Il modello Lula
di Massimo Fini - 28/04/2023
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Fonte: Massimo Fini
Appena diventato Presidente operativo ed operante del
Brasile il primo gennaio del 2023 scalzando Bolsonaro Lula ha messo
subito le mani avanti: “non daremo armi all’Ucraina”. Perciò è stato
immediatamente bandito dalla comunità Internazionale e considerato un
appestato. Quando nei media e fra i politici si parla di “comunità
internazionale” riferendosi così a tutto il mondo, ci si dimentica che
di questa comunità fanno parte anche la Russia, l’India, la Cina e gran
parte del mondo sudamericano e non solo gli Stati Uniti, il Canada e
l’Unione Europea.
Dopo una breve visita di parata a New York
(l’‘amico americano’ va comunque tenuto buono benché, in realtà, sia
nemico non solo del Brasile diretto da Lula ma di tutti i paesi che
sotto la guida del venezuelano Chávez hanno intrapreso la via del
cosiddetto “socialismo bolivariano”) Lula ha aggravato la propria
posizione agli occhi della “comunità internazionale”, come viene
comunemente intesa, andando a far visita una decina di giorni fa a Xi
Jinping mentre il ministro degli Esteri russo Lavrov andava
contemporaneamente a Brasilia. Fra i progetti cino-brasiliani c’è quello
che gli scambi tra i due paesi avvengano in moneta cinese (yuan) e non
in dollari, insieme a molti altri tutti ostili agli Stati Uniti. Il
concetto di “comunità internazionale” sembra significare, lessicalmente,
il mondo intero, così lo si intende quando si scrive o si dice “la
comunità internazionale condanna”, “la comunità internazionale approva” e
così via, dimenticando che di questa supposta “comunità internazionale”
non fanno parte la Russia, l’India, la Cina e buona parte della grande
realtà sudamericana. Ne fanno parte Stati Uniti, Canada, Unione Europea,
punto e basta.
Gli europei, con gli Stati Uniti, sono troppo
concentrati su sé stessi e non vedono le realtà di altre culture e di
altri popoli che non sono inseriti nel “totalitarismo democratico” e non
si rendono conto che modificazioni in questo mondo “altro” possono
avere ed hanno un impatto, esso sì, globale. Prendiamo la posizione di
Lula sulla foresta amazzonica, almeno di quella foresta amazzonica che
fa parte del Brasile, e quella di Bolsonaro. Bolsonaro aveva disboscato
circa un terzo di questa foresta a favore dei garimpeiros e delle grandi
fazenda. Questa dovrebbe essere una questione, anzi un dramma, che
riguarda tutti i paesi del mondo perché la foresta amazzonica è un
polmone indispensabile oltre ad essere un crogiuolo di biodiversità sia
nell’universo umano che animale che vegetale. Nelle intenzioni di Lula
c’è di dare uno stop a questo disboscamento e di ingaggiare battaglia
contro i garimpeiros anche se questo provoca poi ulteriori problemi
perché i garimpeiros non sono tutti dei delinquenti e hanno anch’essi il
diritto di vivere. Se si ignora l’Amazzonia è poi inutile fare grandi
progetti di “transizione ecologica” che per ora si limita alle truffe
del “green” e del “bio”, brand concettuali di cui si sono subito
appropriati gli imprenditori internazionali, cioè i veri inquinatori.
Lula
si inserisce nel grande progetto del “socialismo bolivariano”(dal
venezuelano Simon Bolivar che ai primi del Ottocento aveva immaginato
una “Grande Colombia” che unisse tutti, o gran parte, i paesi
latinoamericani). A questo progetto aderiscono attualmente Bolivia,
Venezuela, Nicaragua, Cuba mentre simpatizzano l’Argentina, Colombia,
Perù, Messico. Ovviamente, Brasile e Argentina, per le loro dimensioni
devono essere più cauti nei confronti dell’ “amico americano”, mentre,
per esempio, in Nicaragua gli ambasciatori Yankee, gli odiati gringos,
vengono cacciati a pedate nel sedere.
Che cos’è il “socialismo
bolivariano”? Facciamolo dire dalla deputata venezuelana Tania Díaz, che
così si è espressa per la casa editrice italiana Mimesis: “Stiamo
soppiantando il concetto di democrazia rappresentativa, in cui il popolo
elegge rappresentanti che governino per lui, per sostituirlo con quello
di democrazia partecipativa e protagonista, che in modo non
trasferibile restituisce al popolo il potere di governare, di esercitare
la sovranità e lo rende padrone del proprio destino”. Inoltre, “il
socialismo bolivariano” si propone di limitare, se non di eliminare, le
grandi differenze sociali che caratterizzano il cosiddetto Occidente
senza però negare apoditticamente la necessità dello Sviluppo. Vasto
programma avrebbe detto cinicamente De Gaulle. Però noi crediamo che
sarebbe bene che i cosiddetti occidentali invece di continuare a
guardare ossessivamente il proprio ombelico dessero un’occhiata anche a
quello che succede in “altri mondi”, che non sono metafisici o
iperuranici, ma operano qui su quella Terra che dovrebbe essere di
tutti.
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