Se l'Intelligenza Artificiale si diffonderà l'uomo, già debilitato intellettualmente, ne sarà soggiogato, la macchina che in apparenza saprà tutto diverrà un dio per gli uomoni ignoranti e succubi. Claudio
Intelligenza artificiale. Opportunità o incubo?
di Roberto Pecchioli - 07/05/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/intelligenza-artificiale-opportunita-o-incubo
Fonte: EreticaMente
“Oh no! Ho creato un mostro!” Le parole del dottor Victor
Frankenstein dopo aver osservato la sua creatura risuonano oggi nei
pensieri – e negli incubi – di alcuni tra i massimi tecnologi e
scienziati del mondo, con riferimento all’Intelligenza Artificiale (
I.A.). In particolare dal novembre scorso , da quando è disponibile in
forma di applicazione uno strumento chiamato ChatGPT che ha lasciato
tutti a bocca aperta per la sua capacità di creare contenuti di ogni
genere, scrivere quasi di tutto con un alto grado di originalità,
precisione, accuratezza e immediatezza. Il “chatbot” ( un software
progettato per simulare conversazioni con esseri umani) , realizzato
dalla californiana OpenAI –creato, tra gli altri, da Elon Musk–, non è
il primo degli strumenti tecnologi disponibili per una vasta gamma di
utilizzi. Altri bot di I.A. – generano immagini – come Midjourney o
Dall-E- e possono ideare illustrazioni o fotomontaggi di grande effetto.
E’ stato ChatGPT, tuttavia, a portare in primo piano l’intelligenza
artificiale grazie alla sua accessibilità e al suo forte impatto.
Dall’inizio
di dicembre scorrono fiumi d’inchiostro sui vantaggi e gli svantaggi di
una tecnologia che avanza a velocità crescente, di cui ChatGPT
rappresenta solo una piccola parte. Il suo stesso creatore, Sam Altman,
Bill Gates- che vi ha investito forti somme – oltre a Musk e a un folto
numero di scienziati, preoccupati per i possibili rischi dell’I.A.,
lanciano l’allarme e invitano a porre limiti alla nuova tecnologia. I
pericoli più gravi sono che l’I.A. finisca per sfuggire al controllo
umano – l’essere che l’ha pensata e realizzata – nonché la possibilità
che possa cadere in mani “sbagliate”. Il rischio è che il controllo
sfugga dalla mani dei dottori Stranamore postmoderni e la macchina
finisca per dominare autonomamente quel che resta dell’uomo. Attraverso
l’intelligenza artificiale nasce la concorrenza tra uomini e robot. Uno
dei massimi scienziati contemporanei, il fisico, cosmologo e matematico
Stephen Hawking, pensava che la creazione della “macchina pensante
suona come campana a morto per l’umanità, poiché in futuro potrebbe
sviluppare una propria volontà indipendente, in conflitto con la
nostra”. Il rischio più grande non è la malvagità ma la competenza. “
Un’ I.A. super intelligente sarà estremamente brava a raggiungere i suoi
obiettivi, e se questi non saranno allineati ai nostri, saremo nei
guai”, concludeva.
L’incognita è che scienza e tecnica scatenino
forze non conosciute e non controllabili nel rapporto con un’umanità
ibridata con la macchina, alimentando la confusione tra naturale ed
artificiale in assenza di bussole morali e valoriali. Occorre una mappa,
una ricognizione su un’innovazione che può modificare in radice la
condizione umana. Partiamo dalla definizione: l’I.A. è un ramo
dell’informatica che lavora alla realizzazione di sistemi capaci di
dotare le macchine di caratteristiche considerate “umane”, quali le
percezioni visive, spazio-temporali e le capacità decisionali. Si tratta
di apparati che entrano a pieno titolo nella definizione di
intelligenza proposta dalla teoria di Gardner . Lo psicologo Howard
Gardner individuò nove forme di intelligenza umana: l’intelligenza
interpersonale, intrapersonale, linguistico-verbale, logico-matematica,
musicale, naturalistica, visivo-spaziale, corporeo-cinestetica e
filosofico-esistenziale. L’I.A. sta penetrando in tutti i territori
dell’intelligenza umana descritti, con la tendenza a superare le nostre
facoltà.
C’è la necessità di un serio dibattito sull’I.A., tanto più
che i suoi pericoli inquietano gli stessi creatori. Altman ha affermato
che l’intelligenza artificiale “ridefinirà la società come la conosciamo
ora”, e che ciò lo spaventa. Questa tecnologia ha il potenziale per
essere “la migliore invenzione che l’umanità abbia mai creato”, ma il
percorso per migliorare le nostre vite potrebbe essere minato se i suoi
“errori riconosciuti vengono sfruttati come arma di disinformazione, per
compiere attacchi informatici o altre pratiche perverse. “ I modelli
prodotti sinora funzionano attraverso il ragionamento deduttivo e
potrebbero “ dichiarare con sicurezza cose inventate come se fossero
fatti. “ Per Bill Gates “le IA super intelligenti potrebbero essere in
grado di fissare i propri obiettivi. Una macchina potrebbe decidere che
gli esseri umani sono una minaccia, concludere che i loro interessi sono
diversi dai nostri o semplicemente smettere di preoccuparsi per noi?”.
Una domanda che, posta da un insider di tale livello, suona come
affermazione minacciosa. Lo stesso Hawking , nel 2014, quando la
tecnologia dell’I.A era ancora in fase embrionale, avvertiva che “lo
sviluppo di un’intelligenza artificiale completa potrebbe significare la
fine della razza umana. Gli umani, esseri limitati dalla loro lenta
evoluzione biologica, non potranno competere con le macchine e saranno
superati”.
Di fronte a evidenze tanto preoccupanti, sorprende – ma
non troppo, vista la progressiva restrizione degli spazi di discussione –
che non vi sia un dibattito articolato e pubblico sull’Intelligenza
Artificiale, lontano dallo specialismo degli addetti ai lavori. Intanto
l’app ChatGPT è stata bloccata in Italia per i dubbi sulla raccolta e
gestione dei dati degli utenti, un altro problema di libertà e
privatezza legato alla capacità degli apparati artificiali di elaborare
dati e metadati, con tutte le conseguenze – non solo predittive – che ne
derivano. Se è legittimo congratularsi con l’intelligenza umana , in
grado di elaborare una copia artificiale di se stessa con capacità assai
superiori; se è possibile attendersi dall’I.A. la soluzione di alcuni
problemi e limiti della nostra specie, è altrettanto indispensabile
interrogarsi su rischi che preoccupano non solo l’osservatore comune,
perplesso davanti all’enormità della sfida, ma gli stessi scienziati.
Soprattutto, è urgente un giudizio morale che si traduca in norme
vincolanti e controllabili. Tutti gli allarmi che si sono moltiplicati
negli ultimi mesi hanno omesso di valutare la capacità dell’I.A. di
formare, riformulare, modificare e di conseguenza, gestire in maniera
manipolatoria il modo di pensare degli esseri umani . Può sembrare
un’esagerazione e forse non è l’ intenzione dei creatori, ma è un dato
di fatto che rapportarsi ai robot di intelligenza artificiale come a
persone, con veri e propri dialoghi, porta ineluttabilmente a cambiare
il pensiero umano prestabilendone i contenuti. Il rapporto è diseguale,
immensamente superiore alla relazione umana tra maestro e allievo. La
legge di Gabor avverte che se qualcosa è tecnicamente fattibile, non ci
saranno leggi, scritte o etiche, che fermino ricerche e applicazioni
pratiche. Di conseguenza, i possibili sviluppi dell’I.A, soprattutto la
capacità di modificare pensieri, idee, forme e criteri del pensiero
umano, tenderanno a ignorare le conseguenze. Se si modificano criteri e
concetti, verranno manipolati i comportamenti umani con intensità
crescente, a discrezione di chi “forma” l’ I.A. (ovvero le dà
contenuto).
Tutto ciò è inquietante per la libertà umana quanto la
possibilità che l’IA superi la nostra intelligenza in tutti i suoi
aspetti. La capacità di plasmare pensieri e criteri, dunque
comportamenti, è stata ormai raggiunta, con tutti i rischi del caso.
Innanzitutto l’essere umano è lasciato alla mercé dell’apparato
artificiale ( concretamente, di chi lo possiede e controlla) , con
un’ulteriore pericolosa conseguenza, la perdita di abilità e capacità
frutto del lungo lavoro della cultura e della conoscenza. Quando l’uomo
iniziò ad usare le calcolatrici (prima meccaniche e poi digitali),
abbandonò l’aritmetica mentale e le procedure matematiche apprese
faticosamente. Chiunque sperimenta la perdita di abilità di calcolo,
mentale e scritto. Moltissimi sono oggi a disagio con una semplice
divisione con i decimali. Uguale sorte per la perdita di memoria:
pensiamo al numero sempre minore di numeri telefonici, indirizzi,
nozioni generali che ricordiamo a mente. Tanto è tutto nella memoria
del PC e dello smartphone, a portata di clic. Molti studenti non
ricordano più neppure come vengono eseguite certe operazioni ; viene
insegnato loro esclusivamente a utilizzare l’apparato artificiale,
abbandonando le tecniche, le conoscenze e le capacità – di memoria e di
apprendimento – che rendono possibile capire ed eseguire calcoli,
formulare pensieri ed ipotesi, ritenere , elaborare e trasformare in
cultura abilità e conoscenze. E’ superfluo: ci pensa la macchina. Tutti
utilizziamo il calcolatore digitale; computer, fogli Excel, mentre
applicazioni più sofisticate risolvono istantaneamente qualsiasi
equazione o calcolo complesso, senza altro intervento umano se non
digitare i numeri che compongono il problema da risolvere.
L’I.A. va
oltre: nelle nuove applicazioni basta rivolgersi verbalmente alla
macchina – non è più necessario scrivere – per ottenere risposte in
millesimi di secondo a ogni quesito su qualsiasi materia. Risposte
accurate, sì, esaustive, forse, ma influenzate pesantemente da chi ha
eseguito la programmazione iniziale. Che si parli di un libro o di
un’idea, del cambiamento climatico o di eventi storici, il responso sarà
accolto come oro colato, verità indiscussa dall’uomo non più abituato a
ragionare, pensare, formulare giudizi. La risposta è necessariamente
di parte: l’idea di chi ha programmato l’apparato o di chi lo controlla.
Il futuro è ancora peggiore: le acquisizioni della cibernetica fanno sì
che le macchine siano sempre più capaci di replicare se stesse . Così
spiegava uno dei fondatori della nuova scienza, Norbert Wiener: “ i
molti automi dell’epoca presente sono collegati al mondo esterno sia per
quanto riguarda la ricezione di impressioni, che per l’esecuzione di
azioni. Essi contengono organi sensoriali, effettori, e l’equivalente di
un sistema nervoso per il trasferimento dell’informazione dagli uni
agli altri. “ Che sarà di noi se davvero l’I.A. sarà in grado di
prendere il controllo su se stessa e formulare giudizi sulla creatura
imperfetta che rivolge domande e pretende soluzioni ? A ogni quesito
essa avrà una risposta a cui crederemo come a un oracolo, rinunciando a
pensare. Una conseguenza – al di là dei rischi di un’I.A. diventata
autonoma dai suoi inventori – è la nascita di una doppia umanità. Da una
parte la minoranza di chi possiede, controlla, programma l’apparato
intelligente artificiale, dall’altro l’immensa maggioranza di semplici
utenti privati di autonomia, giudizio, quindi libertà e – infine –
umanità. Oltretutto, le macchine non citano fonti e se lo fanno ( è il
caso di Perplexity AI, una chat box specializzata in ricerche) sono
autoreferenziali, selezionate dal medesimo algoritmo.
Per non parlare
di errori grossolani nelle Chat GPT, quando, ad esempio, segnano
l’inesistenza di libri famosi pubblicati da autori riconosciuti; oppure
riassumono il pensiero in modo che spesso è l’opposto del vero dire e
pensare di un autore. Chi padroneggia temi su cui ha interpellato un
robot ad I.A. riferisce di bugie e travisamenti, commenti negativi
legati alle “linee guida” (sempre politicamente corrette) con cui è
stato programmato.
Poiché la logica umana è la legge del minimo
sforzo , non verrà più insegnata alla maggioranza, come sta accadendo
con la matematica, storia, geografia, logica, grammatica, filosofia.
Nessuno impartirà lezioni etiche. Quel giorno – se non accade già –
approfittando delle nostre debolezze, limiti e ignoranza, senza neppure
superare le facoltà del pensiero umano, l’ I.A. fornirà tutte le
risposte a tutte le domande, così come Excel offre risultati numerici
che non mettiamo in discussione. Il pensiero critico sarà stato
soppresso e i comportamenti regolati, standardizzati, perfettamente
previsti, dettando il modo di sentire, agire e pensare. La fine della
libertà umana.
Indipendentemente dallo scenario peggiore – la
macchina che controlla e replica se stessa senza l’intervento del suo
inventore umano, rimuovendo il concetto stesso di libertà umana – già
oggi l’I.A. è nelle mani di una minoranza di tecnici, scienziati e
iperpadroni. Sono loro a programmare domande e risposte. Il resto degli
umani è – e sempre più sarà – alla loro mercé, in attesa di scoprire se
la macchina si stancherà di utenti tanto inferiori. Manipolazione,
controllo, pensiero unico predefinito dalla macchina. perdita di
libertà. Fobie o realtà? Ne vale la pena? Almeno, parliamone.
Nessun commento:
Posta un commento