Armi (pesanti) italiane al regime di Kiev e l'imbarazzo dei finti pacifisti in Parlamento
Mentre l’amministrazione statunitense si prepara all’ulteriore escalation bellica della Nato contro la Russia con il possibile invio di sistemi di missili a lungo raggio, i Multiple Launch Rocket System o MLRS, all’Ucraina, è necessario fare il punto sul livello di co-belligeranza attuale italiana nel conflitto.
Sono reperibili in rete alcune fotografie che ritraggono militari ucraini impegnati nell’utilizzo di cannoni/obici italiani FH-70 che Roma ha fornito all’esercito di Kiev.
L’Italia risulta infatti tra i paesi che hanno fornito maggiori ‘aiuti’ militari a Kiev. Secondo ill think tank tedesco Kiel Institute for the World Economy l'Italia si colloca al quarto posto per aiuti militari all'Ucraina con 150 milioni di euro di armamenti, dietro Stati Uniti (4,3 miliardi), Estonia (200 milioni) e Regno Unito (204 milioni).
La lista completa degli armamenti inviati all’Ucraina non si conosce perché il governo ha deciso di apporre il vincolo delle segretezza e il Parlamento ha votato una delega in bianca fino al 31 dicembre 2022. In ogni caso sappiamo dalle testimonianze apparse in queste settimane che l’Italia ha fornito al regime di Kiev gli obici FH-70, obici da 155 millimetri, artiglieria pesante, armi anticarro, Stinger MANPADS, missili anti-carro Milan, mortai da 120 mm, mitragliatrici pesanti (Browning) e leggere (MG), giubbotti antiproiettile, elmetti, razioni k, proiettili e munizioni.
Inoltre, l’Italia prevede di inviare mezzi pesanti come i semoventi d’artiglieria M109, i cingolati M113 e i blindati leggeri Lince che avrebbero dovuto essere già trasferiti a Kiev ma si trovano in manutenzione e sarebbero quindi al momento inutilizzabili. Inoltre alcuni quotidiani hanno riferito che l’Italia avrebbe voluto fornire all’Ucraina anche i missili Spike di fabbricazione israeliana, ma questo sarebbe potuto avvenire solo dietro approvazione israeliana.
E’ inevitabilmente scemata in queste ore la vuota propaganda di Conte e Salvini “contro le armi” dopo che i loro partiti (con l’unica eccezione dell’allora presidente della Commissione esteri Vito Petrocelli punito politicamente proprio per quel voto) potrebbero semplicemente riportare al Parlamento la questione e con un nuovo voto eliminare la delega in bianca data al governo Draghi.
Il tempo rimasto è veramente poco: se realmente Biden dovesse alzare il livello degli armamenti al punto di non ritorno, l’Italia si ritroverebbe come uno dei paesi più coinvolti grazie al governo dei “migliori”. Non resta quindi, come da ultimo Lavrov in un'intervista a RT, ridicolizzare il "piano di pace di Repubblica-Di Maio", ennesima goffa dimostrazone di apprendisti stregoni allo sbaraglio.
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