Donbass, Vittorio Rangeloni: “Mi chiede aiuto, ma io non posso farci nulla”
di Vittorio Nicola Rangeloni
Intanto un secondo pompiere fissava le macerie, dalle quali provengono le grida disperate della donna.
«Credi che sia possibile tirarla fuori viva?», chiedo al ragazzo.
Non avevo mai visto piangere un vigile del fuoco. Anche nelle situazioni più difficili hanno sempre trasmesso speranza e sicurezza. Per la prima volta in tutti questi mesi si è aperta una crepa lungo il mio muro interiore che in casi come questo blocca ogni coinvolgimento emotivo.
«Non rimane tempo, dobbiamo provare il tutto per tutto. Così è destinata a morire in pochi minuti. Se proviamo da quest’altro punto a sollevare la lastra… le probabilità sono scarse, ma non ci sono alternative. Potrebbe funzionare!», ha proposto il terzo uomo presente attorno alle macerie.
Il tutto è durato qualche secondo, dopodiché ho visto la testa della donna coperta di polvere grigia spuntare dalle macerie. Ce l’hanno fatta, credendo in quell’unica rischiosissima possibilità. Pochi minuti dopo la donna era già a bordo dell’ambulanza. Appena si sono chiusi gli sportelli posteriori del mezzo i pompieri in silenzio si sono messi in disparte, in silenzio, per fumare una sigaretta e fissare il vuoto con gli occhi lucidi, approfittando di una pausa di pochi minuti: la palazzina a poca distanza colpita nello corso della stessa porzione di razzi stava bruciando e bisognava andare a far supporto alla squadra di colleghi impegnata a poche decine di metri di distanza.
In questi ultimi mesi di terrore a Donetsk ho assistito quasi ogni giorno a molte situazioni estreme, pesanti, difficili da affrontare emotivamente. Lavorando in questo contesto ci si abitua a tutto, impari a mettere in pausa le emozioni affinché non influenzino il lavoro. Impari a rimanere freddo di fronte ad una vita che, davanti ai tuoi occhi, è in procinto di abbandonare il suo corpo fatto a pezzi dalle schegge delle bombe; impari a fare abitudine al fatto che sulle strade che percorri più volte al giorno possono piovere razzi e bombe, e nessuno sa quando cadrà il prossimo: sai solo che è questione di tempo. Minuti, ore o qualche giorno. Comprendi che tutto ciò è rischioso, ma allo stesso sei consapevole che tutto questo va raccontato.
*Post Facebook del 23 dicembre
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