“Inferno Immigrazione” di Korbaria: nei gironi di una deportazione spacciata per missione umanitaria
di Giulia Bertotto
“L'inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui” scrisse Shakespeare[1], e che la terra sia abitata da presenze demoniache lo sa bene Daniel Wedi Korbaria, autore di Inferno Immigrazione
(L.A.D. 2022), saggio d'inchiesta dal quale compare la mappa di un
moderno erebo in 9 Cerchi-capitoli: fiere da passerella, mostruosi e
farraginosi iter burocratici, interrogatori polizieschi e personaggi
politici che speculano sulla nuova schiavitù camuffata da missione
umanitaria.
La tragedia da cui si snoda l'opera di Korbaria è
quella del 3 ottobre a Lampedusa nel 2013 e che oggi si ripete con la
strage di Cutro del 26 febbraio 2023, dieci anni dopo.
Ma più
che un Dante 2.0 Korbaria si definisce un “umile Virgilio”, che ci
accompagna in un viaggio claustrofobico. La locuzione che dobbiamo
portare con noi nella nostra traversata è quella di “neo-colonialismo”,
un metodo di dominazione ingegnoso che si fa oggi eticamente smagliante
attraverso un registro accattivante e un look giovanile.
Ma non c'è niente di più falso.
Con
una sensibilità viva ma anche con ironia caustica, Korbaria ci conduce
in un mondo parallelo alla diegetica immigratoria mainstream,
smontandone gli assunti e generando collisioni nella coscienza del
lettore. In questo inferno il regno dei cieli è la promessa fatta ai giovani africani che in Europa ci sia il Paradiso[2],
una trappola psicologica orchestrata dalla crudele macchina della
manipolazione americana e realizzata da un potentissimo dispositivo
propagandistico per poter deportare manovalanza a salari che neppure si
possono chiamare così. L'Occidente democratico deve però mantenere una
cultura civile di facciata -ci spiega l'autore- bisogna perciò
convincere l'opinione pubblica che sul suolo eritreo o in altri stati
del mondo, ci siano regimi oscurantisti e violenti che calpestano i
diritti umani (non che non sia talvolta vero, per inciso),
quindi che siano necessari i traghettatori angelici delle ONG e tutte le
arpie mediatiche che ne elogiano le opere. Questa operazione necessita
di un apparato stampa capillare, martellante e polarizzante. Occorre una
ripetizione sistematica e un'azione pervicace per far leva
sull'emotività.
Il progetto è dichiarato già dal 1974 nel Rapporto Kissinger e il piano è diabolicamente geniale: destabilizzare i governi africani, sottrarre braccia umane attirando i cittadini a partire, depredare risorse e intanto far credere agli europei (comodamente davanti alla TV) che lo scopo sia quello di ospitare povera gente sotto scacco dei suoi tirannici leader. Con un solo barcone di persone si ottengono molti vantaggi: disordini geopolitici, profitti da capogiro, consensi elettorali, manodopera, l'abbassamento del costo della stessa, e non ultimo si addestra il pubblico a mistificazioni che tornano sempre utili.
Il lettore troverà nel libro anche raccapriccianti affinità con le dinamiche delle ingerenze Usa e NATO che hanno condotto alla reazione denominata “Operazione militare speciale” da parte del Cremlino: “Mu 'ammar Gheddafi sembrava improvvisamente impazzito giacché bombardava la sua stessa popolazione per gettarla nelle fosse comuni. E così le bombe NATO caddero anche su Tripoli”[3] oppure “è nata nel 2006 Africom, il Comando Africano degli Stati Uniti, per addestrare militarmente forze locali e accompagnarle in missioni antiterrorismo”. Le guerre imperialiste del resto seguono uno schema riconoscibile: prima agire con le intromissioni, poi fomentare i disordini (camuffate con l'ammaliante nome di Primavere), piazzare soldati per esportare democrazia ed ecco che la popolazione verrà “importata” perché in fuga verso il “paese dei balocchi” chiamato Europa. Queste persone saranno soggiogate e trascinate con “catene invisibili”[4] fino a pagare con la vita o con i loro stessi risparmi il proprio esilio.
E a chi dice: “E i dati?” Inferno Immigrazione offre la testimonianza diretta degli incarichi di Korbaria come mediatore linguistico negli uffici per la relocation, inoltre il contenuto dell'opera è suffragato da quasi cento pagine di note che riportano articoli, documenti censurati, accordi bilaterali, interventi pubblici, estratti di conferenze, disposizioni di legge, convenzioni internazionali.
Sono davanti ai nostri occhi i progetti di integrazione che falliscono miseramente nei dormitori delle stazioni. Se va bene, perché centinaia di altre persone ogni anno muoiono atrocemente annegate in mare o restano bloccate nei campi profughi. Una domanda echeggia nella cantica di Korbaria: perché, dato che si spendono così tante risorse e si fanno continue campagne solidali, non aprire gli aeroporti invece dei porti, così da far spostare davvero in sicurezza coloro che aspirano a raggiungere l'Europa?
La dialettica porti aperti/porti chiusi è solo la selva confusa in cui il lettore della realtà si perde, (o meglio si deve perdere) disorientato dalla strumentalizzazione che sia la Destra sia la Sinistra italiana fanno di uomini, donne e bambini attirati per mare da sirene corrotte. Il “limbo mediterraneo” è condiviso da migranti e scafisti coi loro telefoni satellitari, i manovali del secondo cerchio rispettano le loro gerarchie nella catena di montaggio dell'industria schiavista.
Il terzo cerchio ci presenta le ONG, l'effetto pull factor, e lo tsunami di donazioni che alimenta il fenomeno in un tragico circolo vizioso. I nomi delle navi con le quali le ONG si spingono fuori dalle acque territoriali sono seducenti, evocano sedicenti missioni solidali e improcrastinabili impegni morali. Il quarto cerchio vede giornalisti e organi stampa tutti sul pezzo per la demonizzazione dell'Eritrea (o dello Stato preso di mira) e la speculare santificazione delle democrazie occidentali “in soccorso dei rifugiati”. Si va dallo stagista che non conosce affatto la materia di cui scrive e quale la portata indirettamente criminale del danno che fa, al professionista scaltro e cinico, disposto a scrivere qualsiasi menzogna per mantenere la sua penna in prima pagina.
I politici? A loro tocca il quinto cerchio, quello dei burattini, e fa ben poca differenza che queste marionette siano vestite fucsia dem o blu centrodestra. Nel sesto girone dei buonisti troviamo le responsabilità del Vaticano, con la mano lunga di Barack Obama[5] nel regime change in Santa Sede: l'idea fu quella di insediare al posto di Ratzinger -che parlò del diritto a non emigrare- Bergoglio, il novello francescano dell'accoglienza. Capitolo-cerchio Sette, i servi, le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali che operano mediante i campi di accoglienza. Un nome su tutti: UNHCR, nata nel 1950. Scendendo i gironi -ma salendo nella scala delle responsabilità decisionali del traffico di esseri umani- entriamo nell'ottavo cerchio, occupato dagli Usa, il leviatano con mille occhi satellitari; i “poliziotti del mondo” con Intelligence e CIA hanno lavorato alacremente per il genocidio concordato del continente africano, ad esempio con la campagna Langley e come dimostrato anche da diverse inchieste di Wikileaks.
Sopra questo regno delle tenebre c'è una distesa piatta chiamata globalizzazione, dove la diversità delle appartenenze etniche viene celebrata a parole e desertificata coi fatti, mentre “la bellezza dell'umanità non è nell'omologazione ad un'unica visione politica ma invece è proprio nella moltitudine di società fatte di diverse culture, tradizioni, religioni, lingue, colori, sapori, odori e suoni” scrive l'autore. Insomma, la topografia che compare dai radar delle ricerche di Korbaria è lucida e precisa, e ci fa arrendere all'idea spaventosa che tutte le coordinate coincidano in questa logica aberrante dello sfruttamento. Ma non per questo la bussola delle stelle sarà per sempre oscurata.
Resta ancora da sapere: chi è il burattinaio incastonato nel Lago di Cocito? Chi incarna quel Lucifero che fece trasalire Dante per disgusto e orrore alla sola vista? Chi scioccò Dante al cospetto del Male a tal punto da fargli scrivere "Io non morii e non rimasi vivo"[6]?
Dobbiamo leggere fino all'ultima pagina per saperlo, per arrivare fino in fondo e risalire.
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