Al voto, al voto! Evidentemente, andare alle urne giova gli interessi di Draghi
Rispettate il Diavolo. Nelle prossime elezioni potrebbe avere successo.
(Valeriu Butulescu)
Con mossa alquanto sorprendente il Signor Draghi ha utilizzato il Meeting di Rimini per propinare ai malcapitati cittadini, reduci dalla distruzione perpetrata dal suo governo, una serie di perle di stoltezza che vanno dai presunti cambiamenti climatici che esigerebbero ennesimi interventi d’urgenza alla necessità di incrementare gli inutili, costosi e inefficienti impianti di energie rinnovabili, da un presunto protagonismo internazionale dell’Italia alla menzogna secondo cui egli avrebbe cercato “dialogo e coesione sociale”. Ma l’affermazione più sorprendente del Draghi è l’invito rivolto a tutti i cittadini di andare a votare. La reazione istintiva, visto il personaggio, è di fare l’esatto contrario di quanto egli suggerisce. Non ci dimentichiamo che colui che il presidente Cossiga definì “vile affarista” non è nuovo a solenni scempiaggini che dovrebbero spingere tutte le persone accorte a diffidare dei suoi consigli. Cautela vorrebbe, quindi, che ci si astenesse scrupolosamente dal dare seguito alle sue raccomandazioni.
L’invito a votare del Signor Draghi merita, tuttavia, qualche riflessione più approfondita. Che deve essere condotta secondo le regole della scienza dell’azione umana o prasseologia, come la chiamò Ludwig von Mises indicandola come la grande branca del sapere di cui fanno parte l’economia, il diritto, la sociologia e più in generale quelle che vengono definite scienze sociali.
L’assioma da cui prende le mosse la prasseologia è quello dell’azione umana. L’uomo agisce, cioè si rapporta al mondo esterno attraverso azioni consapevoli e volontarie il cui scopo è quello di migliorare la condizione dell’agente influendo sull’ambiente esterno. La prasseologia, in altri termini, non crede al caso o al fato, ma ritiene che nelle cose umane ciò che accade sia solitamente il frutto di un comportamento intenzionale con un fine ben definito. Ovviamente ciò non significa che ogni agente riesca nel suo intento: si può sbagliare, valutare male la situazione, scegliere strumenti e tempi sbagliati. Che si agisca non è ovviamente garanzia di successo, ma delle azioni vanno sempre cercate cause e finalità. Ora, parlare, comunicare è uno dei mezzi principali dell’azione umana soprattutto allorché si tratti di influire sugli altri. Il diritto, ad esempio, il cui scopo è quello di regolamentare i comportamenti, si manifesta in forma verbale, attraverso il linguaggio al quale è strettamente legato. Pertanto, la diffusione delle baggianate cui accennavamo da parte del signor Draghi rientra nel concetto di azione umana e deve trovare una spiegazione razionale.
Il primo interrogativo che sollevano le esternazioni del nostro riguarda il motivo, l’interesse per una simile esortazione in capo all’ormai ex presidente del consiglio. Non è candidato, non è uomo di partito, proviene da una tecnocrazia bancaria che non ha bisogno di sporcarsi le mani con le elezioni. Avrebbe potuto mantenere un profilo, per così dire, istituzionale e non dire nulla. E invece no. Ha voluto esortare gli italiani ad andare a votare. La cosa curiosa è che non ha invitato a votare, che so, per i partiti che lo hanno sostenuto in questi anni, per quelli che hanno già dichiarato che proseguiranno con la cosiddetta “agenda Draghi”. Niente affatto, ha semplicemente esortato a votare. Chiunque. Anche i partitini antisistema. Anche i suoi oppositori. Anche quelli che hanno solennemente promesso che non avranno requie fino a che non aboliranno tutte le norme e tutte le disposizioni che recano l’odiata firma dell’ex presidente del consiglio.
Abbiamo sentito in questi giorni che l’astensione equivarrebbe ad un regalo al PD. Possibile, dunque, che le dichiarazioni di Draghi vadano lette come una segreta sfida ai democratici de noantri di cui il presidente vorrebbe evitare la vittoria? Sembra un’ipotesi da scartare specie in considerazione dell’appoggio acritico e fideistico tributato dall’ex partito comunista a qualsiasi nefandezza compiuta dall’ex governatore della banca centrale. Non avrebbe senso un simile odio nei confronti degli ex trinariciuti che hanno sostenuto il campione del presidente della repubblica qualunque cosa facesse e dicesse. Se mai ci si aspetterebbe un po’ di gratitudine. Potrebbe il Draghi essere un idealista? Un romantico della democrazia ansioso di veder realizzato il mito della volontà generale? Non sembra realistico giacché il personaggio ha vissuto sempre con estremo fastidio ogni discussione in parlamento.
Scartate, dunque, queste ipotesi non resta che accettare la conclusione che il “vile affarista” (cit. Francesco Cossiga) trarrà un vantaggio da un’ampia partecipazione al voto mentre sarà svantaggiato dall’astensione, indipendentemente dai vincitori della prossima tornata elettorale. Quale può essere la convenienza di un ampio afflusso alle urne per l’ex presidente del Consiglio, dal momento che egli non appartiene a nessun partito e non è candidato? Evidentemente la partecipazione al voto giova agli interessi di Draghi. Questi sono chiaramente definiti, almeno stando alle sue frequenti pubbliche esternazioni: egli spera che l’Italia continui ad inviare armi all’estero fomentando la guerra, a regalare denari a Bill Gates, a perseguire una politica di energie rinnovabili a scapito dei combustibili fossili limitando la disponibilità di elettricità e carburanti per i suoi concittadini, a coartare la libertà degli italiani in omaggio a teorie più o meno strampalate sul cambiamento climatico o su presunte pandemie, a costringere il maggior numero possibile di persone a sottoporsi a trattamenti farmaceutici sperimentali a vantaggio dei bilanci già sontuosi delle società che li producono, a indebitarsi con l’Unione Europea attuando nel contempo le finalità distopiche del famigerato piano nazionale di ripresa e resilienza. Tutti questi piani coltivati dal “vile affarista” verrebbero nella sua ottica aiutati da un’ampia partecipazione al voto.
Draghi potrebbe naturalmente avere torto, ma l’analisi delle sue nuncupazioni deve proseguire per interrogarsi sul perché egli ritenga che il voto possa avvantaggiare le sue losche mire. La logica conclusione è la seguente: Draghi sa che le cosiddette forze antisistema non avranno alcun peso politico o, se dovessero averlo, che saranno messe in grado di non nuocere alla sua “agenda”. D’altro canto, una massiccia diserzione delle urne sarebbe imbarazzante per chiunque gli succederà – destra o sinistra che sia andranno avanti con i programmi già decisi da tempo – determinando una perdita di prestigio del sistema. Nulla preoccupa di più gli stati delle brutte figure. Sono disposti a tutto pur di non subire una delegittimazione. Niente è più pericoloso per i governanti che il bambino che grida “il re è nudo”.
Per questo il “vile affarista” desidera che tutti vadano a votare. E per la medesima ragione faremo bene a non accontentarlo. L’astensione non sarà risolutiva ma sarà un colossale – e meritato – manrovescio all’establishment. Con buona pace di tutti quelli che ritengono che entrarne a far parte sia l’unico modo per liberarsene.
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