Reazioni avverse e conflitti di interesse: negli Usa si indaga, Ue muro di gomma
Negli Usa revisione della gestione pandemica senza tabù, su tutti gli aspetti più controversi, in Europa si arranca e in Italia commissione già arenata
Negli Stati Uniti, l’accurata ricostruzione della gestione sanitaria procede spedita. Si indaga su tutti gli aspetti più controversi, comprese le reazioni avverse. Proprio ora che il Senato ha dichiarato la fine dello stato d’emergenza con conseguente cessazione di tutte le misure vigenti, compreso il divieto di ingresso nel Paese per gli stranieri non in regola con le dosi.
Adesso si attende solo la ratifica del presidente Joe Biden, che archivierebbe definitivamente la lunga stagione pandemica e di assurde regole liberticide, come quella che non ha permesso a Novak Djokovic di disputare i tornei di tennis negli States.
Gli effetti avversi sui più giovani
Intanto, proseguono le audizioni davanti alla Commissione salute, istruzione, lavoro e pensioni del Senato, presieduta dal socialdemocratico Bernie Sanders.
La scorsa settimana, è stato ascoltato il ceo di Moderna, Stéphane Bancel che, a differenza del suo collega Bourla, non si è sottratto al confronto parlamentare. A interrogarlo ci ha pensato il senatore del Kentucky Randy Paul, che ha affrontato l’argomento più scomodo: quello degli effetti collaterali riscontrati sulle fasce più giovani della popolazione a seguito della vaccinazione anti-Covid.
In particolare, le domande sono ruotate intorno all’insorgenza di miocarditi nei ragazzi la cui età è compresa tra i 16 e i 24 anni. Bancel ha provato a giocare in difesa negando la circostanza e precisando che il rischio di infezioni cardiache è superiore per chi ha contratto il Covid rispetto a chi è stato inoculato.
Questa risposta ha scatenato la reazione del senatore repubblicano che, come si può notare nei video che circolano in rete, è diventato sempre più pressante contrapponendo alla tesi del capo di Moderna ben sei studi peer-reviewed. Inoltre, ha aggiunto di aver avuto un conversazione riservata con il presidente dell’azienda farmaceutica il quale avrebbe riconosciuto che le iniezioni anti-Covid aumentano il rischio di miocarditi.
Troppi booster
“Il fatto che non si possa dire pubblicamente è piuttosto inquietante”, ha chiosato Paul il quale si è poi concentrato sul piano politico della faccenda. L’interrogativo è più che legittimo, anzi è il vero nodo gordiano di tutta la scellerata politica sanitaria di questo triennio: “Scientificamente parlando, è stato corretto imporre agli adolescenti tre dosi?”.
Messo alle strette, Bancel ha provato a scaricare la responsabilità della decisione sulle autorità politiche e sanitarie. A quel punto, ha fornito un assist a Paul il quale gli ha ricordato che è stato lo stesso Bancel a sostenere in diverse interviste “l’efficacia e la sicurezza delle dosi aggiuntive/booster”.
Proprio quelle che, secondo diversi studi scientifici citati dal senatore repubblicano, farebbero aumentare il rischio di reazioni avverse. Tanto è vero che, provocatoriamente, Paul ha domandato a Bancel se e quante volte avesse sottoposto i suoi figli alla puntura anti-Covid. “Tre o quattro volte”, ha risposto il ceo di Moderna suscitando l’ilarità del senatore stupito dall’imprecisione su un particolare così rilevante.
I finanziamenti
Altra questione spinosa affrontata nel corso dell’audizione è stata quella relativa ai finanziamenti elargiti da Moderna al National Institutes of Health che hanno spinto il parlamentare del Kentucky a ipotizzare il conflitto di interessi. Anche su questo punto, Bancel ha glissato specificando che si trattava di una somma versata per un vecchio brevetto “non correlato al Covid ma utile a sviluppare i farmaci anti-Covid”.
Quanto ai conflitti di interessi, secondo il rappresentante della società farmaceutica con sede in Massachusetts, spetta agli organi politici effettuare una valutazione di questo tipo. È come la storia del serpente che si morde la cosa o, se vogliamo porla sul piano filosofico, chi controlla il controllore?
Il prezzo delle dosi
Infine, è stato Sanders a pressare Bancel sull’aumento considerevole del prezzo delle fiale. Su questo punto, il dirigente francese è stato meno titubante e più sicuro delle sue argomentazioni: la riduzione della domanda, che ha fatto perdere alla sua azienda la posizione di mercato acquisita in epoca pandemica, la costringe a rivedere al rialzo la politica dei prezzi.
Insomma, senza l’imposizione di Green Pass e lasciapassare vari per gli spostamenti è più arduo conservare gli stessi ricavi a parità di prezzo.
L’origine del virus
Peraltro, la commissione americana ha anche raccolto le dichiarazioni di Robert Redfield, ex direttore dei Centers for disease control and prevention, il quale ha detto di essere stato escluso da una riunione in cui si discuteva della natura artificiale del virus.
Redfield ha espressamente menzionato due massimi rappresentati delle autorità sanitarie americane già all’epoca della presidenza Trump: Antony Fauci e Francis Collins. “Volevano un’unica narrazione e quindi ovviamente io avevo un punto di vista diverso”, ha fatto mettere a verbale Redfield. Gli interessati hanno rispedito al mittente le accuse che gli sono state rivolte.
Muro di gomma in Europa
In ogni caso, il dibattito negli Stati Uniti è aperto anche sul discusso laboratorio di Wuhan e non conosce argomenti tabù. In Europa, invece, ancora si arranca e non si riesce ad accendere i riflettori né sui contratti firmati con le società farmaceutiche, né sui contatti telefonici intercorsi tra Ursula von der Leyen e Albert Bourla, presidente e ad di Pfizer.
Il commissario europeo alla salute, Stella Kyriakides, ha escluso che la Von der Leyen abbia avuto un ruolo nei negoziati per l’acquisto dei vaccini anti-Covid. Peraltro, sulla faccenda pende la denuncia del New York Times presentata in nome della trasparenza e della buona amministrazioni di cui abbiamo dato conto nell’articolo del 19 febbraio scorso.
Eppure, come riportato da La Verità, un altro rappresentante di Pfizer, ascoltato dalla commissione istituita presso il Senato francese, ha opposto il segreto industriale a qualsiasi quesito sui contratti siglati che hanno provocato, tra l’altro, un esborso miliardario per le casse pubbliche.
Insomma, questo è lo stato dell’arte. Qualsiasi tentativo di informare i cittadini su questioni di fondamentale rilevanza sia per la loro salute che per le loro tasche va a infrangersi contro un muro di gomma. Per non parlare dell’Italia, dove la nascente commissione d’inchiesta sembra già arenata ancor prima di partire. Come suggeriva saggiamente Graham Green: se un segreto deve rimanere tale, le cautele non sono mai troppe.
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