L’elite di potere statunitense ancora una volta ha sbagliato i suoi calcoli
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di Luciano Lago
Quando
il mandarino Xi Jinping ebbe a salutare il presidente Vladi Putin, al
termine dell’incontro tenutosi a Mosca fra i due leader, era stato
sentito esclamare: “adesso ci sono cambiamenti che non si vedevano da
100 anni”, come hanno riferito i funzionari presenti all’incontro.
Non
ci sono dubbi che il premier cinese abbia visto giusto, considerando
gli avvenimenti successivi nelle settimane seguenti. In particolare lo
storico accordo di pace mediato dalla Cina fra l’Iran sciita e l’Arabia
Saudita sunnita, i due eterni rivali nello scacchiere del Medio Oriente e
dell’Asia Occidentale. A tale svolta è seguito il vertice
propiziato dalla Russia fra i ministri degli esteri di Siria, Turchia e
Iran per un accordo di pace in Siria che metta fine al conflitto in quel
paese. Questo per non parlare della lista di paesi in attesa di essere
ammessi al gruppo dei BRICS e della SCO (Accordo di Shangai) capitanati
dalla Cina e dalla Russia.
Di fronte a siffatti cambiamenti
non si può che concordare con quanto riconosciuto anche dall’attuale
direttore della CIA, William Burns, il quale ha affermato che gli
avvenimenti verificatisi tra l’Ucraina e l’Arabia Saudita mettono in
risalto il tracollo geostrategico unipolare degli Stati Uniti.
Nella
sua recente intervista al prestigioso think tank “Baker Institute”,
sponsorizzato dalla compagnia petrolifera anglo-olandese Shell, Burns,
forte della sua lunga esperienza diplomatica, ha spiegato che il
posizionamento degli Stati Uniti come protagonista assoluto del blocco
geopolitico dominante non è assolutamente garantito, dal momento che gli
stessi Stati Uniti stanno assistendo a un periodo di definitivi
cambiamenti che “accadono solo due volte in un secolo”.
Il
vecchio adagio del “divide et impera” che per decenni è stato il motto
dominante della politica statunitense, con la strategia di
balcanizzazione attuata in molte aree del mondo, dal Medio Oriente
all’Asia, è ormai definitivamente tramontato di fronte alle iniziative
diplomatiche e politiche di Cina e Russia, le due superpotenze
antagoniste degli Stati Uniti.
Burns è consapevole che il
ruolo degli Stati Uniti sta profondamente cambiando e si assiste ad una
implosione interna della potenza americana con il rischio di una crisi
del dollaro messo in scacco da un accelerato processo di
de-dollarizzazione. Questo è il risultato di aver utilizzato Washington
il dollaro come arma, oltre che come valuta di riserva e di aver messo
in allarme una buona parte del mondo che non vuole assoggettarsi ai
diktat degli Stati Uniti.
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William Burns, direttore CIA
Nella
sua intervista Burns ha ha riconosciuto che il blocco Cina-Russia
(definito a suo tempo “l’alleanza invincibile”) rappresenta una sfida
tremenda per la CIA negli anni a venire, quando Pechino non si
accontenterà più solo di sedersi al tavolo, ma che vuole già dominare la
classifica , mentre la Russia cerca di ribaltare il tavolo. Per tale
motivo Burns predica la necessità di allontanare a tutti i costi la Cina
dalla Russia, arriva tardi ma lui ha un piano: quello di offrire a
Pechino un “posto a tavola” nella possibile spartizione di una Russia
che dovrebbe essere sconfitta e smembrata nei piani della CIA e degli
strateghi neocon. Secondo Burns, Pechino rimane la massima priorità a lungo termine della CIA .
Sembra
evidente che, per gli strateghi di Washington, gestire un rapporto
sempre più conflittuale con la Cina sarà il banco di prova più
significativo per le amministrazioni statunitensi nei decenni a venire ,
senza trascurare il rischio di un conflitto a breve termine con la Cina sull’isola secessionista di Taiwan.
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Cina pronta a scontro su Taiwan
Nonostante una possibile debacle degli anglo statunitensi in Ucraina, nella loro guerra per procura contro la Russia, la triade khazariana dei Jake Sullivan/Antony Blinken/Vicky Nuland, dominante a Washington tra i neocon, non demorde dai suoi propositi di riconquistare l’egemonia statunitense sull’Eurasia e inizia a ordire le sue provocazioni contro la Cina, il prossimo grande obiettivo degli strateghi di Washington.
A
nostro avviso il classico errore degli americani è quello di
sottovalutare i loro avversari e non considerare i fattori diversi
rispetto a quelli della potenza militare ed economico finanziaria sullo
scacchiere internazionale. Nel caso della Russia Washington non ha mai
compreso la multidimensionalità della guerra ibrida di Putin e per tale
motivo la strategia di Washington è destinata al fallimento.
Sarà
per questo che per il trio Blinken/Nuland/Sullivan diventa urgente
dirottare l’attenzione dallo scacchiere europeo a quello asiatico e
convincere gli alleati occidentali di partecipare ad un conflitto con la
Cina, inviando navi nello stretto di Taiwan e distraendo dal possibile
fallimento della guerra in Ucraina, istigata dagli anglo statunitensi e
mal gestita dalla NATO e dall’amministrazione Biden. Nell’Est Europa
probabilmente lasceranno il cerino acceso in mano alla Polonia ed ai
paesi baltici mentre loro, gli strateghi di Washington, punteranno sulla
Cina. Qualche cosa ci dice che, ancora una volta, come fu per il
Vietnam o per l’Afghanistan, hanno sbagliato i loro calcoli.
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