La BCE rinnega la politica monetaria tanto cara a Draghi: sarà la fine di “SuperMario” e dell’Euro?
Nella riunione di Amsterdam della Banca Centrale Europea, Madame Legarde ha deciso di non seguire i consigli del suo predecessore, mettendo fine al quantitative easing ed all'era dei tassi negativi. Le politiche monetarie di Draghi sono state il "gioco di prestigio" con cui SuperMario ha tenuto in piedi la fragile struttura monetaria dell'eurozona, ingrassando nel contempo la grande finanza a lui tanto cara. Oggi il nostro premier è sempre più solo in questa Europa che potrebbe sciogliersi come neve al sole da un giorno all'altro.
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani) per ComeDonChisciotte.org
Sono passati poco più di due anni da quel marzo 2020, eravamo appena agli inizi della pandemia, quando Madame Legarde fu ripresa per i capelli dopo che aveva confessato al mondo intero: “Non siamo qui per ridurre gli spread” – a Francoforte sentirono il sangue gelato correre nelle vene e con davanti lo spettro di veder l’eurozona fatta a pezzi, nella notte vararono la più imponente operazione monetaria della storia europea (programmi per 1.850 miliardi), di fatto smentendo clamorosamente quanto dichiarato dalla Governatrice francese poche ore prima.
Oggi, Francoforte sceglie la strada opposta, nonostante che Draghi poche settimane fa in conferenza stampa dagli Stati Uniti avesse caldamente consigliato di non seguire la FED sulla strada del tightening.
Questo cambio di rotta era necessario? a cosa è dovuto? cosa si nasconde dietro a questa decisione che ripone in un cassetto le tanto magnificate politiche monetarie di Mario Draghi?
Intanto cerchiamo di capire quali erano le reali finalità, ai più nascoste, di queste politiche monetarie di cui il nostro premier ne è stato il padrino.
Il QE insieme alla politica dei tassi negativi, è servito fondamentalmente a raggiungere due obbiettivi principali:
- fare in modo che la BCE fosse di fatto, garante dei debiti degli stati membri;
- allontanare i risparmiatori dal porto sicuro dei Titoli di Stato per costringerli ad avventurarsi nell’oceano dei mercati speculativi;
Per come è strutturata l’eurozona, sapete tutti che la BCE non ha funzioni di prestatore di ultima istanza, per questo, pena la fine della moneta euro, Mario Draghi quando era governatore della BCE, dopo le intenzioni (“whatever it takes”), fu costretto a passare ai fatti, mettendo in piedi il QE.
Alla gente comune ed ai falchi tedeschi più tonti, fu presentato come propedeutico a rendere liquide le banche affinché ricominciassero a prestare.
Ma, come già spiegato più volte, spostare denaro da un conto deposito ad un conto di riserva, non cambia ne la quantità totale del deposito ne la musica. Infatti le banche hanno continuato a non prestare, perché, dovete sapere, una banca non decide di prestare in base al grado di liquidità dei suoi depositi, ma, bensì in funzione della probabilità che ha di vedersi rimborsato il prestito.
Siccome l’economia reale fa acqua da anni e quindi le “chance” di rimborso sono bassissime, le banche ed il mondo finanziario hanno preferito dirottare i loro risparmi – quelli appunto che prima erano investiti in TDS – nel mondo speculativo delle borse.
Bingo! giochino perfettamente riuscito e “standing ovation” per Draghi – da parte di quei pochissimi che tengono per le “palle” il mondo della finanza oltre che i governi – per l’ottimo lavoro svolto.
A quel punto per la grande finanza con tutta quella massa di denaro affluita nel grande Casino delle borse, fare il gioco delle tre carte attraverso le scommesse dei derivati, è stato semplicissimo.
Risultato: oggi abbiamo banche, fondi d’investimento, grossi risparmiatori ed addirittura Stati ed enti pubblici imbottiti di derivati; i quali addirittura, spinti al gioco al rialzo dai diavoli di Wall Street, arrivano a farsi prendere la mano coprendo i loro buchi di bilancio e le scommesse perse, attraverso altri derivati (MPS docet). Insomma la montagna di carta cresce a vista d’occhio.
Perché è chiaro che in molti casi i soldi veri non ci sono più, sono già nelle tasche del banco.
Quindi da una parte si fa il gioco della grande finanza con trasfusioni continue di denaro dalle tasche di tanti a quelle di pochi e dall’altra si tiene in piedi una folle unione monetaria, funzionale solo a spolpare i popoli del loro lavoro e dei loro asset, con gli Stati che diventano colonie a tutti gli effetti, totalmente sottomessi ai poteri profondi.
La domanda che ronza nella testa è sempre la stessa, ma cosa è cambiato in questi due anni per far sì che a Francoforte facessero una completa inversione di marcia?
Per il sottoscritto niente! ma per il main-stream è arrivata la paura delle paure, quella che da sempre viene usata per giustificare qualsiasi cosa (soprattutto le peggiori), agli occhi della gente: sto parlando di sua santità l’inflazione!
Ma l’euro non ci avrebbe dovuto proteggere da tutto e contro tutti? inflazione ed approvvigionamento energetico in primis? ma questa è un’altra questione, lasciamo stare per pietà e rimaniamo sul tema.
Dicevamo l’inflazione: è così che tutti i banchieri centrali ed il main-stream hanno cominciato a parlare e chiedere a gran forza di aumentare i tassi per fronteggiare il fenomeno. Finché la FED è partita ed ha fatto il suo dovere.
Peccato che nessuno dei banchieri centrali che operano sul pianeta terra abbia studiato la MMT e quanto afferma Warren Mosler sul tema tassi ed inflazione. Loro (i banchieri centrali), continuano in maniera del tutto inspiegabile ma certamente funzionale a qualcuno, ad interpretare la politica dei tassi in riferimento all’inflazione, perfettamente al contrario.
Eh sì, cari miei, alzare i tassi (al contrario del QE che è neutro a livello inflattivo), di per sé è una misura strettamente inflattiva, in quanto lo Stato è un pagatore netto di interessi verso gli altri settori dell’economia.
Questo aumento della spesa statale aumenta direttamente i redditi nominali e, nella misura in cui gli agenti che ricevono i pagamenti di interessi aumentano la loro spesa, i pagamenti di interessi statali supportano le vendite, la produzione e l’occupazione.
Sopresi! vabbè dai, ormai frode più frode meno, ci siete abituati, l’importante è non assuefarsi e restare lucidi.
Quando il governatore Powell si accorgerà che l’inflazione non scende, in USA non succederà un bel niente e quando invece l’inflazione poi tornerà a scendere in conseguenza dell’assenza di domanda, vedrete che tutti, politici e stampa main-stream in primis, usciranno con dichiarazioni ed articolate del tipo: “avete visto alzare i tassi ha funzionato”. L’Universo può essere infinito ma la stupidità dell’uomo no.
Se come abbiamo visto in USA succederà ben poco, altro conto invece sarà nel continente europeo, qui qualche problemino lo abbiamo, per due motivi: primo, il fenomeno inflattivo da noi (stante il fatto che siamo in recessione ), è quello peggiore, ovvero la stagflazione. Quindi, seguendo il ragionamento fatto sopra, l’aumento dei tassi farà salire ancor di più l’inflazione e conseguentemente aggraverà ancora di più lo stato recessivo delle economie dei paesi membri; secondo, i governi dei paesi membri, per come è strutturato il sistema-euro, non dispongono della necessaria elasticità nel deficit per poter intraprendere le adeguate politiche fiscali anticicliche a sostegno dell’occupazione e dei consumi e quindi per fronteggiare in maniera adeguata il fenomeno inflattivo stesso e lo stato recessivo dell’economia.
Dal momento che Draghi tutto questo lo sa molto bene, tanto da aver avvisato la Legarde di andarci piano nel seguire la FED, oltre ad aver istruito la stampa di regime su dove vorrebbe che si andasse – parrebbe abbastanza chiaro, a questo punto, che la mossa della BCE fosse proprio un attacco diretto contro il suo ex governatore.
Ora, non fraintendetemi, non sto assolutamente magnificando l’uomo del Britannia, è chiaro che lui tiene questa posizione in relazione alle politiche monetarie della BCE, per le stesse ragioni e per gli stessi interessi che lo guidarono allora nell’attuarle (e che vi ho spiegato precedentemente in modo chiaro), mica per spirito di patriottismo verso il suo paese.
E questa non è una fantasia di chi vi scrive, ma la realtà confermata dalla totale assenza delle necessarie politiche fiscali da parte del suo governo, che sarebbero necessarie a salvare le imprese e le famiglie italiane.
Se a questo ragionamento accoppiamo il fatto che l’euro è un prodotto del “deep state” USA, sostenuto politicamente e finanziariamente negli anni dalla FED, arriviamo alla facile conclusione che l’attacco in corso, oltre che verso Mario Draghi, appare anche diretto verso la moneta Euro e la sua fragile struttura.
E’ fuor di ogni dubbio che togliere in questo delicatissimo momento, agli stati membri, la garanzia da parte della BCE, provocherà costi più alti per finanziarsi ed un frazionamento tra i vari debiti pubblici. Questo effetto farà aumentare in modo esponenziale le probabilità che gli stati più indebitati, possano vedersi costretti ad uscire dall’euro per tornare alle monete nazionali.
A questo aggiungiamo che i paesi membri, a livello fiscale e geopolitico, sono divisi quasi su tutto, dal tetto al prezzo del gas, al salario minimo, dalle politiche fiscali a quelle appunto monetarie, per non parlare delle posizioni da tenere rispetto al delicato conflitto geopolitico che vede Ucraina e mondo occidentale da una parte e la Russia ed il resto del mondo dall’altra.
Una unione monetaria, che vede il salario di un tedesco essere tre volte tanto quello di un greco ed il greco spendere addirittura il 10% in più per fare il pieno, è chiaro anche all’uomo della strada che non può più stare in piedi. A meno che da Bruxelles non impongano con la forza, sotto stretto controllo medico e militare, ai greci ed a ruota a noi italiani (stante il limitato budget mensile per entrambi), un provvedimento che preveda il digiuno e fare il pieno di benzina a mesi alterni. Un mese si mangia per non morire ed il mese dopo si fa il pieno di benzina necessario per recarsi sul posto di lavoro per poter mangiare il mese dopo.
Draghi nel frattempo tace, evidentemente spiazzato dalla mossa di Francoforte e soprattutto per essere stato abbandonato dai suoi amici americani della FED.
Parentesi, qualcuno avverta Matteo Renzi – il quale non perde occasione per intestarsi l’avvento al governo di Sua Maestà Draghi, e Renato Brunetta che da giorni ripete di non riuscire a vedere la drammatica crisi economica in corso – che il governo dei migliori è riuscito in diverse imprese: a riportare a galla la crisi dello spread, a riportare la bilancia commerciale italiana in terreno negativo, a far salire il prezzo di benzina e gas a livelli mai visti e rendere il mercato del lavoro sempre più precario e sottopagato.
E mentre Draghi tace cercando di capire se ancora le sue “fratellanze” oltreoceano contano qualcosa, intanto, quasi a minacciare gli stessi poteri che lo hanno sostenuto – giocando alla Renzi per capirsi – manda avanti i giornali di regime, i quali tra mezze verità e le solite “fanfare”, cominciano già a chiedersi chi sarà il nuovo Draghi nelle vesti di colomba che sfiderà i falchi del nord per salvare la moneta in uso alle” Colonie d’Europa”: l’Euro e la sua struttura, dei quali solo oggi, la stessa stampa di regime è costretta, per ragioni di opportuno consolidamento di Draghi al potere, ad ammetterne i grossi problemi strutturali. [1] [2]
Per completare il disegno geopolitico che ruota intorno alle mosse della FED e della BCE, e cercare di capire se le mie tesi potrebbero in modo concreto, andare nella direzione giusta, non posso far a meno di evidenziare il forte intervento critico dell’amministratore delegato di JP Morgan e sostenitore del governo Draghi, Jamie Dimon, nei confronti delle politiche della FED. [3]
Un “uragano economico” sta per abbattersi sull’economia globale ha dichiarato il manager agli inizi di giugno, indicando la riduzione del bilancio e l’inversione dei programmi di acquisto di obbligazioni di emergenza da parte della FED come la principale preoccupazione.
Le previsioni sul cosiddetto Quantitative tightening parlano di un inizio questo mese e di un aumento fino a 95 miliardi di dollari in partecipazioni obbligazionarie ridotte.
“Non abbiamo mai avuto un QT come questo, quindi al momento è come se fossimo di fronte a qualcosa di imprevedibile su cui si potranno scrivere libri di storia per 50 anni“, ha osservato ancora Dimon, criticando senza mezzi termini proprio la FED.
Se a questo aggiungiamo le dichiarazioni di Biden: “Combattere l’inflazione è la nostra principale sfida economica in questo momento”, chiarendo che fornirà alla Federal Reserve lo spazio necessario e l’indipendenza per combattere proprio il rialzo dell’inflazione – parrebbe proprio che Draghi ed il mondo della grande finanza (a lui tanto caro), fossero stati abbandonati dai banchieri centrali.
Per chi di noi invece è cosciente e condivide il pensiero del presidente Putin, sul fatto “che non c’è via di mezzo tra l’essere un paese indipendente e una colonia nel mondo di oggi” – non restano che due soluzioni: o darsi da fare per svegliare chi ancora dorme oppure sedersi sul fiume e con un pezzo di pane in mano, attendere che passino i cadaveri.
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani) per ComeDonChisciotte.org
NOTE
[1] Il disastro di Lagarde e lo spettro di un’altra crisi – ilGiornale.it
[2] Ieri la Grecia, oggi l’Ucraina. L’euro è di nuovo minacciato da una crisi? – Formiche.net
[3] JP Morgan, uragano economico in arrivo: cosa significa e cosa potrebbe succedere | Sky TG24
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