Vietato ai maggiori
Davide Miccione
Avanti.it https://avanti.it/vietato-ai-maggiori/
Scegliamo, tra i tanti, alcuni segnali: la giallista Christie expurgata, di modo che non possa offendere occhi e orecchie innocenti con le nequizie di violenti tempi passati dove anche i migliori tra noi brancolavano nell’errore; la prosopopea con cui l’Unione europea pensa di poter decidere quali notizie, commenti, pensieri presenti in rete siano falsi (non volgari o inappropriati ma falsi) e perciò da mettere fuori gioco e l’implicita ammissione di sapere quale sia il Vero (rigidamente con la maiuscola a questo punto).
E poi l’improvviso ritorno di una dottrina chiliastica dove un sostituto green di Cristo (probabilmente impersonato in futuro da una forma della IA) verrà a giudicare le nostre emissioni di carbonio e se sono poche il suo regno non avrà mai fine. I giovani devoti di questo millenarismo che decidono di protestare lo fanno non davanti all’Ilva di Taranto, o a uno stabilimento degli Elkann (se ancora in Italia riescono a trovarne uno) o a una banca, o a un McDonald bensì imbrattando opere d’arte, oggetti notoriamente tra i più colpevoli per l’inquinamento attuale e tra i più rappresentativi del turbocapitalismo.
Gli intellettuali intanto, nelle varie forme schiavili che assumono di questi tempi (tecnocrati, tigellini, richelieu ma senza lettres de cachet, cani della prateria in crisi da olfatto eccetera) fanno finta che tutto ciò sia normale. I loro padri e nonni hanno suonato dall’Ottocento la campana dei diritti di prima generazione, hanno protestato contro la censura, per la libertà d’opinione e per qualche secolo si son visti sequestrare fogli stampati dal tipografo, giornali, materiale da ciclostile, tazebao, libri. Qualche volta sono pure finiti in carcere. Adesso i loro nipoti hanno scoperto che il mondo è invece libero: puoi infatti scrivere su ogni quotidiano italiano a parte che ogni quotidiano italiano scriverà su tutto la medesima cosa (tranne La Verità sullo stato di eccezione virale e il Fatto Quotidiano sulla guerra russo-ucraina). Puoi scrivere allora sui social che però ti bloccheranno o censureranno se dici il falso, cioè ciò che è ritenuto falso dagli organi prevalenti di stampa e di produzione delle opinioni (ma ciò che è ritenuto falso da aziende della comunicazione che costano milioni di euro o di dollari è ciò che viene ritenuto falso dai loro assetti proprietari). Allora potrai scrivere sul web non social, su siti dove quasi nessuno ti disturberà e quasi nessuno ti leggerà.
Nulla da fare. Tutto ciò non viene registrato. L’unica nota lieta per chi scrive questo articolo è che ciò dimostra la tesi del subumanismo (vedi L’età pornovittoriana), cioè che l’intelligenza naturale si stia esemplando a calco di quella algoritmica e applicativa dei computer e non viceversa. In crisi di pensiero e di storicità una buona parte delle persone (anche non ignoranti perlomeno secondo i parametri di giudizio in uso) riesce a vedere l’illibertà solo se la trova taggata in modo tale da poterla associare a qualcosa che gli hanno insegnato essere “dittatoriale”. Dunque riconoscerà un pericolo per la libertà e la democrazia se indossa anfibi chiodati, se si rasa i capelli, se mostra svastiche o orpelli che rimandino all’esperienza dei fascismi degli anni Venti e Trenta del secolo passato. Senza il tag non è in grado: vedrà gente protestare ma non sarà popolo, vedrà individui subire ma penserà sia giusto così giacché nel suo “database” (quello che tempo addietro sarebbe stata una mente) non ha trovato nulla da collegare. Così, nonostante una certa cultura, troverà ad esempio il green pass del tutto identico alla patente di guida e la compressione del diritto del lavoro in età pandemica una forma persino benevola di convincimento. D’altra parte non è colpa sua, non c’è stato neppure un saluto fascista ad orientarlo, una marcetta militare, un moschetto. I governanti erano quasi tutti in doppiopetto, qualcuno proveniente da sinistra. Il database è aggiornato evidentemente fino agli anni Cinquanta. Come fare a capire?
Come capire infatti che ogni potere ha sempre ritenuto di possedere la verità e che gli oppositori sono stati sempre considerati portatori non di un’altra idea ma di bugie, falsità, tentativi di imbrogliare la gente? Come capirlo? In fondo succede solo da diverse migliaia di anni.
Non si riesce proprio a comprendere che l’unico luogo sicuro per l’essere umano è quello in cui le verità si confrontano senza che una possa o debba essere definitivamente fuorigioco; un luogo in cui la verità più diffusa non trasforma l’altra in una menzogna ma in un altro modo di vedere le cose che ora è riuscito a convincere meno persone ma non è detto sia così in futuro. Questo luogo si è chiamato democrazia, quella che nella seconda metà del Novecento con limiti, passi falsi e persino miserie si è comunque cercato di costruire e che adesso si sta cercando rapidamente di smontare. La trasformazione della censura in debunking, della posizione alternativa in fake news, di tutti coloro che pensano altro in no vax, putiniani, omofobi, fascisti, comunisti, razzisti, luddisti, inquinatori è semplicemente la riproposizione della vecchia diade ortodossia/eresia. Un presunto bene superiore, altruista e collettivo, viene scelto e proposto come inconfutabile e produce dei doveri morali “buonisti” che non possono essere rifiutati senza destare odio in chi trova nel loro adempimento e non nel proprio sentimento la conferma del suo essere buono e uno straccio di senso collettivo della vita (che potrebbe cercare più proficuamente in veri intensi rapporti umani invece che in ideologie).
Per far funzionare questo sistema, il “buonista taggatore” deve dare per scontato che le informazioni e gli infiniti presupposti veicolati dalla macchina informativa e ideologica siano incontrovertibili e tutti veri (e dunque ben si intende la necessità che ogni posizione diversa sia una fake news). Il suo pensiero deve perciò andare, per così dire, solo in avanti e mai indietro: trarre conclusioni a partire dai dati che comunemente gli vengono veicolati ma non chiedersi se quei dati siano veri, a quali interessi rispondano e come siano raccolti e costruiti. Una lunga dottrina sulla bontà della torta dove è vietato chiedersi quali siano gli ingredienti.
Insomma, un chiaro invito a mangiare solo da certi alberi e lasciarne stare altri che ci dovrebbe suonare familiare. Il senso è infatti proprio quello di non ritenere più il cittadino come in grado di orientarsi da solo ma al contrario come bisognoso che il potere lo difenda dalle tentazioni cognitive. Come può il potere controllare però esplicitamente le informazioni che debbono arrivarci se esso stesso andrebbe giudicato dai cittadini sulla base delle informazioni disponibili? Il potere decide quali notizie o riflessioni possiamo conoscere, anche su di esso, e poi si sottopone al nostro giudizio. È troppo difficile vedere il cortocircuito tragicomico di tutto ciò? Serve qualche tag?
Il subumanismo ha dunque il suo corrispettivo politico: l’uomo che va salvaguardato nella sua minorità, che non deve sentire certe cosacce. Esattamente l’atteggiamento che noi adulti manteniamo nei confronti di un bambino. L’adulto bambinizzato deve dunque credere che quella verità che abbiamo cercato invano per millenni adesso finalmente è qui, è apparsa in tutta la sua gloria nel triennio 2020-2023. È apparsa nell’unico modo vero di curare il popolo dalle malattie virali, nella lotta dei buoni occidentali contro i cattivi, nell’unico modo vero di salvare l’ambiente dai suoi (unici veri) problemi, nell’unico modo vero di concepire i rapporti tra natura e cultura nei temi della identità di genere. E se noi abbiamo raggiunto il vero e lo teniamo fermo non possiamo che vedere il passato come errore e infatti i nostri predecessori siamo costretti a censurarli, espungerli, abbatterli.
Senza alcun dubbio o scrupolo sul Corriere economia del 24 aprile 2023 due giornalisti parlano del “diritto sacrosanto” del pubblico di essere difeso da “affermazioni che comunque suscitino allarmi per salute, sicurezza, dignità umana, e pubblici interessi”. Più che un diritto sembrerebbe un dovere dato il carattere forzoso. Il dovere di non sentire affermazioni che mi allarmino. Quale modello di umano hanno in mente costoro? Il bambino? Il cardiopatico grave che non può essere turbato? E poi cos’è la “dignità” e chi decide del “pubblico interesse”? Come si distingue infine il pubblico interesse dall’interesse del potere a permanere tale?
Il centro del sistema finge di deplorare i dipinti imbrattati, i romanzi modificati per “ripulirli”, ma in fondo ne è lieto. Tutto ciò contribuisce a far fuori ogni percezione di storicità, ogni sfumatura, ogni capacità di dialogare, cioè le basi per poter permanere culturalmente in una democrazia. Crea piccoli fanatici manovrabilissimi. I grandi finti difensori della diversità fanno fuori la vera diversità, quella del pensiero e della storia. Tutta la distanza può essere misurata attraverso alcune righe del suo Scorrettissimi, un volume sul politicamente corretto di Rizzacasa d’Orsogna. Riguardo ai classici, parlando dell’attuale politica universitaria americana che a Princeton nella facoltà di Lettere antiche «ha varato una riforma che elimina l’obbligatorietà dello studio delle lingue latina e greca» non senza sottolineare «come queste siano inevitabilmente legate alla supremazia bianca e al colonialismo», l’autrice la paragona alle esperienze degli abolizionisti neri, che avevano conosciuto la schiavitù dei campi di cotone come Frederick Douglass che, quando leggeva Cicerone, «diceva non si sentiva più uno schiavo: la sua mente era libera»; o ancora cento anni dopo a Martin Luther King che «galvanizzato dai classici greci (…) sottolineava l’importanza della disobbedienza civile di Socrate».
Ma in fondo parlare di tutto questo è solo un altro modo di parlare dell’ignoranza (dell’ignoranza si dice in molti modi, parafrasando un noto schiavista). In fondo persino in fasi ideologiche di una certa ottusità, in Italia si potevano apporre prefazioni “ortopediche” e orientanti ai classici per spiegare al lettore come interpretare il testo ma non si sarebbe modificato il testo stesso. Si lavorava sull’ermeneutica e si salvava la filologia. I testi si modificavano solo se indirizzati a fanciulle e bambini. Il che spiega chiaramente cosa siano i cittadini oggi per l’élite.