e sullo stop
all’espansione dell’Alleanza. L’insistenza dell’amministrazione Biden
sull’entrata di Kiev nella Nato ha reso l’Ucraina una vittima delle
ambizioni militari statunitensi, ambizioni sbagliate e irrealizzabili. È
ora di cessare le provocazioni e di riportare la pace in Ucraina con il
negoziato.
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