Il lavoro
di Andrea Zhok - 30/04/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-lavoro
Fonte: Andrea Zhok
Nelle ultime discussioni è riemerso abbastanza spesso un
ritornello critico intorno al tema del lavoro. L'argomento suona più o
meno così: "Mica si deve sgobbare per fare soldi, anzi lavorare non è un
modello di vita, non è un esempio virtuoso, di più il lavoro è qualcosa
di cui bisogna liberarsi." E questa cosa è persino presentata come un
recupero delle "autentiche istanze della sinistra" (e, in effetti, forse
è davvero così).
Ora, siccome questo punto è solo apparentemente banale, due parole di precisazione vanno spese.
Mi
trattengo dall'avviare una discussione retrospettiva sull'annoso
problema di cosa vada inteso come "lavoro", sulla differenza tra lavoro
alienato e disalienato, lavoro produttivo e improduttivo, ecc. Sono
tutte interessantissime discussioni svoltesi negli ultimi due secoli
(dagli scritti jenesi di Hegel, agli scritti giovanili di Marx, alle
rielaborazioni di Gramsci, fino alle obiezioni dei postmoderni.), che
però richiederebbero un saggio autonomo.
Venendo alle cose di base, è
innanzitutto del tutto chiaro che esistono lavori con caratteristiche
molto diverse, con condizioni di sfruttamento molto diverse, condizioni
di usura diverse, orari diversi, stimoli diversi, ecc. ecc. Dunque
generalizzazioni come "nel lavoro l'essere umano si realizza" o al
contrario "nel lavoro l'essere umano si aliena" possono semplicemente
essere vere talora e false talaltra.
Sappiamo, perché ci è stato
spiegato dal barbuto pubblicista di Treviri un secolo e mezzo fa, che
nel contesto capitalistico la tendenza generale - in assenza di
resistenza - è verso una compressione tendenziale delle condizioni di
lavoro: aumento degli oneri e riduzione dei compensi.
E', incidentalmente, quello che sta succedendo a tutti noi da anni.
Fare
resistenza a questa tendenza è doveroso a meno che uno non brami la
schiavitù, e chi non mette in piedi un'adeguata resistenza, banalmente,
verrà spremuto e buttato.
Questo è l'ABC.
Fare resistenza a questa tendenza però NON è fare resistenza al lavoro, ma allo sfruttamento del lavoro.
Confondere questi due piani è un errore grave.
Si
possono immaginare modi di lavorare migliori (molto, molto migliori,
invero), si possono immaginare pressioni e vincoli lavorativi minori, si
possono immaginare orari lavorativi ridotti, ecc.
Ma c'è un
inderogabile punto di fondo che rende il lavoro un'attività di valore
morale: finché le cose di cui ci nutriamo, le cose che vestiamo, le case
che abitiamo, gli oggetti che utilizziamo, ecc. saranno prodotti con
l'apporto di lavoro umano, in qualunque società, presente, passata o
futura, dare il proprio contributo lavorativo sarà semplicemente un
primario dovere morale.
L'odierna ampia divisione del lavoro fa
spazio per forme di lavoro estremamente diverse, che richiamano
capacità, investimenti, forme di fatica difficilmente commensurabili. Ma
sono tutti contributi al prodotto sociale. E prodotto sociale del
lavoro c'è sempre stato da che esiste la specie umana e continuerà ad
esserci per il prevedibile futuro.
Chi pensa di sottrarsi a tale contributo non compie un atto emancipativo, bensì un atto parassitario.
Sappiamo
bene che spesso siamo messi tutti nelle condizioni di esercitare il
nostro lavoro male, in modo inefficiente, frustrante, ed è perfettamente
comprensibile che qualcuno sotto queste condizioni non percepisca più
di dare un effettivo contributo e tenda a ritrarsi dal lavoro. Può
capitare e capita. Questa però è una disfunzione sociale che non toglie
niente al cuore della questione: contribuire con il proprio lavoro al
prodotto sociale è un dovere primario e non farlo è parassitismo, è
vivere alle spalle degli altri.
Mi rendo conto che ribadire una cosa del genere suonerà banale e ridondante per molti, e me ne scuso.
Tuttavia
in un'epoca in cui le nuove generazioni occidentali vengono su avendo
come modelli figli di papà, ereditiere, gente che vende la propria
immagine al miglior offerente (youtuber, tiktoker, influencer), e in cui
il rapporto tra livello degli introiti e livello del contributo
lavorativo è integralmente saltato, forse ricordare queste banalità può
avere uno scopo.
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