È iniziata la "battaglia dell'Atlantico"
di Emanuel Pietrobon - 19/04/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/e-iniziata-la-battaglia-dell-atlantico
Fonte: Insideover
Il centro gravitazionale della competizione tra grandi
potenze si sta allargando dall’Asia-Pacifico all’Emisfero occidentale,
ovvero le Americhe, dove l’asse Mosca-Pechino sembra intenzionato a
sfidare l’egemonia di Washington. Primakov e Wang contro Monroe.
Nella
consapevolezza del fatto che la sostenibilità dell’egemonia globale
degli Stati Uniti sia legata all’esistenza della dottrina Monroe, e in
risposta all’aggravamento della competizione tra grandi potenze in
Eurasia, Russia e Repubblica popolare cinese hanno deciso di avviare uno
scontro a lungo in fermento: la battaglia dell’Atlantico. La fine della
fase della stabilità strategica e della competizione concordata.
L’inizio di un ciclo di imprevedibilità avvolgente periferie e linee
rosse.
La Battaglia dell’Atlantico, per la demolizione della dottrina
Monroe e per il superamento del sistema internazionale
occidentalocentrico, cioè per la costruzione di un ordine
post-americano. È questo il contesto in cui va letto e inquadrato il
grand tour latinoamericano di Sergej Lavrov.
Il Brasile visto dalla Russia
Il
grand tour latinoamericano di Lavrov, l’architetto della politica
estera di Vladimir Putin dal lontano 2004, è iniziato a Brasilia, la
capitale della prima potenza del subcontinente, e non avrebbe potuto
essere altrimenti. La Russia vuole massimizzare il profitto derivante
dal ritorno al potere di un vecchio amico, Luiz Inácio Lula da Silva, al
quale deve la nascita del formato BRICS, il fallimento dell’ALCA e, più
di recente, lo schieramento velatamente filorusso di gran parte
dell’Iberoamerica nella guerra in Ucraina.
Accolto col tappeto rosso,
letteralmente, Lavrov è stato inviato in Brasile per conferire con
l’omologo Mauro Vieira e per incontrare Lula in persona, di ritorno da
un viaggio che l’ha portato fra Pechino e Abu Dhabi.
Posti centrali
nell’agenda verdeoro di Lavrov saranno occupati da guerra in Ucraina,
dedollarizzazione negli scambi paese-paese e internazionali,
potenziamento dei BRICS, ma i tre hanno in programma di discutere anche
di “commercio e investimenti, scienza e tecnologia, ambiente, energia,
difesa, cultura ed educazione”.
Lavrov è in Brasile perché Lula è un
tenace sostenitore della dedollarizzazione, nonché un appartenente alla
scuola del sempreverde bolivarismo, ma dietro la puntata verdeoro
potrebbe esserci dell’altro. Secondo fonti di InsideOver, sentite alla
vigilia del grand tour, la Russia sta cercando di spianare la strada al
ritorno del Venezuela nel club latinoamericano e confida nel supporto
del Brasile.
La fine dell’isolamento diplomatico del regime chavista,
destabilizzato dall’amministrazione Trump con l’aiuto variegato della
presidenza Bolsonaro, assesterebbe un duro colpo alla strategia della
massima pressione degli Stati Uniti nei confronti della cosiddetta
“Troika della tirannia”, ovvero il triangolo Caracas-L’Avana-Managua,
risultando l’equivalente latinoamericano della normalizzazione tra Siria
e Lega Araba.
Lula e Nicolas Maduro avrebbero dovuto incontrarsi
lo scorso gennaio a Buenos Aires, ai margini dell’ultimo vertice della
Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, ma le pressioni della
presidenza Biden e il peso del tentato putsch bolsonarista al Palácio do
Planalto spinsero il presidente brasiliano a fare un passo indietro.
Oggi, però, sicuro del sostegno del duo Putin-Xi e indebolito il partito
bolsonarista nelle istituzioni, Lula potrebbe essere pronto a benedire
il ritorno della Venezuela nella famiglia latinoamericana nel nome
dell’integrazione sudamericana.
Viaggio nel “Triangolo della resistenza”
Il
grand tour latinoamericano di Lavrov, il primo dal 2020, avrà altre
mete dopo il Brasile, cioè Venezuela, Nicaragua e Cuba, e terminerà il
21 aprile. Venezuela, Nicaragua e Cuba, tre paesi che per gli Stati
Uniti rappresentano la Troika della tirannia e che per la Russia sono,
invece, il Triangolo della resistenza. I destini della Battaglia
dell’Atlantico passano da qui.
I tre paesi hanno supportato la
narrazione russa degli eventi bellici in Ucraina, insieme al resto del
subcontinente hanno rifiutato ogni prospettiva sanzionatoria nei
confronti della Russia, e costituiscono il nocciolo duro
dell’antiamericanismo della regione. Questo è il ventre molle
dell’America nelle Americhe.
È all’interno di questo triangolo che si
trovano gli assetti paramilitari e di intelligence schierati da Mosca
nel subcontinente, dai consiglieri del Gruppo Wagner in Venezuela alla
base sigint in Nicaragua, ed è qui che le probabilità di uno o più
remake della crisi missilistica cubana sono più elevate che altrove. Qui
i porti sono già aperti all’attracco di navi militari russe, la
cooperazione militare e securitaria è già estesa – la Russia è la
principale rifornitrice di armi di Nicaragua e Venezuela – e circolano
voci sull’inaugurazione di basi militari russe dai primi anni 2010.
Managua, provincia di Mosca
Se
la fermata verdeoro è stata programmata allo scopo di capitalizzare le
aspirazioni egemoniche di Lula, il tour nel ventre molle dell’America
nelle Americhe serve a ribadire un supporto che, fino alla pandemia di
COVID19, sembrava essere in procinto di scemare. Un do nell’attesa che
arrivi il momento del des.
I tre paesi abbisognano di ossigeno, sotto
forma di investimenti, cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari,
che Mosca ha ed è disposta a dare. I tre paesi abbondano di risorse
naturali, dagli idrocarburi ai metalli preziosi, ma non hanno i mezzi
per estrarle e le sanzioni occidentali gli impedirebbero di venderle; la
Russia ha dei giganti minerari ed energetici che potrebbero sia scavare
sia agire da acquirenti e/o da intermediari. I governi dei tre paesi
temono insurrezioni sobillate dall’esterno, la Russia ha gli strumenti
per sopprimerle.
Il tramonto della dottrina Monroe
Lavrov è in
Latinoamerica per catalizzare il processo di dedollarizzazione,
propedeutico al rafforzamento del rublo e alla sponsorizzazione di MIR e
famiglia, e per stuzzicare le fantasie di rivolta all’egemonia
americana che imperversano da Città del Messico a Buenos Aires. Perciò i
tentativi di solleticare l’irredentismo messicano, cioè la questione
delle terre cedute agli Stati Uniti fra il 1845 e il 1848, che sanno di
provocazione dal sapore guglielmino – il telegramma Zimmermann. E perciò
la pubblicazione di un lungo articolo sulle relazioni
Russia-Latinoamerica, scritto da Lavrov in persona, alla vigilia del
primo grand tour della diplomazia russa dalla formulazione del nuovo
Concetto di politica estera.
L’aspettativa del Cremlino è di
accendere un interesse collettivo nella Russia, presentata agli occhi
dei politici e delle masse come una forza liberatrice, in maniera tale
da avere un ricco mazzo di carte da giocare contro l’America nelle
Americhe. Nell’attesa dello showdown.
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