Sinagra: “Siamo arrivati al punto che per Vivere si deve Mettere a Rischio la Vita”
L’avvocato Augusto Sinagra, da sempre a difesa dei valori dei cittadini lo aveva promesso già lo scorso marzo: “Porterò i vaccini in tribunale”.
E’ arrivata la pubblica udienza sulla legittimità dell’obbligo vaccinale contro il Covid 19. Si tratta della sentenza più importante e attesa da quando è cominciata la pandemia da Covid 19. Diverse infatti sono state le sentenze negli ultimi mesi da parte dei tribunali che hanno deciso, chi per il reintegro di chi non aveva fatto il vaccino, chi per sanzionare le aziende. Ma è dalla sentenza del tribunale di Brescia che è partito tutto.
A tal proposito, tra i molti avvocati che hanno preso la parola, c’è anche Augusto Sinagra, che ha rilasciato un intervento molto impattante e deciso.
Sinagra: “Per poter Vivere si deve mettere a Rischio la Vita”
“Al di là di ogni giuridicismo siamo in questa sala per parlare di vita o di morte, questo è il problema. Mi sento come il Presidente De Gasperi alla conferenza della pace a Parigi nel 1947. Vedo che tutto mi è ostile in quest’Aula, a partire dalla richiesta di indossare la mascherina. A che punto siamo arrivati che per poter vivere, cioè lavorare, ricevere uno stipendio, provvedere alle esigenze familiari, si deve mettere a rischio la vita. Vi rendete conto dell’abominio in cui siamo caduti?“.
“Il collegio non dimostra rispetto con l’obbligo di mascherina e la presenza di un giudice che ha partecipato a produrre le leggi che sono oggetto di discussione”.
L’obbligo a sottoporsi a tutto il ciclo vaccinale ha causato l’allontanamento dal lavoro (con conseguente condizione di precarietà) decine di migliaia di sanitari e liberi professionisti che, laddove non dipendenti da un ospedale pubblico, si sono visti sospendere dagli ordini professionali di riferimento: parliamo di veterinari, psicologi, operatori socio assistenziali e sanitari, infermieri e medici.
Questi non hanno più potuto esercitare la professione, pena la possibilità di ricevere una multa da 10 mila a 50 mila euro e una condanna da 6 mesi a 3 anni di reclusione per esercizio abusivo della professione.
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