Le armi che la Nato fornisce agli ucraini stanno confluendo attraverso canali segreti, ma non troppo, verso il Terrore internazionale. Una prospettiva sulla quale tanti avevano dato l’allarme, ma che ora si è fatta concreta.
Attacchi terroristici e armi NATO
Ad avvertire del pericolo è stato il presidente della Nigeria Muhammadu Buhari nel corso del 16° vertice dei capi di Stato e di governo della Commissione per il bacino del lago Ciad (LCBC) che si è tenuto ad Abuja.
La regione del Lago Ciad è un’area economicamente e socialmente integrata dell’Africa occidentale e centrale, che si trova a cavallo tra Camerun, Ciad, Niger e Nigeria, Paesi che hanno creato una forza comune per far fronte al Terrore che vi imperversa.
Così Buhari nel suo intervento: “Nonostante i successi registrati dalle truppe della Multinational Joint Task Force (MNJTF) e le varie operazioni nazionali in corso nella regione, le minacce terroristiche incombono ancora sulla regione. Sfortunatamente, la situazione nel Sahel e la guerra che infuria in Ucraina sono le principali fonti di armi e di combattenti che stanno rafforzando le fila dei terroristi nella regione” (al Manar).
Non c’è nulla di imprevisto in tutto questo. Nessuno sa che fine facciano le armi che vengono spedite in Ucraina, di cui tante certo arrivano al fronte (quando non sono distrutte dai russi durante il trasporto), ma altre vengono vendute al mercato nero, disperdendosi così in rivoli che arrivano in tutto il mondo.
Tanto
che i repubblicani Usa hanno chiesto un monitoraggio più stretto degli
armamenti inviati a Kiev. Un disegno di legge del quale si è occupato un
recente articolo del Washington post, che riferisce le preoccupazioni
sul punto di alcuni esponenti politici americani, per concludere che,
nonostante il Pentagono abbia inviato alcuni ispettori a monitorare le
spedizioni, non si è fatto granché.
Due ispezioni per 22mila armi
“All’inizio di novembre, – si legge sul Washington Post – gli osservatori statunitensi avevano fatto solo due ispezioni di persona da quando è iniziata la guerra nel febbraio scorso, e ciò rappresenta circa il 10% delle 22.000 armi fornite dagli Stati Uniti, compresi i missili terra-aria Stinger e i missili anticarro Javelin, che richiederebbero un controllo più accurato”.
Sulla violenza dispiegata dai terroristi che operano nel bacino del Ciad – Boko Haram e altri gruppi nati da tale matrice – poco si narra sui nostri media, se non quando le loro efferatezze arrivano al parossismo – come l’attacco al villaggio di Baga, in Nigeria, costato la vita a oltre duemila persone. E a volte si dice dell’efferatezze compiute contro i bambini, rapiti per farne bambini-soldato e attentatori kamikaze oppure delle “spose” nel caso delle bambine.
Potremmo elencare una serie di attentati a villaggi, città, chiese, scuole, ma ci limitiamo a riportare un cenno meno cruento e più recente, ripreso da un rapporto ripreso dal sito Amani.
“La violenza perpetrata dai gruppi terroristici che operano nel bacino del lago Ciad ha ulteriormente aggravato la situazione umanitaria nella regione, sfollando quasi tre milioni di persone, secondo le Nazioni Unite. A causa della terribile situazione della sicurezza alimentare, si dice che anche che circa 11 milioni di persone abbiano bisogno di assistenza umanitaria”.
Le armi ucraine non arrivano solo nel bacino del Ciad, si stanno disperdendo altrove nel mondo, in maniera minacciosa. E prima o poi saranno utilizzate anche contro chi le ha inviate, come insegna la storia dei mujaheddin afghani.
La lotta contro la tirannia, come tale è presentato il sostegno dell’Occidente a Kiev, ha i suoi lati oscuri.
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