Il controllo dei prezzi? Una cattiva idea: ecco tutte le conseguenze negative
di DAVID R. HENDERSON
“Si tratta di un grande argomento, su cui però la discussione resta soppressa. Eppure è stato assolutamente mainstream dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale fino all’amministrazione Reagan”. Questa è una citazione comparsa ne “I controlli sui prezzi scatenano un acceso dibattito, mentre la storia viene riesaminata“, un articolo del New York Times del 13 gennaio a firma di Ben Casselman e Jeanne Smialek. L’autore di questa citazione è James (Jamie) K. Galbraith, un economista di sinistra dell’Università del Texas. Il “grande argomento soppresso” è un riferimento al controllo dei prezzi, che Galbraith sembra favorire. È un’affermazione onesta. Suo padre, il defunto John Kenneth Galbraith, era un funzionario di alto livello dell’Ufficio per l’amministrazione dei prezzi durante la Seconda guerra mondiale, e a volte rifletteva con affetto sul potere che esercitava sull’economia statunitense.
Io personalmente però non sono d’accordo con Galbraith sul fatto che l’argomento sia stato soppresso. Noi oppositori dei controlli sui prezzi siamo stati sempre abbastanza disponibili a discutere il perché questi siano una cattiva idea. Se volesse essere più preciso, Galbraith dovrebbe dire piuttosto che l’idea è stata respinta. In effetti, il punto rincuorante dell’articolo del Times è che la stragrande maggioranza degli economisti, compresi quelli di sinistra come Paul Krugman, rifiuta l’idea un controllo governativo completo sui prezzi. Ma a volte è difficile per chi sta perdendo un dibattito ammettere di aver perso, non perché l’argomento è stato soppresso, ma perché la sua idea è stata stroncata analiticamente. Vale la pena, quindi, ricordare perché sono una pessima idea. I controlli sui prezzi causano scarsità, fanno perdere tempo alle persone in fila, a volte portano a favoritismi da parte dei fornitori e, come nel caso del petrolio e della benzina negli anni ’70, possono portare a una regolamentazione dannosa che poi resta a fare danni per decenni.
I prezzi e il termometro rotto
Quando l’economista dell’Università di Chicago Harold Demsetz tenne una conferenza nell’inverno del 1970 all’Università di Winnipeg, dove ero studente universitario, utilizzò un’analogia che molti critici del controllo dei prezzi utilizzano ancora oggi. Demsetz disse al pubblico che usare i controlli sui prezzi per ridurre l’inflazione è come rispondere al freddo rompendo il termometro. Il suo punto di vista era che, proprio come i termometri rispondono alla temperatura, i prezzi sono un indicatore dei fenomeni economici sottostanti, ovvero la domanda e l’offerta. Rompere un termometro non fa salire la temperatura e analogamente controllare i prezzi non fa scendere l’inflazione.
Ma c’è di peggio. Quando si rompe il termometro, non si peggiora il tempo. Ma quando un governo controlla i prezzi, peggiora l’economia causando scarsità.
Quando ho iniziato a studiare microeconomia alla fine degli anni Sessanta, la si chiamava spesso “teoria dei prezzi”. C’era una buona ragione per questa etichetta: l’argomento più importante della microeconomia è come vengono determinati i prezzi. Una cosa che si impara molto rapidamente è che sono determinati dall’offerta, che riflette i costi di produzione, e dalla domanda, che riflette le preferenze e i redditi dei consumatori.
Se ricordate questo semplice fatto, sarete per sempre vaccinati contro l’opinione che i prezzi siano casuali e anche contro l’opinione, resa popolare dalla senatrice statunitense Elizabeth Warren, che i prezzi aumentano perché i produttori sono avidi.
Consideriamo, ad esempio, i prezzi delle auto usate che, per molti modelli, sono aumentati a due cifre nell’ultimo anno. A cosa sono dovuti questi aumenti? La risposta è che la domanda è aumentata e l’offerta è diminuita. Sia la domanda che l’offerta di auto usate sono cambiate a causa della riduzione dell’offerta di auto nuove, dovuta in parte alla chiusura della produzione nei primi mesi di COVID e in parte alla riduzione dell’offerta di un componente cruciale, ovvero i chip dei semiconduttori. La riduzione dell’offerta di auto nuove ha provocato un aumento dei prezzi. Gli automobilisti con auto usate, quindi, tendevano a tenere le loro auto più a lungo, causando una riduzione dell’offerta; gli automobilisti che avrebbero potuto acquistare auto nuove hanno risposto all’aumento dei prezzi delle auto nuove aumentando la loro domanda di auto usate.
Consideriamo un altro esempio: il prezzo delle fragole. Perché i prezzi delle fragole sono più alti in inverno che in estate? Il motivo è che l’offerta interna di fragole è quasi inesistente in inverno e molto alta in estate. A differenza di quando ero bambino negli anni ’60, oggi possiamo procurarci le fragole in inverno acquistandole da paesi più caldi, ma il costo del trasporto le rende più care. Si noti come la minore offerta spieghi chiaramente il prezzo più alto.
Una parola sull’avidità
Cosa c’è di sbagliato nell’attribuire gli aumenti dei prezzi alla “avidità delle aziende”? Il problema di questa spiegazione non è che le aziende non siano avide. Se per “avidità” intendiamo “voler ottenere il massimo profitto possibile”, allora sì, la maggior parte delle aziende è avida. Ma queste stesse aziende spesso tagliano i prezzi. Avete notato che i prezzi dei televisori a schermo panoramico sono diminuiti regolarmente negli ultimi quindici anni? Significa che le aziende che producono questi televisori sono diventate sempre meno avide? È improbabile. Quindi l’avidità non è una buona spiegazione dell’aumento dei prezzi. Una buona regola di pensiero, come abbiamo sottolineato io e Charles L. Hooper nel nostro libro “Making Great Decisions in Business and Life“, è che per spiegare un cambiamento in una variabile, è necessario indicare un cambiamento in un’altra variabile. Poiché l’avidità (comunque definita) è relativamente costante, non è un buon modo per spiegare un cambiamento.
Il controllo dei prezzi causa scarsità
Quando il governo impone un limite all’aumento del prezzo, quello che gli economisti chiamano “tetto al prezzo”, ci sono due possibili risultati. Se il tetto è superiore al prezzo che sarebbe esistito nel libero mercato, allora non ha alcun effetto. Con un tale tetto, il governo dice alle persone che non possono applicare un prezzo superiore a quello massimo, ma è una cosa che le persone non volevano fare in ogni caso.
Il caso più interessante è quello auspicato dai sostenitori del controllo dei prezzi: un tetto massimo inferiore al prezzo del libero mercato. Al prezzo del libero mercato, c’è una forte tendenza a far sì che la quantità richiesta sia uguale alla quantità fornita. Il motivo è che se la quantità richiesta superasse sistematicamente la quantità fornita, i venditori avrebbero un forte incentivo ad aumentare il prezzo, mentre se la quantità richiesta fosse sistematicamente inferiore alla quantità fornita, i venditori avrebbero un forte incentivo a ridurre il prezzo per vendere le loro scorte in aumento.
Un tetto massimo al di sotto del prezzo di mercato fa sì che gli acquirenti chiedano più di quanto vogliano al prezzo di mercato e che i venditori vendano meno di quanto vogliano al prezzo di mercato. Il risultato è la scarsità.
I risultati del controllo dei prezzi si vedono ovunque i governi impongano dei tetti agli affitti. Un esempio negli Stati Uniti è la città di New York, dove il controllo degli affitti è stato imposto come misura temporanea durante la Seconda Guerra Mondiale ed esiste ancora oggi. Per molte unità abitative, l’affitto controllato è ben al di sotto di quello che esisterebbe in un mercato libero e il risultato è una lunga fila di potenziali affittuari per un determinato appartamento a canone controllato.
Il controllo dei prezzi cambia il prodotto
Un altro effetto dei controlli sui prezzi è quello di cambiare il prodotto. Immaginate di essere proprietari di un complesso di appartamenti a cui il governo impone un controllo sugli affitti che costringe l’affitto a stare al di sotto di quello che avevate intenzione di far pagare. Per un dato appartamento, ora avete più inquilini qualificati di quanti ne avreste avuti senza il controllo degli affitti. Quindi il vostro incentivo a mantenere la proprietà e a fornire servizi come il parcheggio diminuisce. A spingervi ulteriormente in questa direzione è il fatto che avete meno entrate per pagare la manutenzione e i servizi. Il prodotto cambia.
In “Price Controls“, pubblicato in David R. Henderson, ed. The Concise Encyclopedia of Economics, l’economista della Rutgers University Hugh Rockoff sottolinea che a causa dei controlli sui prezzi negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, “si è aggiunto il grasso agli hamburger” e “le barrette di cioccolato sono diventate più piccole e sono state fatte con ingredienti di qualità inferiore”.
Abbiamo assistito a un cambiamento importante nel prodotto quando i controlli sui prezzi del petrolio e della benzina imposti da Nixon per la prima volta il 15 agosto 1971 si sono scontrati con il prezzo mondiale del petrolio, che l’OPEC ha aumentato da circa 3 dollari al barile a circa 11 dollari al barile nell’autunno del 1973. I controlli sui prezzi di Nixon fissarono il prezzo del cosiddetto “petrolio vecchio” a 4,25 e successivamente a 5,25 dollari al barile. Ai prezzi della benzina venne permesso di aumentare per riflettere questo aumento, ma non per riflettere il prezzo mondiale di 11 dollari al barile. Con gli Stati Uniti che importano gran parte del loro petrolio, questo divenne un problema enorme. Con il prezzo artificialmente basso della benzina che ne derivò, nell’autunno del 1973 e nell’inverno e primavera del 1974 le persone si trovarono in coda per la benzina. Sono abbastanza vecchio da ricordare che quando si entrava in una stazione di servizio, un addetto lavava il parabrezza e, se si voleva, si poteva ottenere gratuitamente una mappa di alta qualità all’interno della stazione. Entrambi questi aspetti del prodotto scomparvero nel giro di pochi mesi.
Il controllo dei prezzi fa perdere tempo alla gente
Poiché il controllo dei prezzi causa scarsità, noi consumatori iniziamo a competere tra di noi facendo la fila. È quello che è successo con la carenza di benzina negli anni Settanta. Possiamo perdere così tanto tempo in fila che sommando il costo del tempo al costo in denaro il risultato può effettivamente superare il prezzo del mercato libero. Durante le code per la benzina del 1979, spesso ci volevano trenta minuti di tempo per fare benzina. Immaginate di voler comprare dieci galloni. All’epoca il prezzo regolamentato era di circa 1 dollaro al gallone. Ma una stima ragionevole del valore medio del tempo trascorso in fila era di circa 8 dollari all’ora. Quindi il vero costo della benzina non era limitato ai soli 10 dollari in denaro, ma era di 10 dollari più 4 dollari in tempo, per un totale di 14 dollari, ovvero 1,40 dollari al gallone. All’epoca, gli economisti energetici del neonato Dipartimento dell’Energia stimarono che la fine dei controlli sui prezzi avrebbe fatto salire il prezzo della benzina a 1,20 dollari al gallone. Senza controlli sui prezzi e senza code, il costo temporale sarebbe stato irrisorio. Quindi i controlli sui prezzi della benzina hanno effettivamente reso la benzina più costosa.
I controlli sui prezzi spesso portano a favoritismi
Quando non ci sono controlli sui prezzi, la concorrenza è il grande livellatore. Un venditore di solito si preoccupa di fare soldi, indipendentemente da chi li spende. Ma quando il governo impone un tetto massimo ai prezzi, un venditore, che si trova a fronteggiare una domanda superiore a quella che può offrire, non ha alcun incentivo a non fare favoritismi. Il proprietario di un distributore di benzina, ad esempio, potrebbe favorire i suoi vicini e amici rispetto agli estranei. Un proprietario bianco che non ama le persone di colore scoprirà che il costo della discriminazione nei confronti dei neri sarà prossimo allo zero. In effetti, il già citato Harold Demsetz, spulciando tra gli annunci di appartamenti del Chicago Tribune dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale, ha scoperto che, man mano che la carenza di appartamenti in tempo di guerra si aggravava di anno in anno, presumibilmente perché l’affitto regolamentato era sempre più al di sotto di quello di mercato, aumentava la percentuale di annunci in cui si specificava “Restricted” (cioè che i neri non erano i benvenuti) o che l’inquilino avrebbe dovuto acquistare i mobili (presumibilmente a un prezzo superiore a quello di mercato).
Il controllo dei prezzi può portare alla regolamentazione delle nostre vite
Quando le amministrazioni Nixon e Ford si accorsero dei danni provocati dai controlli sui prezzi del petrolio e della benzina, avrebbero potuto staccare la spina e porre fine ai danni. Invece, regolamentarono ulteriormente. A partire dal 1° gennaio 1974, il Presidente Nixon e il Congresso imposero il famigerato “doppio nickel”, un limite di velocità di cinquantacinque miglia orarie in tutti gli Stati Uniti, che durò fino al 1987. Nel dicembre 1975, il Congresso approvò e il Presidente Ford firmò l’Energy Policy and Conservation Act, che, tra le altre cose, imponeva standard di risparmio di carburante per le automobili. Questi standard sono cresciuti nel tempo. Il Congresso e il Presidente non ci hanno permesso di prendere decisioni sul risparmio di carburante basandoci sui prezzi reali del mercato libero. Anche se il presidente Reagan mise fine ai controlli sui prezzi nove giorni dopo essere diventato presidente, le norme CAFE (Corporate Average Fuel Economy) sono state ulteriormente inasprite. Il Presidente Carter impose standard energetici su vari elettrodomestici e questi standard sono ancora in vigore oggi. Le misure “temporanee” spesso portano a regolamenti invasivi permanenti.
Non ripetere l’errore
Gli effetti negativi del controllo dei prezzi sono molteplici. Creando carenze, spesso fanno sì che le persone facciano la fila, spesso causano un abbassamento della qualità dei prodotti i cui prezzi sono controllati e possono portare a favoritismi da parte dei fornitori. Tutti questi effetti permangono fino alla cessazione del controllo dei prezzi. Ma anche dopo la fine dei controlli, alcuni dei regolamenti che sono nati come risultato dei controlli rimangono. Per favore, non ripercorriamo la strada del controllo dei prezzi.
QUI IL Link all’originale – TRADUZIONE DI PIETRO AGRIESTI
https://www.hoover.org/research/price-controls-still-bad-idea
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