Questo articolo scritto da Antonio De Martini una dozzina di anni fa è più che mai di attualità. Claudio
La prossima guerra sarà per l’oro blu: l’acqua. Nel Medio Oriente e Nord Africa, è già un casus belli. Il paese più ricco è l’Albania…
di Antonio de Martini
Con un attacco nucleare si può mettere in ginocchio anche un grande paese in trenta giorni. Con la Bomba A ( alimentare) una nazione crolla in una settimana. Se privata di acqua, bastano due giorni.
Secondo un rapporto dell’Unicef (“population without improved drinking water sources by region in 2002“WHO/UNICEF,2004), 1,1 miliardo di persone nel mondo non ha accesso all’acqua e 2,6 miliardi ha accesso ad acque non potabili.
I continenti più problematici sono l’Asia e l’Africa e il maggior consumatore di acqua è l’attività agricola ( utilizza il 70% della disponibilità mondiale). L’allevamento fa la parte del leone dato che serve una quantità 15 volte maggiore per produrre un chilo di bovino, rispetto a quella necessaria per produrre un chilo di grano.
Secondo un rapporto del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ( PNUD) , il 90% degli abitanti del Medio Oriente nel 2025 vivranno in aree di penuria idrica grave.
Ecco perché le guerre dell’acqua sono già cominciate e colpiscono i più poveri. Il Nilo viene conteso tra L’Egitto, il Sudan, l’Etiopia, ma anche ( dal maggio 2010 hanno firmato un accordo e vogliono aggiungersi ) Kenia, Tanzania, Burundi e Repubblica Democratica del Congo. Presto inizieranno i negoziati tra loro e si prevedono tensioni. Cina e Russia hanno già avuto problemi per controllo del bacino del fiume Amur, ma per ora concentriamoci sulla zona calda.
Turchia, Siria e Irak e – presto anche il kurdistan- si contendono il controllo dei bacini del Tigri e L’Eufrate. Israele che ha visto ridursi drammaticamente il bacino del Lago di Tiberiade ( dai 450milioni di metri cubi /anno di 20 anni fa , agli 87 milioni di oggi) e ridursi a un rigagnolo maleolente il fiume Giordano, ha già fatto numerosi interventi militari per garantirsi l’uso delle acque del fiume Litani che ha le sorgenti in Libano.
Tecnologicamente avanzatissimo, Israele ha costruito 31 centri per la dissalazione delle acque e 9 centri per il riuso delle acque reflue. Israele applica il riuso delle acque al 67% , l’Italia all’8%.
Per “fabbricare” un litro di petrolio sono necessari 2,5 litri di acqua, mentre per produrre un litro di biocarburante dai cereali, servono circa mille litri di acqua per ottenerli.
Nella crisi siriana , anche l’acqua ha messo lo zampino.Un ricercatore della George Washington University ( Murhaf Jouejati) specialista di problemi siriani, ha calcolato che circa 200.000 persone sono affluite nella zona da Deraa ( dove ci sono i disordini) negli ultimi due anni a causa delle restrizioni unilaterlamente imposte agli agricoltori dell’est siriano dal sistema di dighe turche che regolano il flusso dell’Eufrate, in palese violazione degli accordi sottoscritti nel 1987 che assicuravano alla Siria un minimo di 500metri cubi al secondo. La politica di riempimento dei bacini del GAP ( vedi più sotto) ha bloccato queste acque per mesi.
La Turchia, approfittando della debolezza politica dell’Irak, ha ridotto del 40% la quantità di acque che passano in Siria e Irak, creando una “quasi emergenza umanitaria ” a detta degli esperti. L’ isola di Cipro ha problemi di stress idrico ( meno di mille metri cubi per abitante/anno) importanti a causa del flusso di turisti che in estate invade le sue spiagge. L’area di Cipro Nord è rifornita ( 6 milioni di metri cubi/anno) dalla Turchia col sistema dei “sacchi medusa” che , rimorchiati, trasportano ingenti quantitativi. Malta e Creta hanno lo stesso problema. Il sistema dei sacchi medusa è stato usato tra Turchia e Israele per alcuni anni, ma a causa della tensione politica ( e dell’appoggio israeliano ai Kurdi) è stato sospeso, mi pare, nel 2006.
Con 22 dighe e 19 centrali elettriche capaci di produrre 30 miliardi di KWh/anno, la Turchia è l’idropotenza del Medio Oriente.
La sola diga ATATURK si estende su 800km quadrati per 140 metri di profondità e irrigerà 1,7 milioni diettari di terreno anatolico con 22 miliardi di metri cubi/anno assicurando alla Turchia l’autosufficienza alimentare. La zona , essenzialmente cerealicola, grazie all’acqua potrà assicurare la rotazione delle colture.
Certo, i nove dipartimenti turchi coinvolti nel progetto GAP ( progetto del sud est anatolico) sono abitati in maggioranza da Kurdi che parlano una loro lingua indoeuropea, occupano territori centrali in Iran , Irak, Siria e sono circa 40 milioni di persone. II trattato di Sevres alla fine della prima guerra mondiale ne riconobbe l’indipendenza e il diritto a un loro stato, ma la riconquista di Ataturk mise fine al sogno. Il sistema delle acque creato dalla Turchia con una spesa di 30 miliardi di dollari le da uno status di superpotenza regionale se non internazionale e solo la miopia di Sarkosi può cercare di emarginarla dall’Europa.
La presenza di questo investimento strategico in territorio Kurdo limita le possibilità dei kurdi ( che il governo chiama “turchi della Montagna”) ed è stato la ragione principale dell’accanimento militare nella repressione del movimento indipendentista. I kurdi irakeni non possono aiutare i connazionali a pena di perdere le risorse idriche che li fanno vivere. Il ricatto dell’acqua è potente.
Anche la guerra Iran -Irak ( oltre 300mila morti ) durata otto anni ,è dovuta anche al desiderio di controllo dello Shatt el Arab, la confluenza -estuario di Tigri e Eufrate.
L’acqua è dunque preziosa quanto e più del petrolio, presto avrà un costo ( non vuol dire che dovrà essere privatizzata, anzi.) e il paese più ricco di acque del bacino mediterraneo è l’Albania. Non solo , ha anche i maggiori dislivelli naturali rispetto al livello del mare. Con le sue acque ed un buon progetto, si può produrre enrgia pari a quattro centrali nucleari, un acquedotto che disseti il sud Italia e le fornisca energia a meno di metà del prezzo attuale. Teniamoci pronti a difendere almeno Berisha.
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