L’inutilità delle zone rosse nella prevenzione del contagio
Il dott. Mainardi sull'inchiesta di Bergamo
Di Paolo Mainardi per ComeDonChisciotte.org
https://comedonchisciotte.org/linutilita-delle-zone-rosse-nella-prevenzione-del-contagio/
Il quesito è se la zona rossa avrebbe evitato morte di 4mila persone. Secondo Crisanti, si, basandosi sul coefficiente di trasmissibilità Rt, ossia su quante persone una persona positiva al Covid19 può infettare. Purtroppo per lui però c’è un inghippo che, molto probabilmente, porterà ad un nulla di fatto, anche se la vera colpa degli “esperti” è l’ignoranza o, peggio, la malafede.
Infatti, il calcolo del coefficiente Rt si basa sulla teoria del microbo, proposta da Fracastoro, laureato in giurisprudenza, ma con il pallino della medicina, nel 1500, per cui i microbi sono la causa delle malattie infettive. Poi ripresa da Agostino Belli, nel 1850, fino a Pasteur, che già arrivò a comprendere il ruolo dell’ambiente, non solo del microbo.
Nel 1884, Robert Koch pubblicò i quattro criteri per stabilire la causalità tra i microbi e la patologia, noti come i postulati di Koch:
- Il microrganismo deve essere trovato in abbondanza in tutti gli organismi con la malattia, ma non dovrebbe essere trovato negli organismi sani.
- Il microrganismo deve essere isolato da un organismo malato e coltivato in coltura pura.
- Il microrganismo coltivato dovrebbe causare malattie se introdotto in un organismo sano.
- Il microrganismo deve essere re-isolato dall’ospite sperimentale malato inoculato e identificato come identico all’agente eziologico specifico originario.
Ma…lo stesso Koch riconobbe che i suoi postulati non erano universalmente applicabili. Ad esempio i portatori asintomatici di colera violavano il primo postulato, così come i positivi asintomatici al COVID19. Il secondo postulato non è applicabile ai virus in quanto non possono essere coltivati in colture pure perché sono parassiti intracellulari obbligati. Il terzo postulato specifica “dovrebbe”, piuttosto che “deve”, perché non tutti gli organismi ospiti esposti a un agente infettivo acquisiranno l’infezione, come i postivi asintomatici al COVID19. Il quarto postulato si scontra con le mutazioni del virus ogni volta che replica, difficile che, se isolato dall’ospite, dopo n replicazioni, sia identico a quello originario.
I postulati di Koch hanno un’importanza storica per sottolineare che la correlazione non implica la causalità, molti agenti patogeni sono accettati come agenti causali di malattie specifiche senza soddisfare tutti i criteri, tanto che, nel 1988, il microbiologo americano Stanley Falkow ha pubblicato una versione molecolare dei postulati di Koch per stabilire una correlazione tra geni microbici e fattori di virulenza.
I fattori di virulenza (preferibilmente noti come fattori di patogenicità) rappresentano ciò che per Pasteur era l’ambiente: strutture cellulari, molecole e sistemi regolatori che consentono ai patogeni microbici (batteri, virus, funghi e protozoi) di:
- colonizzare una nicchia nell’ospite;
- evadere la risposta immunitaria dell’ospite;
- inibire la risposta immunitaria dell’ospite;
- entrare e uscire dalle cellule;
- ottenere nutrimento dall’ospite.
Si arrivò così a definire i microbi potenzialmente patogeni. Ossia, come è ben riportato nell’articolo di Casadevall del 2012 [1], un microbo può comportarsi da commensale in un ospite o essere opportunista in un altro. Ossia, può causare malattia in un individuo e convivere tranquillamente in un altro.
Oggi SAPPIAMO che l’esito di un contagio dipende dalla nostra capacità a riconoscere il nuovo microbo e a gestirlo. Siamo in grado di impedirgli di replicare, ed è ovvio che meno replica, meno danni procura, fino a risultare del tutto asintomatici.
Questi nostri meccanismi endogeni, sono portati avanti dalle citochine e sono molto più potenti di qualsiasi vaccino, dipendono dalla forza del microbiota. Se è forte, alta biodiversità dei ceppi batterici, produce citochine abili, anche, a gestire nuovi virus, se è debole, le produce diverse da quelle abili.
Studi, che nessuno vi ha mostrato, lo dimostrano [2]: Gli esiti peggiori sono in soggetti che producono citochine inabili, ossia con microbiota intestinali scarsamente biodiversificati.
In base a queste conoscenze, erano necessarie le zone rosse?
Ahimè, no. Sarebbe stato utile proteggere i soggetti fragili, ossia con microbiota debole. Considerando che chi ha un microbiota debole, molto probabilmente è malato e frequenta ospedali e RSA, un piano anti-pandemico avrebbe dovuto prevedere la presenza negli ospedali e nella case di cura dei dispositivi di protezione individuali, di rapida attivazione di percorsi di sicurezza, etc. Invece, è stato come se in caso di incendio, solo allora, si cercasse di reperire nel mercato gli estintori, si pensasse di istruire delle persone a diventare pompieri.
Ma, il miglior piano anti-pandemico è sicuramente quello capace di ridurre il numero di persone fragili, ossia con un microbiota debole. Purtroppo, il miglior modo per potenziare il microbiota è la dieta e lo stile di vita. Per questo, ancora oggi, consideriamo il sistema digerente una stufa, così stiliamo le diete in base alle calorie emesse da un grammo di cibo in un calorimetro, abbiamo molto idee confuse e fantasiose su quale sia la dieta ottimale per la salute e la longevità. Spesso, quelle più di moda, sono le peggiori.
Di Paolo Mainardi per ComeDonChisciotte.org
Paolo Mainardi.
Dall’anno della sua laurea in chimica (1982) entra a far parte di un
gruppo di ricerca su epilessia dell’Università di Genova. Partecipa a
studi sul ruolo della serotonina cerebrale nell’epilessia, che
dimostrano una sua azione protettiva delle crisi, anche se era
ampiamente ritenuta essere pro-convulsiva. Ricerca un modo per
confermare questo suo ruolo anti-epilettico e individua in una
sieroproteina del latte, principalmente del colostro umano, la molecola
capace di aumentare la sintesi cerebrale di serotonina. Approfondendo le
sue azioni, scopre il microbiota, di cui si innamora, diventando un
profondo studioso.
www.dottpaolomainardi.it – www.unamedicina.it
NOTE
[1] Pirofski LA, Casadevall A. Q and A: What is a pathogen? A question that begs the point. BMC Biol. 2012;10:6.
[2] Yeoh YK, Zuo T, Lui GC, et al. Gut microbiota composition reflects disease severity and dysfunctional immune responses in patients with COVID-19 Gut 2021;70:698-706
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Pubblicato da Massimo A. Cascone per ComeDonChisciotte.org
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