Le ideologie antiumane dell’Occidente terminale
di Roberto Pecchioli - 12/05/2023
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Fonte: EreticaMente
I lettori più fedeli e pazienti si saranno avveduti che da
tempo, con i modesti mezzi intellettuali di cui disponiamo, stiamo
effettuando ricognizioni sulle ideologie della postmodernità
occidentale. Rubiamo all’amico Alessandro Gnocchi la definizione di
ricognizione: l’ atto coraggioso, oggi temerario, di oltrepassare le
linee in terra nemica, e perlustrare il campo avverso per osservare che
cosa vi accade e informare chi non intende piegarsi all’iniquità del
potere. Andare in ricognizione costringe a descrivere un panorama
devastato, da cui bisogna partire per resistere e contrattaccare.
La
nostra radicata convinzione è che nella terra del tramonto, l’Occidente
terminale, estenuato e nichilista, sia in azione un’ideologia
apertamente nemica dell’uomo sino a volerne la morte. Un odio di sé –
Scruton la definì oicofobia, l’avversione per ciò che è proprio – estesa
come un contagio all’intera specie umana. E’ l’esatto contrario dei
presupposti di una civiltà con tre millenni di vita che sta vivendo le
sue ultime, interminabili convulsioni dopo aver revocato in dubbio
prima, decostruito poi, infine ribaltato ogni idea ricevuta. Non per
caso, il torrente impetuoso e fangoso delle nuove idee dominanti ,
provenienti dal centro dell’Impero, gli Usa , chiama se stesso “ cultura
della cancellazione”. Un ossimoro, la prova di una volontà di potenza
al contrario che si ha la tentazione di attribuire all’azione
preternaturale. L’uomo faustiano – animato dall’ansia di conoscenza e di
infinito, aperto alla trascendenza – si rovescia nello “spirito che
sempre nega” , Mefistofele, la creatura con la quale stipula il patto,
vendendo l’anima.
Una lunga premessa, necessaria prima di addentrarci
nella ricognizione delle ideologie antiumane dell’Occidente ultimo. Ci
riferiamo, in particolare, all’animalismo, all’antispecismo e
all’apocalisse climatica, che sono i fili, i fiumi carsici che
attraversano e uniscono i frammenti del declino. Chi ci sta
traghettando verso la fine sono le classi dirigenti, impregnate di
un’ideologia apertamente antiumana. Un’istituzione finanziaria
internazionale, la banca BBVA, ha conferito il suo premio annuale a
Peter Singer, filosofo animalista, antispecista e antiumano.
Singer,
australiano, classe 1946, non è nuovo a riconoscimenti per la sua
attività culturale. Il suo testo più famoso è Liberazione animale (1975)
in cui espone tesi contro lo specismo, un termine coniato dallo
psicologo James Ryder sul modello di razzismo e sessismo, per riferirsi
alla minore considerazione attribuita dagli esseri umani alle altre
specie viventi. Entrambi lavorano all’equiparazione, prima etica, quindi
ontologica e legale, degli animali rispetto all’uomo, una condizione
oltretutto diseguale, giacché solo quest’ultimo agisce e pensa in
termini morali, giuridici, metafisici.
Umanizzazione degli animali ?
Piuttosto il contrario, animalizzazione degli uomini. Fatto sta che il
premio della banca, intitolato “Frontiere della conoscenza” ha
riconosciuto a Singer il “contributo al progresso morale” per aver
segnato “una svolta nella comprensione e fondazione dell’etica
applicandola al mondo animale, con notevoli conseguenze per la
legislazione internazionale sul benessere degli animali”. Il progresso
morale sarebbe quindi negare o rovesciare le differenze essenziali tra
uomo e animale. Progresso morale è affermare che l’uomo e il cane
devono ricevere lo stesso trattamento; è dire che tra salvare una
persona malata e salvare un animale sano, dovrebbe essere scelta la
seconda opzione. E’ ancora possibile, senza incorrere nella scomunica (
morale anch’essa) dei pasdaran animalisti, dire che filosofi alla Singer
non difendono tanto il fatto che gli animali siano trattati allo stesso
modo degli uomini quanto che gli uomini siano trattati allo stesso modo
degli animali? Così la pensava, quasi un secolo fa,, Gilbert K.
Chesterton.
A noi sembra una redenzione al contrario, un livellamento
verso il basso, un degrado del superiore più che un’elevazione
dell’inferiore. Ovvero, odio per la creatura umana. La tesi fondamentale
di Singer è che l’uomo e l’animale sono essenzialmente uguali poiché
entrambi sono esseri senzienti. Estremizzando, si possono equiparare
l’uomo e il verme. La dignità non deriva più – come nelle grandi
tradizioni culturali – dalla somiglianza con Dio e nemmeno dalla nostra
condizione di esseri razionali e dalla conseguente apertura
all’infinito, al trascendente. Essa proverrebbe dal fatto di “sentire”,
provare sensazioni, fare esperienza del dolore e del piacere.
Ecco
perché un feto umano può essere eliminato senza remore, diventare un
rifiuto speciale o utilizzato nell’industria cosmetica e farmaceutica:
il motivo è che non “sente”. Dovremmo concludere che il progresso morale
per cui Singer riceve premi dall’élite consiste nel riconoscere che un
criceto adulto vale più di un feto umano! Il sistema di Singer ha una
sua complessità: alla distinzione tra l’essere senziente e l’essere non
senziente aggiunge quella tra l’essere umano e la persona. Non tutti gli
esseri umani sono persone e non tutte le persone sono esseri umani. Nel
pensiero illusionistico di Singer ci sono scimpanzé-persone ed esseri
umani che, poiché non sono persone, valgono meno degli scimpanzé.
Gli
esseri umani che “valgono” meno degli animali superiori sono coloro che
non hanno (avrebbero) più o non hanno ancora la coscienza― e
quindi “ sentono” poco o nulla: bambini, disabili, persone in stato di
coma, anziani, chi è affetto da certi disturbi mentali. Nei confronti di
questi esseri – umani – è legittima, quasi imperativa, la soppressione
fisica. Un’agenda che coincide perfettamente con l’interesse delle
oligarchie finanziarie, delle assicurazioni e dei fondi malattia.
Normale che conferiscano premi a chi sistematizza e fornisce abito
“culturale” ai deliri antiumani.
Si ha l’impressione che agisca in
Singer un’ossessione patologica per la morte. La sua filosofia può
essere interpretata come pensiero mortuario: non si chiede per che cosa
dobbiamo vivere, quale sia il bene e il male, come il resto dei
filosofi, piuttosto chi dovrebbe morire. Pensieri da mattatoio. Si può
mettere fine alla vita degli umani? è il titolo di un capitolo di un suo
libro. Potete immaginare la risposta.
La vita personale di Singer,
peraltro, narra una storia assai diversa. La madre si ammalò di
Alzheimer e il filosofo, lungi dal sopprimerla per risparmiarle
sofferenze, assunse tre infermiere per vegliarla giorno e notte. Lode al
gesto filiale, non all’incoerenza, tipica di certi teorici allorché la
vita li mette di fronte agli scenari più drammatici. Tuttavia,
verificata alla prova dei fatti l’inumanità delle teorie professate,
occorre modificarle, ammettere di aver commesso errori. Nulla: Singer
continua a venderci merce avariata; l’eutanasia è per noi e per i nostri
genitori, non per i suoi. Proclama la liceità del cosiddetto aborto
postnatale, il nome politicamente corretto dell’infanticidio, ma ha
messo al mondo tre figlie . Somiglia molto ai nichilisti che proclamano
l’assurdità della vita e la conseguente opportunità del suicidio,
raggiungendo la vecchiaia senza puntarsi la pistola alla tempia.
L’animalismo è un’etica rovesciata, e fa parte a pieno titolo delle neo
ideologie sottilmente totalitarie – spacciate per progresso e
liberazione – come il gender, la digitalizzazione dell’umano ( riduzione
a cifra) il transumanesino, il climatismo, tese a colpevolizzare
l’uomo e sconfiggere verità e natura. La frontiera odierna è
l’uguaglianza giuridica tra uomo e animale, il cui esito è costringerci a
cambiare le nostre abitudini alimentari umane, tradizioni e usanze,
nonché la concezione che l’uomo ha di se stesso come essere radicalmente
diverso dagli altri viventi, patrimonio comune , invarianza delle
civiltà, per usare il lessico di Claude Lévi-Strauss, un relativista
convinto.
Attraverso un macabro capovolgimento di senso, chi difende i
diritti umani passa dall’essere considerato “umanista”, difensore
dell’umanità, alla denigrazione : specista, guardiano dei confini tra le
specie che legittimano il primato sugli animali. Incubato nelle
università americane d’élite come corrente di minoranza (come la teoria
gender e il montante transumanesimo) l’animalismo è diventato in fretta
uno strumento ideologico di dominio della popolazione. Il pericolo di
aprire il vaso di Pandora diventa chiaro quando Singer promuove
l’infanticidio, poiché “se riusciamo a mettere da parte gli aspetti
emotivamente commoventi ma strettamente irrilevanti dell’uccisione di un
bambino, vedremo che i motivi dell’uccisione delle persone non si
applicano ai neonati”. Per il pluripremiato promotore del progresso
morale, “se il diritto alla vita deve fondarsi sulla capacità di voler
continuare a vivere, o sulla capacità di vedersi come un soggetto dotato
di una mente, un neonato non può avere diritto alla vita”. Anticipando
possibili obiezioni, Singer spiega che “se queste conclusioni sembrano
troppo oltraggiose per essere prese sul serio, forse vale la pena
ricordare che la nostra attuale protezione assoluta della vita dei
bambini è un atteggiamento tipicamente cristiano piuttosto che un valore
etico universale. E’ ora possibile pensare a questi problemi senza
assumere il quadro morale cristiano che ha impedito per così tanto tempo
ogni valutazione alternativa.” Il punto è dirimente : bisogna rimuovere
ogni traccia dell’umanesimo in quanto legato alla visione della vita
cristiana. Il che è non è tutta la verità, poiché in Europa l’ umanesimo
“laico” è parte integrante della cultura comune sin dal tempo del greco
Protagora, per il quale l’uomo è misura di tutte le cose.
Il
filosofo “morale” nel 2001, in Heavy Petting ( Carezze spinte) arrivò a
difendere la zoofilia, sino ad asserire ( chiediamo scusa , ma non è
farina del nostro sacco) che la vagina di una mucca può soddisfare
sessualmente un uomo, che alcune donne si sentono più attratte dai
cavalli che dagli esseri umani o che è normale per un orango avere
un’erezione vedendo una donna perché i limiti tra le specie sono in
qualche misura artificiali. Di più: il naturale rigetto della zoofilia
“è nato come parte di un più ampio rifiuto del sesso non riproduttivo” e
“la veemenza con cui questo divieto viene mantenuto mentre altre
pratiche sessuali non riproduttive sono state accettate suggerisce che
alla base vi è un altro potente motivo: il desiderio degli uomini di
differenziarsi, eroticamente e in ogni altro modo possibile, dagli
animali.” L’animalismo sostituisce l’etica dei legami propri
dell’umanità con un’etica degli attributi. Questo modello presuppone
un’assoluta mancanza di protezione per gli esseri umani (e per gli
animali) in quanto fa dipendere i diritti e la stessa sopravvivenza dal
possesso di un certo attributo (un più alto grado di intelligenza, una
maggiore volontà di vivere felici, eccetera.) Un’idea – oggi fatta
propria dall’animalismo radicale – che è in realtà la massima promotrice
della violenza e dell’ingiustizia nella storia umana, giacché ha
giustificato ogni sorta di prevaricazione sostenendo che solo certi
soggetti hanno determinati attributi ( di razza, intelligenza, sesso,
capacità) con le conseguenze che conosciamo .
Le idee di Singer
finiscono per abolire il confine tra umani e animali, utilizzati
strumentalmente come arma con cui espropriarci della nostra specifica
dignità e della responsabilità nei confronti della natura. Anziché
liberazione – umana e animale – rappresentano la più compiuta
regressione , la negazione di ogni anelito spirituale e, infine la
vittoria del più forte e del più cinico. Una concezione dell’uomo
bassa, volgare, negativa, alla quale rispondere con un umanesimo nuovo e
antico, capace di sconfiggere la disumanizzazione e la regressione
mantenendo il rispetto per noi stessi, la distinzione ontologica nei
confronti degli altri viventi, premessa della giusta protezione verso
animali e creato. Resta insuperata la lezione del russo Vladimir
Solevev: l’uomo non potrà mai essere uguale all’animale: o si eleva e
diventa migliore, o sprofonda in basso e diventa molto peggiore.
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