Ci salveremo solo da soli, se avremo umiltà, rigore ed onestà (con noi stessi innanzitutto)
di Andrea Zhok - Arianna Editrice
Fonte: Andrea Zhok
Il balletto estivo prelettorale del partito unico draghista
è solo l'ultimo indice, in ordine di tempo, di un'infinita sconsolante
decadenza del ceto politico e dei ceti dirigenti in generale (apparato
mediatico in testa).
E' dal collasso della Prima Repubblica, sulla
scia del crollo del mondo bipolare e dell'imporsi del monopolio
imperiale americano, che questo processo di degrado continua; e ogni
qual volta si ritiene di aver toccato il fondo, ecco un nuovo guizzo di
inventiva che ci sorprende.
Così, uno pensava di aver già visto
tutto con la compravendita di senatori di berlusconiana memoria, ma poi
ti salta fuori un Giggino che nell'arco di una legislatura passa da
cavaliere dell'ideale ed eroe dell'antipolitica, ad essere il più
patetico ministro degli esteri della storia (in un governo autoritario e
tecnocratico), e poi a scindersi dai suoi per diventare stampella
esterna del medesimo governo (portandosi dietro 50 peones), e poi a
tradire anche i propri seguaci con una giravolta virtuosistica,
chiedendo ospitalità al proverbiale "nemico", e infine a protestare con
il "partito di Bibbiano" perché non gli avrebbe dato un collegio
abbastanza sicuro (il problema peraltro è irresolubile, perché ovunque
egli si presenti il collegio diventa automaticamente contendibile anche
da Paolino Paperino).
Insomma tutto materiale di una sceneggiatura che renderebbe i film di Totò e Peppino esempi di neorealismo.
Ora, questa roba farebbe ridere se potessimo guardarla da Marte, con l'occhio distaccato dell'antropologo e dello studioso.
Purtroppo
essendo noi stessi rappresentati nel mondo da una generazione di
Giggini, il riso non è un lusso che ci possiamo permettere.
Il dramma
di quest'epoca, come tutti i periodi di declino e decadenza, è che la
situazione è talmente degradata che è difficile persino immaginare come
possa rimettersi in piedi.
In verità io credo che qualunque sia
l'esito di queste elezioni, nel corso del prossimo anno gran parte dei
nodi verranno al pettine: il lascito devastante di vent'anni di
eurozona, di trent'anni di imperialismo globalista a stelle e strisce, e
di una classe dirigente nazionale macchiettistica, busserà alla porta.
Sono sempre le crisi profonde, quelle tragiche, a fare da levatrice
della storia, e così accadrà anche questa volta.
Ciò che possiamo
fare, l'unica cosa che è nelle nostre disponibilità, è farci trovare il
più preparati (o il meno impreparati) possibile per indirizzare i
cambiamenti rapidi cui verremo chiamati.
L'atteggiamento con cui
dovremmo provare ad affrontare ciò che ci attende non è certo quello
dell'"ingegneria sociale", come se fossimo nelle condizioni di
anticipare nei dettagli una forma di vita ideale e di raggiungerla.
No,
quello che dovremmo fare (o almeno tentare) è di indirizzare una nave
ormai priva di ormeggi in una direzione di buon senso pratico e di
palingenesi - mi si perdoni il termine - spirituale.
Sul piano
pratico dovremo affrontare quanto ci accadrà con l'occhio più scevro
possibile da ideologismi, e più attento possibile alle condizioni reali
di vita delle persone.
E sul piano "ideale" dobbiamo sapere che
quello di cui abbiamo bisogno è una vera e propria rinascita, una
ricostruzione culturale e spirituale (che non significa "astratta"), in
cui l'intero paradigma di cui sono vissute le ultime generazioni
(globalismo, liquefazione dei rapporti, frantumazione delle identità,
mercatismo, pilota automatico finanziario in economia e muto ossequio al
nostro padrone coloniale), questo intero paradigma dovrà essere
superato.
Quale configurazione della storia ci aspetti a valle di
questa crisi è ignoto a tutti e l'unico modo di affrontare la situazione
sarà con grande umiltà, disponibilità ad aggiustare il tiro, ma anche
con la consapevolezza che solo con il rigore e la più ferrea onestà
intellettuale, di tutti e di ciascuno, ci potremo salvare.
Non ci
salverà il papa né Trump, non l'America né l'Europa, non Putin né Xi Jin
Ping, non la frenesia dei mercati né il tentativo di isolarsi dal
frenetico clangore del mondo.
Ci salveremo solo da soli, se avremo umiltà, rigore ed onestà (con noi stessi innanzitutto).
Spero
di sbagliarmi, ma percepisco in lontananza rombi di tuono
all'orizzonte. E nessuno ha la ricetta per uscire con un colpo di
bacchetta magica dal vicolo cieco della storia in cui siamo entrati.
Si
tratta dunque di cominciare, appellandoci alla capacità di resistenza e
a tutte le risorse di buona volontà, un percorso lungo e accidentato,
ma anche necessario.
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